Roma, MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
SVEVA CAETANI: FORMA E FRAMMENTO
A cura di Chiara Ianeselli
In collaborazione con Caetani Centre (Vernon, Canada), Vernon Public Art Gallery, Museum & Archives of Vernon (MAV)
Con opere di Carlo Benvenuto e Houda Kabbaj
Roma, 02 ottobre 2025
Non fu un semplice esilio, ma una condanna muta: venticinque anni trascorsi in una dimora di provincia canadese, con le finestre che lasciavano filtrare la luce ma non il mondo. Sveva Caetani comprese presto che quando la vita sottrae la libertà resta una scelta radicale: consumarsi nell’attesa o trasfigurare l’attesa in una forma di resistenza. Optò per la seconda via, e lo fece attraverso i colori. Ogni acquerello fu per lei un varco, una crepa nella prigionia domestica, una topografia interiore in continua espansione.
La mostra Forma e Frammento, curata da Chiara Ianeselli e ospitata dal MAXXI, inaugura la stagione autunnale con un’operazione di grande valore critico e simbolico: la prima retrospettiva in Italia dedicata a Sveva Caetani (Roma, 1917 – Vernon, 1994). Il progetto non si limita a restituirne l’opera, ma la ricostruisce e al tempo stesso la decostruisce, rivelando un’anima ribelle e luminosa, sospesa tra le radici aristocratiche e l’urgenza creativa, tra l’eredità genealogica e l’irrinunciabile autonomia dell’immaginazione. La sua biografia è già romanzo. Figlia di Leone Caetani, principe di Teano e duca di Sermoneta, e della danzatrice Ofelia Fabiani, nacque da una relazione impossibile, segnata dalle rigidità giuridiche dell’Italia post-unitaria, che le negava il riconoscimento ufficiale. Leone, intellettuale raffinato, islamista di fama internazionale, socialista e antifascista, scelse allora l’esilio: vendette gran parte dei suoi beni e si trasferì in Canada, a Vernon, nel 1921. Qui Sveva trascorse un’infanzia privilegiata, tra governanti inglesi e viaggi in Europa, fino alla catastrofe: la crisi del 1929, la malattia del padre e, nel 1935, la sua morte.
Da quel momento, la madre precipitò in un cupo isolamento, trascinando con sé la figlia in un silenzio coatto che durò venticinque anni. Sveva visse come prigioniera, privata persino della possibilità di scrivere e dipingere, attività che avrebbero potuto sfuggire al controllo materno. Solo la lettura rimase consentita, alimentando un immaginario che covava nell’ombra, in attesa di una liberazione tardiva. Questa giunse nel 1960, con la morte di Ofelia. Ormai priva di mezzi, Sveva trovò inaspettato sostegno nella comunità di Vernon, che le offrì la possibilità di insegnare. Recuperò i titoli di studio, si perfezionò nelle arti figurative e tornò a dipingere con passione. Insegnante innovativa e amatissima, al contempo intraprese un percorso artistico che culminò nell’opera della maturità. Il suo capolavoro è Recapitulation, ciclo monumentale di cinquantasei acquerelli realizzati tra il 1978 e il 1989. Vi si dispiega un viaggio visionario che ripercorre la storia della famiglia e l’itinerario spirituale dell’artista, assumendo la struttura della Commedia dantesca. Sveva vi si rappresenta come Dante, guidata dal padre nella veste di Virgilio. Inferno, Purgatorio e Paradiso diventano così metafore interiori, archetipi della memoria e allegorie universali. È un poema visivo in cui la confessione personale si eleva a cosmologia, un atlante pittorico che fonde autobiografia e mito. Il frammento, in questa poetica, non è difetto ma cifra. Ogni ricordo si manifesta come lacerto, ogni immagine è reliquia incompleta che proprio nella sua incompiutezza rivela un’energia vitale.
L’acquerello, con la sua trasparenza e la sua apparente fragilità, si rivela il medium ideale: consente di mostrare e velare, di inscrivere la frattura senza chiuderla. Lungi dal rivendicare appartenenze a scuole o movimenti, Sveva costruisce un linguaggio autonomo, solitario ed eretico, che oggi si rivela necessario. Il MAXXI offre questo itinerario come esperienza più che come esposizione. Non una sequenza lineare, ma una drammaturgia della memoria: dipinti, documenti, testi e materiali d’archivio restituiscono l’intensità di un’esistenza sospesa fra costrizione e liberazione. Il titolo, Forma e Frammento, non è mera formula curatoriale ma manifesto critico: la forma come tensione all’ordine, il frammento come destino e linguaggio. È in questa dialettica che l’opera trova senso. Il progetto, frutto della collaborazione di istituzioni italiane e internazionali, si arricchisce inoltre delle opere di Carlo Benvenuto e Houda Kabbaj, concepite appositamente per la mostra. Benvenuto, con il suo sguardo sospeso tra quotidiano e simbolico, e Kabbaj, con la sua riflessione sulle identità plurime, dialogano con Caetani ampliandone la risonanza. Lungi dall’essere un omaggio nostalgico, la retrospettiva diviene così piattaforma di confronto sul presente. Chi varca le sale non incontra la monumentalità gridata delle avanguardie, ma la forza silenziosa dell’acquerello: figure che emergono come epifanie e subito svaniscono, segni che evocano più di quanto dichiarino, simboli che chiedono al visitatore di completarne il senso.
È un’esperienza che non si consuma nell’atto estetico, ma si prolunga come interrogazione etica: come trasformare il proprio silenzio in linguaggio? Come restituire forma ai propri frammenti? Il ritorno in Italia, patria abbandonata nell’infanzia e incapace allora di riconoscerla, è insieme risarcimento e rivelazione. Non una nostalgia tardiva, ma il riconoscimento che la storia dell’arte non si costruisce soltanto con linee principali, ma anche con voci sommerse, capaci di illuminare proprio dal margine. Questa mostra non riguarda soltanto Sveva Caetani. Riguarda noi, il nostro rapporto con la perdita e con l’attesa, con la memoria che si spezza e tuttavia insiste. È un invito a riconoscere che ogni frammento, se accolto, può divenire forma, e che ogni forma, se attraversata dalle fratture, acquista una verità più profonda. L’arte di Sveva è questo: non consolazione, ma rivelazione. Non ornamento, ma cosmologia interiore che si apre all’universale.
Roma, MAXXI: “Sveva Caetani: Forma e Frammento”