Un dittico inedito apre la stagione autunnale del Teatro Comunale di Sassari

Sassari, Teatro Comunale – Stagione Lirica 2025
MANDRAKE”
Libretto e musica di Nicola Colabianchi
Mandrake TIZIANO ROSATI
Lotar FRANCESCO LANDOLFI
Narda ALESSANDRA DI GIORGIO
Taurus CARLO VENTRE
Un servo cinese NICOLAS RESINELLI
LA FANCIULLA NELLA TORRE”
Libretto di Rafael Herzberg
Musica di Jean Sibelius
La Fanciulla ALESSANDRA DI GIORGIO
Il Balivo FRANCESCO LANDOLFI
L’Amante NICOLAS RESINELLI
La Castellana IRENE MOLINARI
Orchestra e Coro dell’ Ente de Carolis
Direttore Sergio Oliva
Maestro del coro Francesca Tosi
Regia e scene Alberto Gazale
Coreografia Luigia Frattaroli
Costumi Luisella Pintus
Light designer Tony Grandi
Nuovo allestimento Ente de Carolis”
Sassari, 10 ottobre 2025
La musica è arte, non intrattenimento”, si leggeva nei volantini gettati alla Fenice nel corso della protesta degli artisti del Teatro contro la nomina di Beatrice Venezi come direttore di una delle più importanti istituzioni musicali italiane. Per i casi della vita proprio l’oggetto della protesta di cui sopra, il sovrintendente della Fenice Nicola Colabianchi, è protagonista con una sua vecchia opera della serata inaugurale per la stagione autunnale sassarese. Tra l’altro la Venezi, già collaboratrice del de Carolis, avrebbe dovuto dirigere il prossimo titolo della stagione: è legittimo quindi notare la coincidenza di certe scelte del teatro di tradizione locale, anche perché vedremo che non si tratta dell’unica inopportunità. Quanto sia speciosa questa pubblicizzata attenzione alla contemporaneità lo testimonia la ripresa di un’opera concepita trenta anni fa, su un personaggio che pochi sotto i cinquanta conoscono, scritta da un maturo dirigente dei nostri teatri nazionali ora nell’occhio del ciclone; per fare un confronto il Regio di Parma, primo teatro di tradizione in Italia, sta mettendo in scena proprio in questi giorni l’opera commissionata a una giovane compositrice sassarese, su tematiche decisamente più aggiornate. Nostalgico anche nella veste musicale, Colabianchi utilizza come pretesto la figura del mago da fumetto in un estenuante gioco di evidenti citazionismi uniti tra loro da materiali originali incerti tra tonalità, modalità e accenni tematici ricorrenti. Il novecento musicale è strapieno di opere in cui ricorrono citazioni, ma siamo anni luce lontani sia dai raffinati controluce stilistici di Berio che dall’elaborazione di Andriessen e di tutti i compositori che hanno utilizzato elementi spesso estranei alla musica d’arte per costruire i propri mondi sonori. Tra flashback pucciniani e cineserie, swing da saggio delle medie e, in un pasticciato finale, un arrangiamento coreografato della Danza delle Ore e persino un omaggio alla Sardegna con tanto di canto a tenore, Colabianchi affastella e cucisce il tutto con un’orchestrazione piena di raddoppi e vuota di contenuti in cui si perdono anche alcuni frammenti potenzialmente interessanti. È sicuramente meglio l’altro ripescaggio della serata: La Fanciulla nella torre, sia nella forma acerba che nella drammaturgia assai debole, spiega le ragioni del suo ritiro dalle scene per opera dello stesso autore, ma non mancano tuttavia momenti espressivi, come il bel finale e alcuni spunti tematici in cui si può riconoscere la natura evocativa del miglior Sibelius. L’unica cosa che avrebbe potuto dare un senso alla serata sarebbe stata una messa in scena forte e ben condotta, ma invece arriviamo all’altra inopportunità della produzione: Alberto Gazale, direttore artistico del de Carolis, è alla sua quarta regia/allestimento consecutivi nelle stagioni che organizza, costituendo con ciò un unicum assoluto, in particolare per un regista-scenografo-costumista neofita che “non avrebbe mai dato lavoro a sé stesso”. Se è legittimo cambiare idea, lo è meno, con fondi pubblici, dilagare in maniera che nemmeno grandi registi/direttori hanno mai fatto. Tanto più che, anche in questo caso, i risultati sono modesti: Gazale compie infatti nella produzione interventi controproducenti che finiscono per peggiorare la fruibilità della serata. L’eclettismo di Mandrake avrebbe avuto bisogno di una regia pulita, chiara, in grado di dipanare le incongruenze e dare linearità al tutto; invece, dopo una bella scena iniziale, il filo si perde tra, sovrapposizioni e maschere che appesantiscono la già debole logica del libretto, senza riuscire a governare la drammaturgia fino al kitsch dello sconclusionato finale. Al contrario La fanciulla nella torre, “prima esecuzione in forma scenica”, presentava solo il riciclo dei semplici supporti scenografici della prima parte, con coro e cantanti in costume fermi e schierati per la solita gestualità sul posto: nessuna torre e pochissime relazioni e spostamenti legati alla drammaturgia; Il risultato è stato inevitabilmente banale e monotono, in considerazione anche della fondamentale staticità musicale. Hanno comunque salvato un po’ la situazione i fantasiosi costumi di Luisella Pintus, ricchi di dettagli originali, e le belle luci di Tony Grandi. Sergio Oliva porta onestamente a casa l’esecuzione pur tra qualche difficoltà, data probabilmente dalla macchinosità della prima parte, e senza la cura sugli archi che avrebbe richiesto l’operina di Sibelius. Difficile infine dare un parere sugli interpreti, apparsi nel complesso adeguati e ben amalgamati, per l’evidente amplificazione del palcoscenico in Mandrake e un probabile leggero sostegno anche nella seconda parte; in ogni caso il cast, impegnato quasi integralmente in ambedue i titoli, ha ben risolto le difficoltà, soprattutto nell’opera di Colabianchi, ricca di spunti vocalmente impervi e di difficile intonazione. Una menzione va inoltre riconosciuta al coro del de Carolis, ben preparato da Francesca Tosi. Il pubblico, assai scarso nonostante l’abbondante distribuzione di omaggi, ha applaudito tutti alla fine con molta cortesia e col sostegno di un’evidente claque. Foto Elisa Casula