Venezia, Teatro La Fenice: Giuseppe Mengoli dirige la “Sesta” di Mahler

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2024-2035Stagione Sinfonica 2024-2025
Orchestra dei Teatro La Fenice
Direttore Giuseppe Mengoli
Gustav Mahler: Sinfonia n. 6 in la minore “Tragica”
Venezia, 28 settembre 2025
Estate del 1904. Mahler trascorre le vacanze a Maiernigg am Wörthersee, in Carinzia: scrive musica nel suo chalet in riva al lago, va in barca, legge Goethe, suona Bach al pianoforte. Da qualche tempo si trova a vivere un periodo felice: dopo la sua conversione al cattolicesimo, aveva assunto la direzione della Staatsoper di Vienna ed era nata la sua secondogenita Anna Justine. È in questo momento così propizio dal punto di vista professionale e affettivo che attende alla composizione della Sesta Sinfonia – iniziata l’anno prima –, paradossalmente percorsa da un carattere altamente tragico. Mentre si dedica alla Sesta, Mahler sceglie dalle poesie di Friedrich Rückert gli ultimi due testi del ciclo dei Kindertotenlieder: un cantare i bambini morti, che Alma considerò malaugurante, come se il marito avesse attirato gli eventi negativi, che poi si sarebbero abbattuti sulla propria famiglia: la primogenita Maria Anna stroncata dalla difterite, la rottura con la Staatsoper di Vienna, la fatale disfunzione cardiaca, che avrebbe causato la precoce scomparsa del musicista boemo. Foschi presagi, che la donna coglieva anche nei formidabili colpi di martello, previsti nel Finale della Sesta Sinfonia. In effetti il ruolo delle percussioni in questa Sinfonia – che abbiamo recentemente ascoltato alla Fenice nel concerto diretto da Giuseppe Mengoli –, hanno un ruolo preminente. Importantissimo è il rullo del tamburo militare che chiude la Sinfonia in fortissimo. Cruciale è anche il ruolo delle campane, gravissime, e ancor più quello dei campanacci.
La Sesta Sinfonia – che l’autore stesso indicò come “tragica”, anche se probabilmente non avrebbe voluto che l’aggettivo fosse aggiunto come sottotitolo nell’edizione a stampa – è l’unica, tra le sinfonie mahleriane, in cui l’eterna lotta contro il destino, la tensione verso la purezza, la trascendenza si concludono con una sconfitta (termina spegnendosi in modo minore, dopo un’apoteosi evidentemente effimera). Essa, peraltro, risulta anche altamente ‘drammatica’, nel senso che i suoi violenti contrasti, tra ripiegamenti oscuri e slanci vitali, ne fanno la messinscena di un dramma personale (e universale), di una lotta interiore tra tendenze oscurantiste e ricerca di una luce, che arriva solo a tratti e mai definitivamente. La partitura rappresenta, dal punto di vista del linguaggio musicale, un’evidente fuga in avanti: l’orchestrazione è ‘novecentesca’, contrastata, ricchissima di colori: il parametro timbrico ne è il protagonista come testimonia, tra l’altro, l’uso di strumenti particolari come lo xilofono, la celesta, i campanacci delle mucche (ad evocare l’idillio alpestre), addirittura di un grande martello (che scandisce i colpi del destino). Ma particolare è anche l’impiego degli ottoni e altri fiati nel registro più profondo. Innovativi sono anche i frequenti ritorni tematici, che danno alla Sinfonia una forma ciclica: ad esempio, l’Allegro energico, ma non troppo del primo movimento, lo Scherzo e l’inizio dell’Allegro moderato dell’ultimo sono tematicamente simili. Davvero magistrale l’interpretazione di Giuseppe Mengoli, giovane ma già affermato maestro, recente vincitore, tra l’altro, del primo premio al Concorso Mahler 2023 dell’Orchestra Sinfonica di Bamberg. Con il suo estroverso gesto direttoriale (del resto, quale direttore, eseguendo Malher non si sbraccia sul podio?) ha condotto l’Orchestra – decisamente encomiabile considerando sia l’insieme che i singoli strumentisti – attraverso questo mare di musica. Il direttore ne ha esaltato, in particolare, l’intrinseca drammaturgia: i marcati contrasti tematici e timbrici, a sottolineare i frequenti cambiamenti di clima che avvengono all’interno di questa Sinfonia, caratterizzata da contraddizioni e profonda ricerca interiore, in cui l’autore ripercorre – in un momento di felicità – le vie più oscure del proprio percorso esistenziale, sorretto dalla speranza di sovvertire il proprio destino. Una speranza che si rivela vana, se nel Finale i colpi di martello – l’implacabile Fato – risuonano sinistri. Inizialmente cinque, furono poi ridotti dall’autore a tre e in seguito a due. Mengoli ne ha previsti tre per ribadire fino alla fine la titanica lotta ingaggiata dall’autore contro una forza incommensurabile. Eroica ma anche inquieta è risuonata la marcia in apertura del primo movimento, basata su un tema di estrema ampiezza intervallare, che nei suoi slanci abbraccia tre ottave, sfociando nella cellula di base di tutta la Sinfonia: un sonoro accordo di La maggiore che, spegnendosi, si muta in La minore. Pieno di slancio vitale – dopo un dolce corale dei legni – il Tema di Alma, il cui vitalismo è stato successivamente interrotto dal ritorno dell’iniziale ritmo di marcia. Un carattere complessivamente espressionista aveva lo Scherzo – caratterizzato da una ricorrente oscillazione semitonale – dall’inizio sinistro – con forti, ossessivi colpi di timpano – al quale si è contrapposto un Ländler che, lungi dal rappresentare un genuino momento di serenità, aveva qualcosa di caricaturale. Un’oasi di lirismo, venata di nostalgia, che richiamava l’atmosfera dei Kindertotenlieder, si è schiusa con l’Andante moderato, l’unico movimento liricamente disteso (senza marce) che, con l a sua complessa articolazione interna aveva quasi i caratteri di un ‘flusso di coscienza’. Estremamente suggestivo l’imponente e complesso Finale, il movimento più lungo dell’intera produzione sinfonica di Mahler, una poderosa costruzione strutturata su tre temi – una marcia, un canto appassionato (unica pausa ottimistica all’interno del movimento), un tema di carattere trasognato – con due sezioni ricapitolative, in cui sono risuonati – poderosi – i primi due colpi di martello (un enorme martello di legno), mentre un terzo Hammerschlag – nonostante sia stato omesso da Mahler nell’ultima revisione – veniva assestato, come previsto dalla versione originale, nella Coda sul motto maggiore/minore. Fragorosi applausi liberatori, dopo tanta partecipazione emotiva, hanno salutato il Direttore e l’Orchestra, le cui sezioni sono state festeggiate una ad una.