Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: “The Eternal Duality – Là dove scorre l’acqua, tra storia e rinascita”

Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Ninfeo
THE ETERNAL DUALITY
Personale di Keita Miyazaki
A cura di Pier Paolo Scelsi
co-curatela di Ilaria Cera (CREA)
direzione artistica di Riccardo Freddo (Rosenfeld Gallery)

Con il coordinamento di IUVART – LoveItaly e il supporto di John Cabot University
Roma, 10 ottobre 2025
L’acqua non è mai solo materia. È psiche liquida, inconscio che scorre e affiora. Porta con sé memorie invisibili, trascina ferite e promesse, si insinua nelle crepe del tempo come un pensiero che non smettiamo di ripetere. Nell’acqua convivono il desiderio di cancellare e la necessità di conservare: è oblio e ricordo, lavacro e specchio. Quando si infrange contro i muri di un Ninfeo rinascimentale, diventa simbolo di commistione: tra corpo e anima, tra passato e presente, tra ciò che è stato distrutto e ciò che può rinascere. È in questo spazio interiore, prima ancora che architettonico, che si colloca la mostra di Keita Miyazaki, The Eternal Duality – Là dove scorre l’acqua, tra storia e rinascita, ospitata dal 10 ottobre al 2 novembre 2025 al Ninfeo di Villa Giulia. Un luogo che ha conosciuto l’abbandono e oggi torna a vivere, aprendosi a un dialogo con l’arte contemporanea. Miyazaki, nato a Tokyo nel 1983 e diviso tra Giappone e Regno Unito, ha imparato presto che la bellezza può nascere dal trauma. Lo tsunami del 2011 lo ha reso testimone di una natura che distrugge e rigenera, lasciando macerie ma anche possibilità. Da quell’esperienza, la sua ricerca artistica si è fatta radicale: non narrare la catastrofe, ma trasformarla in gesto poetico. Le sue opere sono corpi ibridi che non temono la contraddizione. A tecnica mista, costruite con scarti di motori d’auto saldati tra loro e combinati con origami di carta, queste sculture monumentali raccontano i contrasti della vita contemporanea. La durezza del metallo incontra la fragilità della carta, l’inerzia industriale si fonde con la precisione fragile del gesto manuale. È una lingua che non cerca armonia apparente, ma accetta lo stridore come parte della verità. In queste opere non c’è silenzio: c’è rumore. Miyazaki inserisce suoni nelle sue sculture, melodie urbane che rimandano a jingle di supermercati e a segnali delle metropolitane giapponesi. Non è un vezzo, ma un atto politico: portare dentro le sale museali ciò che appartiene agli spazi pubblici, rendendo udibile la vita che di solito resta fuori. Così le grandi sculture fanno riecheggiare all’interno delle Gallerie i suoni quotidiani, creando un cortocircuito che obbliga chi guarda a ricordare che l’arte non è mai separata dalla realtà. Il Ninfeo di Villa Giulia, appena restaurato, è il complice perfetto di questo incontro. Non solo spazio espositivo, ma organismo che dialoga. I marmi, i mosaici, le architetture rinascimentali non si limitano a fare da cornice, ma rispondono alle opere, accogliendo la contraddizione tra passato e contemporaneo. È un dialogo che non cancella nulla: il Cinquecento italiano con le sue fontane e la sua monumentalità convive con le sculture post-industriali di Miyazaki, e da questa convivenza nasce un nuovo racconto. La mostra, curata da Pier Paolo Scelsi e co-curata da Ilaria Cera, con la direzione artistica di Riccardo Freddo e il supporto di IUVART – LoveItaly, CREA e Rosenfeld Gallery, non è soltanto esposizione ma progetto condiviso. È la dimostrazione che il patrimonio culturale può vivere non solo nella tutela, ma nella metamorfosi, aprendosi a linguaggi capaci di parlare al presente. Miyazaki stesso è il testimone di questa trasformazione. Vincitore del premio speciale di CREA OPEN 2025, scelto tra oltre 4.000 artisti di 104 paesi, ha dimostrato che il suo linguaggio, pur radicato nella materia del nostro tempo, sa dialogare con luoghi di memoria. Le sue sculture diventano così non solo opere da contemplare, ma dispositivi di pensiero, strumenti per interrogare la nostra idea di bellezza e di rovina. C’è un’intimità inattesa nelle sue forme monumentali. Dietro l’impatto dei materiali industriali si nasconde la delicatezza di un gesto umano: piegare un foglio di carta, cucire un tessuto, saldare un frammento metallico. Ogni scultura porta con sé la memoria del lavoro manuale, come se dicesse sottovoce che anche il mondo più tecnologico non può prescindere dal tocco fragile dell’uomo. Il Ninfeo diventa allora il luogo simbolico di un dialogo tra acqua e ferro, tra suono e silenzio, tra l’antico e il contemporaneo. Non c’è invasione, ma comunione: il patrimonio si lascia contaminare, e proprio per questo sopravvive. È il segno che la bellezza non vive di isolamento, ma di incontro. The Eternal Duality – Là dove scorre l’acqua non è soltanto il titolo di una mostra, ma una dichiarazione di poetica. Ci ricorda che la vita non è mai pacificata, ma sempre duale. Che nell’acqua, come nella psiche, convivono il desiderio di cancellare e la forza di rinascere. Che nelle rovine della modernità è ancora possibile trovare i semi di un’estetica nuova, capace di riconciliare i nostri opposti senza eliminarli. E forse è proprio questa la lezione più intima che Miyazaki ci offre: accettare che siamo fatti di fragilità e resistenza, di metallo e carta, di rumore e silenzio. Come l’acqua, che scorre senza mai fermarsi, custodendo in sé la memoria e la promessa di ogni rinascita.