Roma, Teatro Sistina Chapiteau
MOULIN ROUGE! IL MUSICAL
Musiche di vari autori
Regia Massimo Romeo Piparo
Coreografie Billy Mitchell
Adattamento italiano Massimo Romeo Piparo
Scene Teresa Caruso
Costumi Cecilia Betona
Disegno luci Daniele Ceprani
Direzione musicale Emanuele Friello
Produzione PeepArrow Entertainment – Il Sistina Chapiteau
Satine DIANA DEL BUFALO
Christian LUCA GAUDIANO
Harold Zidler EMILIANO GEPPETTI
Toulouse-Lautrec DANIELE DEROGATIS
The Duke MATTIA BRAGHERO
E Elga Martino (Ninì), Sabrina Ottonello (Arabia), Gloria Enchill (La Chocolat), Raffaele Rudilosso (Baby Doll)
Performers Gabriele Aulisio, Michele Balzano, Claudia Calesini, Federico Colonnelli, Luigi D’Aiello, Mario De Marzo, Robert Abotsie Ediogu, Linda Gorini, Antonio Lanza, Simone Nocerino, Laura Offen, Serena Olmi, Luca Peluso, Simone Ragozzino, Gaia Salvati, Viviana Salvo, Marco Stella, Rossana Vassallo
Ensemble, ballerini e orchestra dal vivo del Teatro Sistina
Roma, 15 ottobre 2025
C’è un confine sottile tra spettacolo e spettacolarizzazione. Il Moulin Rouge! di Massimo Romeo Piparo, approdato al Teatro Sistina con l’allure di un evento internazionale, cammina proprio su quella linea luminosa e instabile. È un musical sontuoso, ricchissimo di mezzi e precisione tecnica, ma che, dietro l’opulenza, lascia intravedere una certa dissonanza interpretativa. La cornice è impressionante: pedane girevoli, scenografie monumentali, luci che dipingono la scena come un quadro in movimento. L’orchestra dal vivo, diretta da Emanuele Friello, sostiene con energia il ritmo serrato di una partitura che mescola classici del pop e brani originali.
Le coreografie di Billy Mitchell sono eleganti e dinamiche, con una regia del movimento che trasforma il palcoscenico in una macchina viva, precisa, scintillante. Ma lo splendore formale non basta a restituire l’anima del racconto. Il nodo principale sta nella protagonista. Diana Del Bufalo, nei panni di Satine, appare fuori ruolo, quasi disancorata dalla profondità drammatica che la figura richiede. Satine non è soltanto una diva del cabaret, ma una donna lacerata tra desiderio e rinuncia, vita e morte. La Del Bufalo, dotata di grazia naturale e buona musicalità, resta tuttavia ancorata a una dimensione più televisiva che teatrale. La voce, pulita ma priva di scavo emotivo, non riesce a restituire le ombre del personaggio, né la sensualità tragica che fa di Satine un’icona. Ciò che emerge è una presenza corretta, simpatica, ma non magnetica: più soubrette che eroina romantica. Accanto a lei, Luca Gaudiano (Christian) mostra eleganza vocale e misura interpretativa, ma la sua prova resta contenuta, quasi trattenuta, priva di quella vertigine sentimentale che dovrebbe travolgere. Il duetto centrale, che dovrebbe incendiare la scena, resta invece composto, quasi educato. Emiliano Geppetti, solido e scenicamente esperto, regge bene i tempi comici di Zidler, mentre Mattia Braghero offre un Duca autorevole e vocalmente saldo. Buona la prova di Daniele Derogatis, agile e brillante come Toulouse-Lautrec, e dell’intero ensemble, tecnicamente impeccabile ma talvolta privo di slancio vitale: una coralità precisa, ma poco ardente. La regia di Piparo, come sempre, è di grande mestiere. Costruisce visioni potenti, calibrate nei tempi e nei movimenti, con l’abilità di chi conosce a fondo la grammatica del musical. Tuttavia, questa volta, la forma sembra prevalere sul sentimento. L’adattamento italiano alterna momenti riusciti a passaggi meno naturali, mentre il continuo intreccio di italiano e inglese produce una certa disomogeneità, una frattura di ritmo e di atmosfera. C’è, indubbiamente, un respiro produttivo straordinario: l’allestimento è di livello internazionale, e il Sistina Chapiteau diventa un vero circo parigino, una cattedrale del colore e del movimento. Ma la meraviglia visiva non trova un corrispettivo emotivo.
L’amore tra Satine e Christian, che dovrebbe bruciare come un fuoco impossibile, rimane tiepido, privo di quella follia poetica che trasforma la passione in tragedia. In scena tutto funziona, ma poco vibra. Il pubblico si entusiasma, applaude la maestria tecnica e la precisione delle esecuzioni, ma la commozione – quella sospensione che trasforma lo spettacolo in rito – non arriva. È come se, nella corsa a riprodurre l’immaginario cinematografico di Baz Luhrmann, si fosse perduta la fragilità umana dei suoi personaggi. Eppure Moulin Rouge! vive di eccesso e di ferita, di rosso e di ombra. Qui resta soprattutto il rosso: un grande apparato visivo che abbaglia, senza bruciare. Nel finale, quando Satine si abbandona all’inevitabile destino, manca la sospensione del tempo che dovrebbe sigillare l’emozione. Rimane invece la sensazione di un sogno ben confezionato ma privo di anima, dove la forma prevale sulla sostanza. “L’amore è come l’ossigeno,” canta Satine, ma qui l’aria, pur profumata di spettacolo, resta rarefatta. Un Moulin Rouge! impeccabile nei mezzi, ma non nel cuore.
Roma, Teatro Sistina: ” Moulin Rouge! Il Musical”