Roma, Parco Archeologico del Colosseo: “Riapre il passaggio di Commodo”

Roma, Parco Archeologico del Colosseo
RIAPRE IL PASSAGGIO DI COMMODO
Roma, 07 ottobre 2025
Sotto la grande arena del Colosseo, dove la folla acclamava e i gladiatori attendevano il loro destino, si celava un’altra Roma: più silenziosa, più solenne, più vicina al mistero del potere che alla sua esibizione. È la Roma dei sotterranei, delle vie coperte e dei passaggi segreti, quella che non si mostrava, ma che permetteva all’Imperatore di muoversi come un’ombra, senza essere visto. Tra questi luoghi, il cosiddetto Passaggio di Commodo rappresenta forse il più enigmatico. Oggi, dopo secoli di chiusura, il Parco archeologico del Colosseo lo riporta alla luce e alla fruizione del pubblico, restituendo un frammento dell’architettura imperiale nella sua duplice dimensione: funzionale e simbolica, scenica e sacra. Non si tratta di un semplice corridoio, ma di una vera galleria ipogea, scavata tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C. per collegare il pulvinar — il palco riservato alle alte gerarchie — con l’esterno del monumento. L’intervento, diretto dalla dott.ssa Federica Rinaldi e dall’architetto Barbara Nazzaro, è durato un anno e ha coinvolto archeologi, architetti e restauratori in un lavoro di precisione, condotto tra la conservazione della materia e la restituzione dell’immaginario. Il corridoio non apparteneva al progetto originario dell’Anfiteatro Flavio. Fu aggiunto in seguito, probabilmente sotto Domiziano o Traiano, quando l’esigenza di isolare il percorso dell’Imperatore impose modifiche alle fondazioni. Si compone di tre bracci, due divergenti e uno centrale, coperto da una volta a botte e punteggiato da lucernari che assicuravano ventilazione e luce. All’uscita, il tracciato piega verso est, forse in direzione del Ludus Magnus, la palestra dei gladiatori, o del Celio, dove si trovavano i quartieri imperiali. L’associazione con Commodo (180-192 d.C.), figlio di Marco Aurelio, nasce dal racconto dello storico Cassio Dione (Historia Romana, LXXII, 4), che menziona un attentato contro l’imperatore in un “luogo tenebroso del Colosseo”. Un episodio tanto incerto quanto suggestivo, sufficiente però a imprimere al passaggio il nome di un sovrano ossessionato dal palcoscenico. Commodo, che amava combattere travestito da gladiatore, incarna l’ambiguità del potere romano: la distanza e l’esibizione, la divinità e la teatralità. Le pareti della galleria erano originariamente rivestite di lastre marmoree, fissate da grappe metalliche di cui restano ancora le impronte. In un secondo momento, il marmo fu sostituito da intonaci dipinti a fondo bianco, animati da figure e motivi vegetali. Sulla volta, stucchi figurati raccontavano episodi legati a Dioniso e Arianna, agli amori e alle fughe del mito. Nelle nicchie d’ingresso comparivano invece scene di cacce e combattimenti: orsi, cinghiali, acrobati, porte teatrali da cui emergevano animali. Tutto ciò che resta di quell’universo — frammenti, lacerti, ombre di figure — è stato oggetto di un restauro meticoloso, condotto con strumenti ottici e laser, che ha restituito non solo la superficie, ma la vibrazione del colore e del gesto. La nuova volta in acciaio corten, progettata dall’ingegnere Stefano Podestà, sostituisce la parte crollata senza tentare di mascherarsi. La sua struttura modulare, brunita e discreta, si dichiara contemporanea: un segno visibile della continuità temporale, una ferita risanata che non nasconde la cicatrice. È una soluzione che parla la lingua della verità: quella del restauro che non copia, ma accompagna. La luce, elemento essenziale del progetto, è stata affidata all’architetto Francesca Storaro, che ha scelto di non invadere l’oscurità, ma di dialogarvi. Piccoli fasci LED simulano l’effetto dei lucernari originari, rievocando la stessa luce filtrata che, duemila anni fa, guidava il cammino dell’Imperatore. La galleria non si illumina: respira. Le ombre si allungano, le superfici riflettono bagliori caldi, il visitatore procede su una passerella sospesa in acciaio e vetro, con la sensazione di attraversare una soglia viva tra visione e memoria. Fondamentale, nel disegno complessivo, è stata la riflessione sull’accessibilità. Con i fondi europei del PNRR – Cultura 4.0, il progetto ha integrato dispositivi di mediazione e inclusione: una scala retrattile che diventa piattaforma elevatrice consente di superare i sei gradini ottocenteschi che separavano la galleria dall’arena; una mappa tattile e un video digitale ricostruiscono i soggetti degli stucchi, permettendo un’esperienza multisensoriale. È una concezione del patrimonio che unisce la dimensione estetica a quella etica: la bellezza non è solo da custodire, ma da rendere accessibile. «L’apertura del Passaggio di Commodo — sottolinea Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo — rappresenta un risultato straordinario, frutto di un lavoro che ha saputo coniugare ricerca, tutela e valorizzazione. È anche un segno concreto di come le risorse europee abbiano permesso di intervenire su un monumento simbolo dell’antichità introducendo soluzioni innovative e rispettose del contesto storico». Il restauro, completato con un anno di anticipo rispetto ai tempi stabiliti, anticipa il secondo cantiere previsto per il 2026, che riguarderà il tratto esterno della galleria. Attraverso una porta vetrata, i visitatori potranno osservare i restauratori al lavoro sugli intonaci e sugli stucchi, trasformando il cantiere in parte dell’esperienza. La cura diventa così spettacolo, la manutenzione conoscenza, la tecnica gesto poetico. Tutto nel Passaggio di Commodo sembra appartenere alla logica del teatro. L’oscurità e la luce, la distanza e la rivelazione, la discesa e la riemersione: sono gli stessi elementi della tragedia antica, della rappresentazione pubblica del potere. Qui, sotto la pietra del Colosseo, l’imperatore attraversava l’ombra prima di apparire davanti al popolo. Oggi, quello stesso cammino si offre al visitatore come un rito laico, una discesa nella storia per risalire verso la conoscenza. Il risultato non è solo archeologico, ma profondamente concettuale. Questo restauro mostra come l’antico possa ancora parlare al presente, non come reliquia ma come linguaggio. L’uso dell’acciaio corten, la luce calibrata, la passerella sospesa, i dispositivi tattili e digitali: tutto concorre a creare una nuova grammatica del visibile, in cui il passato e la contemporaneità si guardano senza cancellarsi. Ogni lacuna, ogni rilievo, ogni frammento parla di una continuità che non è solo storica, ma esistenziale. Il Passaggio di Commodo non è più un luogo di transito imperiale, ma un simbolo del nostro modo di abitare la memoria: camminare sul margine tra ciò che resta e ciò che ritorna, tra la pietra e la voce. Photocredit Simona Murrone ParcoArcheologicodelColosseo