Beethoven e Mozart hanno chiuso il ciclo di concerti dedicati al classicismo viennese

Verona, Teatro Ristori, Stagione sinfonica della Fondazione Arena 2012/2013
Orchestra dell’Arena di Verona
Direttore Charles Olivieri-Munroe
Violino Anna Tifu
Ludwig van Beethoven: Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.61
Wolfgang Amadeus Mozart: Sinfonia nr.40 in sol minore K.550
Verona, 25 novembre 2012
Per l’ultimo concerto del ciclo dedicato al classicismo viennese al Teatro Ristori,  la Fondazione Arena di Verona ha proposto due opere fra le più ammirate e amate dal pubblico; il concerto per violino di Beethoven in re maggiore op.61, e la sinfonia n°40  in sol minore K.550 di Mozart affidandoli a due giovani interpreti, la violinista Anna Tifu e il direttore d’orchestra Charles Olivieri-Munroe.
Il concerto per violino di Beethoven è un caposaldo nel repertorio violinistico che si distingue dai precedenti concerti per violino del periodo classico per il suo carattere di espressività intimistico e di lirismo di natura vocale. Un lavoro maturo composto in un  periodo di intensa creatività che ha visto produrre la terza sinfonia ‘Eroica’(op.55), il Triplo Concerto (op.56), la sonata ‘Appassionata’per pianoforte (op.57), i quartetti d’archi Razumovsky (op.59), la quarta sinfonia(op.60) e l’Ouverture Coriolano (op.62), tutte opere ricche e varie in termini di forma, genre e tecnica. L’opera seguì i suoi precedenti lavori per violino impiegato in un ruolo concertante, dal primo non riuscito tentativo di un concerto per violino nel 1790-92, il Triplo concerto del 1803 alle romanze per violino e orchestra (op.40 e 50). Proprio la qualità di una  cantabilità intima e intensa  delle romanze è  presagio delle caratteristiche del futuro grande capolavoro. Nel concerto non c’è traccia del Beethoven passionale, tragico, sofferente o conflittuale. Regna l’alta armonia, la serenità, il lirismo. Tutte qualità congeniali alla mirabile giovane solista Anna Tifu.  La sua esecuzione si è distinta per la dolcezza della qualità del suono, la purezza dell’emissione, e la precisione dell’intonazione coadiuvata da un’eleganza naturale e spontanea. L’imponente struttura della forma sonata e del carattere sinfonico del primo movimento, con una durata di oltre 25’,  uno dei più estesi fra tutte le opere di Beethoven, avrebbe guadagnata da un’andatura più scorrevole. La scelta di un tempo comodo  ha fatto  mancare l’impeto necessario per dare  slancio ad un volo spiegato e espansivo nella linea delle ampie frasi, appesantendole e rendendo più difficili il risalto dei contrasti dinamici e i diversi caratteri dei temi da combattivo a languido. Mentre il dialogo del violino con individuali strumenti a fiati era equilibrato, le entrate dell’orchestra irrompevano senza particolare attenzione al livello di potenza e stile della parte solista. Nel terzo tempo  la solista ha trovato modo di sfoggiare le sue doti virtuosistiche  sostenuta dai  ritmi vibranti e i pulsazioni giocosi, negli impeti dei pizzicati, e la robustezza e energia del carattere folcloristico. Ha premiato un pubblico entusiata con il primo tempo del sonata n°2 di EugeneYsaye come bis, sfoggiando voli virtuosistici senza mai perder di vista il canto delle individuali linea polifoniche che porgeva con chiarezza e sensibilità.
C’è sempre una rinnovata emozione all’ascolto della celeberrima sinfonia n° 40 di Mozart fin dall’irrequieto accompagnamento che introduce il primo tema. L’orchestra ha risposto al gesto energico e diretto di Charles Olivieri-Munroe in modo compatta  e omogenea, precisa nelle articolazioni e sequenze cromatici ed equilibrata nella dialettica fra archi e fiati. Mancava contrasti dinamici e timbrici, in particolare nel secondo tempo dove una sottolineatura delle sospensioni armoniche avrebbe intensificata la tensione drammatica.  Spigliato e sferzante le inesorabili trasformazioni e deformazioni armoniche dell’ultimo tempo. Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona