Madrid, Auditorio Nacional de Música, Ibermúsica 2025-2025
Kaija Saariaho: Ciel d’hiver
Edvard Grieg: Concerto per pianoforte e orchestra in la minore, op. 16
Jean Sibelius: Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 43
Royal Philharmonic Orchestra
Direttore Vasily Petrenko
Pianista Mao Fujita
Madrid, 29 ottobre 2025
Se esistesse un paradiso della musica sinfonica in Europa occidentale, in particolare nelle propaggini ispaniche del continente, si chiamerebbe certamente Ibermúsica. Impresa privata fondata a Madrid nel 1970 da Alfonso Aijón (che ne è a tutt’oggi il Presidente, all’età di novantaquattro anni), ai primordi funzionava come agenzia di rappresentanza di artisti, con l’obbiettivo di colmare il vuoto abissale del declinante regime franchista, attraendo in Ispagna musicisti internazionali di alto livello. La storia di Ibermúsica si caratterizzò poi per una crescita costante, fino a trasformarsi in uno dei principali promotori musicali d’Europa. Con l’apertura dell’Auditorio Nacional de Música di Madrid nel 1988, l’istituzione trovò il suo ideale ubi consistam: è appunto lì che, ancora oggi, si svolge la maggior parte dei suoi concerti. Nel corso degli anni, l’organizzazione ha ospitato le orchestre più prestigiose del mondo, come i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker e la Royal Concertgebouw Orchestra, e direttori leggendari come Herbert von Karajan, Claudio Abbado e Daniel Barenboim. Nel 2020, Ibermúsica ha celebrato il suo 50° anniversario, confermandosi un punto di riferimento insostituibile per il mondo della musica sinfonica, in Spagna e non soltanto. La stagione 2025-2026 s’inaugura con una serata apparentemente molto tradizionale nella struttura (breve brano orchestrale + concerto per strumento solista + sinfonia), ma tematicamente assai coerente nella sostanza, quasi un corso monografico sull’epica scandinava declinata in musica.
Ne è protagonista la Royal Philharmonic Orchestra diretta da Vasily Petrenko, che tornano a Madrid dopo un doppio concerto nell’aprile 2023. Ciel d’hiver fu inizialmente il brano centrale dell’opera Orion, scritta da Kaija Saariaho (1952-2023) nel 2002, ma poi rielaborato per essere presentato autonomamente. Il Direttore evidenzia la crescita progressiva dell’intensità attraverso un’evoluzione timbrica interessante: è il percorso di un cielo stellato che si muove verso la mezzanotte, quando Orione tramonta e invita gli scrutatori notturni alla riflessione … Se non fosse per alcune sequenze punteggiate di microintervalli, Ciel d’hiver potrebbe essere un plausibile ábregé (forse un po’ tenebroso) di tutte le sinfonie di Sibelius concentrate in dieci minuti. Mao Fujita è un pianista giapponese ventiseienne capace di cimentarsi con il repertorio classico con esiti originali e convincenti: nel concerto di Grieg non cessa di imprimere velocità alle frasi, come per inseguirle, ma sempre con un suono ovattato, come se la rincorsa fosse in punta di piedi. È la discrezione unita al virtuosismo, senza ostentazione di mezzi o di forza muscolare; al contrario, molti blocchi dell’architettura sonora del pianoforte terminano con un tocco leggero e fugace, eppure nitidissimo. Nella lisztiana cadenza, però, fuoriesce una forza titanica nuova, che rimarca (pur con qualche lievissima imprecisione) le caratteristiche romantiche di quel passaggio. Basterebbe il dialogo con il corno del II movimento (“Adagio”) per apprezzare l’ottima l’interazione tra pianoforte e orchestra.
È raveliano il Grieg di Fujita, giacché l’eloquente disinvoltura conta ben più del vigore: lo dimostrano anche la scelta e lo stile del bis concesso all’entusiasmo del pubblico: il n. 5 dei Pezzi lirici dell’op. 43 (Erotik) dello stesso Grieg. Come ogni direttore che si accosti alla Sinfonia n. 2 di Sibelius, anche Vasily Petrenko deve optare per un tipo di lettura che restituisca l’opera senza generare quel fastidioso effetto di confusione e ripetizione, che purtroppo caratterizza molte esecuzioni di questa pagina. Forte dell’esperienza di quattro anni a capo della Royal Philharmonic Orchestra, il Direttore decide in primo luogo di evidenziare i contrasti timbrici e sonori tra una sequenza e l’altra (particolarmente grandiose appaiono quelle del II movimento, “Tempo andante ma rubato”).
E proprio perché l’organizzazione complessiva della sinfonia non è unitaria, la tecnica di valorizzare le singole sezioni, e addirittura di accentuarne le fratture, finisce per rendere più fruibile tutto l’insieme e più consequenziale la sintassi di Sibelius. Unitamente alla ricerca di un suono terso, la contrapposizione tra il grande tema lirico e quello elegiaco all’inizio del finale (“Allegro moderato”) fa comprendere definitamente che lo stilema più efficace per districarsi tra le brume nordiche e gli apparenti disorientamenti del discorso è appunto il contrasto. Il pubblico, impressionato dall’eloquenza dell’orchestra e del suo Direttore, riesce strappare due bis, ai quali corrispondono le cifre della serena grandezza (“Il mattino”, dal Peer Gynt, ancora di Grieg) o della civetteria più accattivante (Danza ungherese n. 6 di Brahms). Foto Rafa Martín © Ibermúsica