Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2024-2025
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Kent Nagano
Violino Roberto Baraldi
Jean-Baptiste Lully: “Le Bourgeois gentilhomme”, ouverture e danze; Franz Schubert: Sinfonia n. 3 in re maggiore d. 200; Richard Strauss: Der Bürger als Edelmann (Il borghese gentiluomo) suite dalle musiche di scena op. 60 trv 228c
Venezia, 31 ottobre 2024
Uno sguardo rivolto al passato: questo potrebbe essere l’atteggiamento, che accomuna le tre composizioni proposte in questo concerto conclusivo della Stagione 2024-2025 del Teatro La Fenice, che vedeva il ritorno sul podio del maestro Kent Nagano. L’Ouverture e le Danze da Le Bougeois gentilhomme richiamano il mondo ‘meraviglioso’ delle comédies-ballets, nate – nella Francia del Re Sole – dalla collaborazione dei due grands Baptistes (Jean-Baptiste Poquelin detto Molière e Jean-Baptiste Lully), che con il Bourgeois intesero creare una sorta di ‘opera d’arte totale’ – mista di recitazione, canto, danza e musica –, ispirandosi al teatro antico. Fedele all’esempio di Haydn e di Mozart – massimi esponenti del classicismo viennese – si dimostra Schubert nella sua Terza Sinfonia, senza quasi misurarsi con la creatività beethoveniana. Analogamente una sorta di personale ‘neoclassicismo’ si coglie nella Suite dalle musiche di scena di Der Bürger als Edelmann (Il Borghese gentiluomo) di Richard Strauss, un pastiche in stile pseudoantico – declinato in chiave novecentesca –, concepito per un organico cameristico con una cospicua presenza di fiati e percussioni, oltre a un pianoforte e a un’arpa. E del carattere ambivalente di questi brani – che traducono un certa tradizione in un linguaggio più ‘moderno’ – sembra aver tenuto conto il maestro californiano, attraverso una lettura equilibrata e al tempo stesso incisiva, coniugando compostezza stilistica e vivacità coloristica, in un’originale, proficua simbiosi. Così l’Ouverture da Le Bougeois gentilhomme in due movimenti – Un poco moderato, alquanto solenne, e Allegretto, in forma di fugato –, seguita da alcune danze, sempre tratte dalla celebre comédie-ballet, hanno conquistato il pubblico, soggiogato dall’elegante veste strumentale e dalla varietà ritmica – magnificamente restituite dall’Orchestra –, culminando nell’irresistibile Marche pour la cérémonie des Turcs, che accompagna con ironica solennità il conferimento del titolo di Mammalucco al borghese gentiluomo Jourdain. Sapientemente calibrata l’interpretazione da parte di Nagano della Terza Sinfonia di Schubert, che il musicista viennese, poco più che diciottenne, compose in ventisei giorni, contemperando la sua ‘devozione’ per Haydn e Mozart con elementi di novità. Dopo l’incedere solenne dell’Adagio maestoso, il clarinetto ha magnificamente aperto l’Allegro con brio, intonando un tema dall’arguzia rossiniana, mentre un altro legno, l’oboe, ha successivamente esposto con pregevole qualità di suono il secondo tema dal carattere tutt’altro che opposto. Suggestioni haydniane si coglievano nel tripartito Allegretto dall’orchestrazione leggera – nella cui sezione centrale si è imposto ancora il clarinetto, disegnando la vivace melodia che gli è affidata –, nonché nel Menuetto con gli accenti spostati sui tempi deboli (una trasgressione ‘haydniana’) e il Trio dal carattere di Ländler, danzato con grazia da oboe, fagotto e archi. Briosi echi rossiniani risuonavano nel conclusivo Presto vivace, costruito sul ritmo concitato di Tarantella – oltre che percorso da audaci progressioni armoniche e forti contrasti dinamici –, anticipando la Sinfonia Italiana di Mendelssohn. Il magistero interpretativo di Nagano si è pienamente esplicitato nella Suite dalle musiche di scena di Der Bürger als Edelmanndi di Strauss, dove il direttore ha distillato dall’Orchestra – che non è eccessivo definire ‘una compagine di solisti’ – un edonismo sonoro a dir poco elettrizzante, percorrendo una partitura, che pone agli strumentisti non poche difficoltà tecniche. Frutto di quel formidabile sodalizio artistico, che legò per oltre vent’anni Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, la versione originale di Ariadne auf Naxos (prima assoluta: 1912) fondeva insieme Le Bourgeois gentilhomme di Molière-Lully, ridotto in due atti (in tedesco: Der Bürger als Edelmann), e un dramma sul mito di Arianna (Ariadne auf Naxos, appunto), inframezzati da un prologo recitato. Ma quell’ibrido teatrale non ebbe successo. Così i due autori decisero di separate le due parti dello spettacolo: la nuova Ariadne (prima assoluta:1916) ebbe un nuovo prologo (cantato), mentre il Bürger fu riproposto nel 1919 in tre atti con musiche di scena arricchite e rielaborate. L’anno dopo Strauss decise di riunire i nove numeri più importanti di queste musiche nella Suite orchestrale, che si è ascoltata nel concerto: un’ estraniante rivisitazione dello spirito seicentesco, che fa già pensare al Pulcinella di Stravinskij. L’animazione del palazzo di Monsieur Jourdain con il proprietario grottescamente pomposo – vedi il tema dell’oboe in ritmo di Siciliana – si è colta nell’Ouverture. Nel Menuet due flauti e gli archi hanno accompagnato con grazia manierata la lezione di danza. Trombone, tromba e pianoforte hanno degnamente annunciato l’ingresso del maestro di scherma, mentre l’orchestra ha imitato le maldestre mosse dell’allievo. Il primo violino di Roberto Baraldi ha brillato nell’Entrata e danza dei sarti, intonando con gusto e padronanza tecnica la Polonaise che rappresenta il primo sarto indaffarato attorno a Jourdain, mentre fiati e pianoforte hanno sottolineato la tronfia presenza del borghese gentiluomo. Le tre danze seguenti, modellate direttamente su musiche di Lully, hanno rivelato tutta la magia di Strauss nel ricreare un passato visto come un paradiso perduto: il Menuett des Lully dal colore tipicamente straussiano; la Courante tra toni galanti e intrecci contrappuntistici; il pezzo in forma di Sarabanda relativo a Cleonte, innamorato della figlia di Jourdain, travestito da ricco turco. Dopo il ‘galante’ Preludio al secondo atto – che raffigura i due avventurieri Dorante e Dorimene, e dove si è ancora imposto il primo violino con la sua insinuante eleganza –, si è giunti al conclusivo Das Diner, infarcito di citazioni musicali. Una fanfara, seguita da una Marcia (citazione dal Prophète di Meyerbeer), ha accompagnato i commensali al banchetto. Poi si sono succedute le varie portate, ognuna con la sua citazione: il salmone del Reno (Rheingold di Wagner), l’arrosto di montone (Don Quixote dello stesso Strauss), un vassoio di allodole e tordi (Der Rosenkavalier). Un valzer viennese faceva da sottofondo all’ingresso dell’ultima portata: una grande omelette-surprise, da cui balza fuori un giovane sguattero danzante. Successo pieno per tutti.
Venezia, Teatro La Fenice: Kent Nagano in concerto