Editore Il Saggiatore
Milano 2024
Pagine: 240
€ 20,00
ISBN-13: 9788842833482
Leggendo l’interessante volume di Piero De Martini si ha l’impressione, per una serie di motivazioni, di trascorrere alcuni periodi estivi tra il 1893 e il 1907 nei luoghi vissuti da Gustav Mahler, sempre alla ricerca di quel silenzio tanto desiderato per comporre. Ma al lettore, durante questa lunga frequentazione, oltre che seguire alcune sue fasi creative, capita anche di avere la sensazione di ‘entrare’ nelle sue dimore e constatare che ai grandi compositori può bastare solo un pianoforte e un tavolo per scrivere.
Ci troviamo davanti non al classico volume o alla solita biografia su un compositore, ma ad un ‘accesso’ a qualcosa che, con una certa immaginazione, può restituire ‘in eco’ quanto poteva accadere nelle case estive abitate da un musicista e un uomo proiettato versus il destino. Ecco allora che, come riportato nel volume, la frase di Aaron Copland: «Quando sul lavoro di quest’uomo si è detto tutto, resta ancora qualcosa di straordinariamente commovente, qualcosa che riesce a farcene sopportare la debolezza» in qualche modo può aiutare ad entrare più in simbiosi con il testo e comprendere meglio nella sua completezza il personaggio. Si parla di anni in cui – mentre Mahler negli altri periodi dell’anno svolge l’attività di direttore d’orchestra, revisionare o orchestrare le partiture ed altro ancora – proprio durante queste estati può dedicarsi alla composizione tanto da portare a termine diverse sinfonie (2-8). Il lettore, attraverso alcuni dettagli, sembra trovarsi di fronte a territori immersi in quell’intimo e complesso rapporto con paesaggi da cui emergono alcuni dati significativi: vivere a contatto con la natura in piccole case che si trovano spesso vicino a laghi (tra Atterse e Wörthersee) le quali da un lato lo allontanano dalla vita quotidiana ma garantiscono l’ispirazione e il rinnovamento della sua creatività.
A raccontare questo e altro, a volte con dovizia di particolari e con un approccio ragionato, è Piero De Martini, un designer e studioso di storia della musica che, con circoscrizione, osserva e scrive in un modo che, per certi aspetti, sembra ricordare Cicerone. Lo studioso – consapevole che da uomini dotati di singolare ingegno c’è da aspettarsi grandi cose – riesce a ‘disegnare’ attraverso la parola ciò che accadeva a Mahler nel dedicarsi all’ otium estivo. A perseguire nella realizzazione di questo ‘progetto abitativo su misura’ del compositore c’è l’impegno delle due sorelle Justine e Emma insieme all’amica violinista Bauer-Lechner, almeno fino all’arrivo di Alma Schindler che, come emerge da una lettera del giovane Gustav alla “Carissima Almschi”, accettando il suo amore, potrà diventare «il bene supremo e più caro […] la pace e il paradiso» ovvero sua moglie. Nello scorrere della vita, come sappiamo dalla sua biografia, succede di tutto e tra le estati dal 1903 al 1906 a Maiernigg si segnala la fatica per la composizione della Sesta Sinfonia (conosciuta come la “tragica”), la nascita di Anna, la secondogenita, la mancata ispirazione per alcuni movimenti della Settima e, per altri aspetti la Sesta, anticipa il fatidico 1907, l’anno in cui iniziarono una serie di vicissitudini ed esperienze dolorose di vario tipo le quali segnarono il cambio di rotta della sua vita. Intanto nello stesso luogo (1906) è alle prese con l’Ottava (nota, per il suo organico, come Sinfonia dei Mille) e da una sua lettera al direttore d’orchestra Willem Mengelberg sappiamo che si tratta di un’opera «così particolare per forma e contenuti che non riesco neanche a scriverne. Immagini che l’universo cominci a risuonare e riecheggiare. Non sono più voci umane, ma pianeti e soli che ruotano». A questa immaginazione si può aggiungere che si tratta di una fase in cui il compositore è approdato ad un concetto più filosofico con riferimento al genere che, nella tripartizione boeziana, corrisponde alla musica mundana legata al topos dell’armonia delle sfere e che, per imperfezione umana, risulta inudibile.
Ritornando a Maiernigg, ancora al 1907, lo studioso avverte che «erano finiti gli anni felici di Gustav Mahler»: con la morte della figlia Maria seguiva il dolore lacerante e la comparsa del suo problema cardiaco. Abbandonata la villa di questo luogo, per le successive estati si trasferì, insieme alla moglie e alla figlia Anna, a Toblach (Dobbiaco). Anche qui aveva fatto costruire una casetta per comporre i suoi ultimi lavori «Ma più niente fu come prima». Per Mahler però non era più il tempo atto a individuare nuovi luoghi per far nascere la sua musica. La priorità era cercare la giusta, la più umana, la più intima e profonda connessione con madre natura tanto da scrivere Il canto della terra (Das Lied von der Erde), l’autentico ‘specchio’ dove poter ‘guardare’ più da vicino la vita e la morte.
Per il compositore, considerando la compiutezza della sua iniziale profezia “il mio tempo verrà” e attraverso il ricordo della sua vita trascorsa, sembra quasi placarsi il suo dolore finché nel maggio del 1911 cessa di vivere. Come in Morte e Trasfigurazione (Tod und Verklärung) di Richard Strauss in cui l’anima lascia il corpo del malato per poter realizzare nello spazio dell’eternità quanto non gli è stato possibile raggiungere durante la vita terrena anche lo spirito di Mahler, attraverso la sua musica, continua a rinascere.
Piero De Martini: “Le estati (quasi) felici di Gustav Mahler” – Tra Attersee e Wörthersee, 1893-1907