Novara, Teatro Carlo Coccia, stagione lirica 2025
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry FRANCESCA SASSU
Alfredo Germont FRANCESCO CASTORO
Giorgio Germont MARIO CASSI
Flora Bervoix ANNA MALAVASI
Annina MARTINA MALVOLTI
Gastone,visconte di Létorières SIMONE FENOTTI
Il Barone Douphol MATTEO MOLLICA
Il Marchese d’Obigny RANYI JANG
Dottor Grenvil OMAR CEPPAROLI
Giuseppe CHERUBINO BOSCOLO
Un domestico di Flora SILVIO GIORCELLI
Un commissionario LUIGI CAPPELLETTI
Orchestra Antonio Vivaldi
Schola Cantorum San Gregorio Magno di Trecate
Direttore Alessandro Cadario
Maestro del coro Alberto Sala
Regia Giorgio Pasotti
Scene Italo Grassi
Visual designer Luca Attilii
Costumi Anna Biagiotti
Light designer Ivan Pastrovicchio
Novara, 28 settembre 2025
La ripresa autunnale della stagione novarese, quasi una seconda prima, avviene nel segno di una delle opere più amate. “La traviata” verdiana mancava a Novara da alcuni anni e per l’occasione si è deciso di fare le cose in grande con una produzione che esaltasse il livello ormai raggiunto dai laboratori del teatro. La parte visiva è sicuramente l’elemento di maggior forza della produzione. Il team scenotecnico – Italo Grassi, Luca Attili e Ivan Pastrovicchio – creano un allestimento
all’avanguardia sul piano tecnologico. Strutture costruite, luci e proiezioni – di un livello raramente visto anche in enti ben più blasonati creano uno spettacolo immersivo e di grande suggestione. Grazie alle proiezioni il gioco scenico esce dal palcoscenico e investe tutto il teatro trasformato in una sorta di lanterna magica. La regia di Giorgio Pasotti – al debutto con uno spettacolo lirico – è di impianto tradizionale affidando la modernità al gioco scenografico e illusionistico. La vicenda è trasposta negli anni a cavallo tra Otto e Novecento il che permette di recuperare un gran numero di citazioni pittoriche tra impressionismo e secessione viennese che simbolicamente riflettono i sentimenti dei personaggi. Una Traviata certo parigina con gli sfondi di Toulouse-Lautrec e il grande panorama della ville lumiere che durante la grande scena di Violettta progressivamente si decompone in ampie pennellate ma anche una Traviata molto viennese. Le scene ricordano certe architetture di Otto Wagner e la struttura architettonica fissa rievoca quella della Secessionsgebäude di Olbrich. Una dimensione viennese che trionfa nella contrapposizione visiva tra Klimt e Schiele con il segno mortifero di quest’ultimo a dominare in fine su tutto.
Pasotti non cerca letture alternative, svolge la vicenda in modo chiaro e lineare puntando a una nobile eleganza che trova pieno riscontro nei bellissimi costumi di
Anna Biagiotti. Recupera da Dumas la scelta di partire dalla fine, con il funerale di Violetta durante il preludio. Le cose vanno meno bene sul versante musicale. Alessandro Cadario opta per tempi distesi e ampi e per sonorità ovattate ma non sempre riesce a tenere saldo il controllo così che la tensione tende ad allentarsi. Una lettura di questo tipo richiederebbe una compagine orchestrale di miglior livello, l’Orchestra Antonio Vivaldi non va oltre un corretto professionismo ma i suoi giovani componenti ancora non hanno la capacità di rendere la ricchezza di colori che quest’opera vorrebbe. La Schola Cantorum San Gregorio Magno di Trecate non è un coro professionistico e considerando questo si impegna a dovere – nell’insieme meglio la sezione maschile – anche sul piano scenico e attoriale. Francesca Sassu ha con Violetta una lunga frequentazione. Parte un po’ guardinga – nel I atto la prudenza è evidente – ma l’esperienza belcantista le dona il giusto slancio nella grande scena che chiude l’atto. Nei
successivi la voce si scalda e acquista maggior ricchezza di corpo anche se nel complesso si è notata qualche difficoltà nel settore mediano non così brillante. La sua è una Violetta elegante e intimista, fatta di piccoli tocchi di sapore quasi gozzaniano ma che riesce a emozionare il pubblico. La bella figura e l’eleganza del gesto si inseriscono assai nel taglio dello spettacolo. Francesco Castoro ha una voce di tenore lirico bella e una sincerità di canto che conquista immediatamente. L’emissione non è sempre impeccabile e a volte la linea sembra un po’ perdersi – un maggior controllo del fiato sarebbe opportuno sulle mezzevoci. Il materiale è davvero interessante ma attende un po’ di maturazione.
Mario Cassi non manca di esperienza e sa giocarsi la parte con grande mestiere. La voce è di bel colore e giusta robustezza ma tende a spingere i suoni, ciò inficia il suo bell’afflato lirico mentre il lavoro interpretativo è parso un po’ superficiale. Scenicamente è apparso fin troppo giovanile come Germont padre.
Anna Malavasi è una Flora dalla voce particolarmente scura e dall’atteggiamento quasi materno nei confronti di Violetta. Molto solido il Douphol di Matteo Mollica e interessante la giovanissima Martina Malvolti, allieva dell’Accademia AMO del Coccia, nei panni di Annina. Nel complesso funzionali le altre parti di fianco.
Il balletto è stato ridotto a pochi solisti – anche per esigenze di palcoscenico – ma l’effetto è amplificato dalla proiezione dei filmati originali realizzati da Annabelle Moore per Edison intorno al 1895, tra le prime sperimentazioni di fusione tra movimento e colore all’origine del cinema.
Novara, Teatro Carlo Coccia: “La traviata”