Parma, Festival Verdi 2025: “Falstaff”

Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2025
FALSTAFF
Commedia lirica in tre atti su libretto di Arrigo Boito da William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff MISHA KIRIA
Mrs. Alice Ford ROBERTA MANTEGNA
Ford ALESSANDRO LUONGO
Nnannetta GIULIANA GIANFALDONI
Mrs. Quickly TERESA IERVOLINO
Fenton DAVE MONACO
Mrs. Page CATERINA PIVA
Bardolfo ROBERTO COVATTA
Pistola EUGENIO DI LIETO
Dott.Cajus GREGORY BONFATTI
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Michele Spotti
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Jacopo Spirei
Scene Nikolaus Webern
Costumi Silvia Aymonino
Luci Giuseppe di Iorio
Allestimento del Teatro Regio di Parma
Parma, 16 ottobre 2025
L’allestimento di Jacopo Spirei (una felice ripresa del 2017), così intimamente british, è un’ottima scusa per scrivere due parole sul rapporto fra i due drammaturghi, quello di Stratford upon Avon e quello delle Roncole di Busseto. Windsor è qui un villaggio del deep kingdom, dove lo spleen nazionale si riversa nei bicchieri per scatenare poi frivole malignità: un teatro della crudeltà che non risparmia nessuno. Recitazione, gestualità, attitudini rivelano il regista dal completo dominio sul testo, nonché l’abile grammatico: uno spettacolo ch’è un meccanismo ben lubrificato e perfettamente funzionante, coerente e frizzante di humor (anche nelle scene parodisticamente meticolose di Nikolaus Webern e nei costumi di Silvia Aymonino, che caratterizzano con spietata esattezza la narrow-mindedness dei protagonisti). E allora, di verdiano, cosa resta? Gabriele Baldini, langlista autore di mirabili pagine sullarte verdiana (interrotte prematuramente dalla forza del destino), conia, a proposito del Macbeth, l’espressione «Shakespeare riinventato», ricalcando la celebre formula dell’«invenzione del vero». Per dire che fra le mani di Verdi qualunque cosa diventa immediatamente verdiana, come il tocco di Mida. Difficile negare, nel caso di specie, una certa affinità dellAutore col senescente Sir circondato di «gente dozzinale». La direzione di Michele Spotti è encomiabile, complice la Filarmonica Toscanini, salda e centrata nel dare il giusto risalto alle tinte in questa orchestrazione giocata sui contrasti e punteggiata dai sornioni commenti di strumentini e corni (impiegati talvolta per la tinta, talaltra per il loro nome così vicino a quella che il buon Mastro Ford considera una «brutta parola»). Nelledizione critica adottata minime divergenze testuali rispetto allabitudine: i due scellini sono del «tempo» e non del «regno» d’Edoardo, per esempio (sarebbe buona cosa, dal momento che nei programmi di sala si ritiene di ristampare ogni volta i libretti per intero, adottare le eventuali varianti eseguite). Il protagonista è Misha Kiria, dotato di physique du rôle e voce poderosa, che sa dosare ed anche levigare in quelle frasi che richiedono non il falsetto ma una affettata leziosità. Certo restano alquante ruvidità, non soltanto espressive: il monologo del terzo atto non è mai abbastanza sfumato, e si conclude con un «canchero» alla Quickly decisamente gridato (si segnala anche una spiacevole tendenza ad attaccare in anticipo). Se John Falstaff c’è, manca un poco il Sir. Alessandro Luongo è un buon Ford, dalla voce morbidissimamente timbrata e fondente, anche se la presenza scenica non è sovrastante. Roberta Mantegna è una splendida Alice, dalla magnifica voce fresca e brillante ma rotonda e piena, perfetta; della sua un poco più carnosa la voce di Caterina Piva, ottima Meg; bel timbro pastoso la Quickly di Teresa Iervolino, misuratissima e mai sguaiata nelle sue reverenze. Ben assortita anche la coppia dei ragazzi, i veri vincitori di questopera femminista in cui gli intrighi degli uomini falliscono sempre e le donne, dalla parte dellordine naturale delle cose, finiscono per avere la meglio. E vincitori anche dei due momenti solistici più lirici (a differenza di quelli, più monologanti, di Falstaff e Ford): Dave Monaco, Fenton, che sinerpica con noncurante agilità in una scrittura fatta di subitanee ascensioni, curando anche di sfumare con gusto; e Giuliana Gianfaldoni, Nannetta, che raccoglie un successo personale con una Regina delle Fate di voce perlacea e piena e dai filati eterei. Completano il cast il vivace Bardolfo di Roberto Covatta, il contegnoso Pistola di Eugenio di Lieto e il garrulo Dottor Cajus di Gregory Bonfatti. Sempre in forma il Coro del Regio diretto da Martino Faggiani. Foto Roberto Ricci