Milano, Teatro Elfo-Puccini: “Erano tutti miei figli”

Milano, Teatro Elfo-Puccini, Stagione 2025/26
“ERANO TUTTI MIEI FIGLI”
di Arthur Miller
Traduzione di Masolino D’Amico

Joe Keller ELIO DE CAPITANI
Kate Keller CRISTINA CRIPPA
Chris Keller ANGELO DI GENIO
Ann Deever CATERINA ERBA
George Deever MARCO BONADEI
Dottor Jim Bayliss NICOLA STRAVALACI
Sue Bayliss SARA BORSARELLI
Frank Lubey MICHELE COSTABILE
Lydia Lubey CAROLINA CAMETTI
Regia Elio De Capitani
Scene e Costumi Carlo Sala
Luci Michele Ceglia
Suono Gianfranco Turco
Nuova Produzione Teatro dell’Elfo

Milano, 21 ottobre 2025
La stagione del Teatro dell’Elfo di Milano si apre con un ambizioso progetto, “Erano tutti miei figli” di Arthur Miller, un testo ambizioso e dalle intricate geometrie (come sovente quelli del drammaturgo americano) che tuttavia riesce ancora a parlare con freschezza al presente, poiché affronta senza troppe reticenze temi quali la deresponsabilizzazione umana, l’inaridimento spirituale e il tragico, infinito presente dei rapporti che il capitalismo reca inevitabilmente con sé. In questo senso “Erano tutti miei figli“ è davvero una tragedia contemporanea, giacché, come in quelle antiche, la situazione di apparenti benessere e pace iniziali viene del tutto ribaltato sul finale, nel quale gli eroi sono schiacciati e la giustizia divina (che in Miller è una prosaica, asettica verità) trionfa. La regia di Elio De Capitani, in questo senso, è tutta al servizio del testo, che poco lascia all’interpretazione, giacché spostare anche una sola pedina di questa scacchiera potrebbe compromettere l’intera partita: la recitazione ultranaturalistica, esattamente quanto la bella scena di Carlo Sala (il soggiorno di una lussuosa villa moderna del dopoguerra che si affaccia, tuttavia, su un’incombente foresta, proiezione chiarissima del buio nel quale tutti i membri della famiglia Keller vagano, o sperano di vagare), sviluppano una resa scenica immediata, chiara, tutta basata sulla parola che si fa azione. Il cast vede impegnate tre colonne della compagnia stabile dell’Elfo: lo stesso De Capitani, Cristina Crippa e Angelo Di Genio – rispettivamente Joe, Kate e Chris Keller, genitori e figlio, protagonisti della vicenda. Elio De Capitani è un interprete instancabile e inaffondabile: Joe Keller gli si cuce addosso grazie a una cura specifica dei dettagli, delle sfumature che il personaggio offre – ne è riprova il fatto che non riusciamo a non provare simpatia per il mostro. Angelo Di Genio è particolarmente a suo agio con la parte del “figlio ribelle del teatro americano”: il suo Chris è interpretato sia muscolarmente che sottilmente, con un crescendo emotivo sorprendentemente ben calibrato. Non gli sono aliene né le dinamiche più en souplesse né quelle più drammaturgicamente strutturate, rivelandosi probabilmente il migliore della serata. Cristina Crippa, dal canto suo, sembra soffrire un po’ di più il peso di una parte che, senza dubbio, la vuole svagata e stereotipata, ma che potrebbe essere indagata anche in direzioni meno caricate scenicamente, più leggiadre. Accanto a loro una schiera di buoni comprimari, tutti sul pezzo e tutti credibili, e una “nuova leva”, Caterina Erba, nel non facile ruolo di Ann, fidanzata dal defunto figlio dei Keller e ora innamoratasi (ricambiata) del sopravvissuto Chris. La Erba conferisce il giusto fascino al personaggio, senza però sembrare comunicarne le sfaccettature intenzionali più sottilmente fragili – a sua discolpa, oltre alla giovane età, occorre ammettere che questo modo di recitare distaccato e artificiosamente non-châlant sia una cifra stilistica di tutta una nuova generazione di interpreti, e dunque, probabilmente, da ascriversi ad una scelta (per noi decisamente poco azzeccata) accademica precisa. In generale, lo spettacolo è più che riuscito, proprio grazie alla sapiente alternanza di prove d’attore e recitazione corale, che sa incollare lo spettatore per due ore e mezza – durata per nulla abituale per una produzione dei nostri anni – e lo lascia con alcune domande a pesare sulla sua coscienza; insomma, quello che Miller voleva, e quello che, probabilmente, il teatro dovrebbe saper fare sempre. Si replica fino al 16/11. Foto Laila Pozzo