Castell’Arquato, 2° Festival Illica:”Tosca”

Castell’Arquato, 2° Festival Illica
“TOSCA”
Opera in tre atti. Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal dramma di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca MYRTO BOCOLINI
Mario Cavaradossi MAX JOTA
Barone Scarpia PEDRO CARRILLO
Cesare Angelotti MARCO SIMONELLI
Sagrestano VELTHUR TOGNONI 
Spoletta MANUEL  PIERATTELLI
Sciarrone JACOPO BIANCHINI
Carceriere MATTEO NARDINOCCHI
Pastorello ILARIA FREPPOLI
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro “Città di Fiorenzuola”
Coro di voci bianche Ars Canto G. Verdi di Parma
Direttore Marco Balderi
Maestro del Coro Fabrizio Cassi
Maestro del Coro Voci Bianche Gabriella Corsaro
Regia Vivien Hewitt
Scene Giacomo Callari
Costumi Michela Caccioppoli
Castell’Arquato (PC), 27 luglio 2014

Tosca - Festival Illica, 2014 D’estate in Italia bisogna fare le opere liriche all’aperto. Certo, l’acustica è quasi sempre pessima, le prove si possono fare solo di notte e la pioggia può far saltare sia le prove che le recite. La qualità artistica sarà quindi forzatamente minore e così anche la convenienza economica, dal momento che l’organizzatore sarà costretto a rifondere il prezzo dei biglietti in caso di pioggia. Ma la tradizione rende obbligatorie le opere liriche all’aperto. Nessuno sembra considerare che questa tradizione è nata a inizio Novecento, quando in Italia i teatri d’estate erano un forno, mentre oggi sono per lo più dotati di aria condizionata (la quale, peraltro, in questo particolare luglio novembrino non sarebbe affatto necessaria). Soprattutto si pensa che il pubblico trovi più accessibile un luogo aperto rispetto ad entrare in un teatro. Quel che peggio, è vero: esiste veramente una parte di pubblico che ragiona così. Ma forse, piuttosto che fare “la lirica in piazza” (o in altri luoghi inadatti tra cui stadi, parchi, anfiteatri, siti archeologici, ecc…) e piuttosto che pensare ad obbrobriosi attentati contro il patrimonio nazionale quali la copertura che il sindaco di Verona vorrebbe sopra l’Arena, bisognerebbe cercare di far capire alla gente che i teatri (di cui il suolo italiano abbonda) sono climatizzati e sono semplicemente un luogo concepito per fruire della musica e del dramma in condizioni di audizione, visione e temperatura ottimali e non un luogo settario dove può andare solo chi possiede una pelliccia o uno smoking. Giova ancora una volta citare l’eterna e inascoltata massima di Toscanini: “All’aperto si gioca a bocce”.
Nel caso di Castell’Arquato, pittoresco borgo medievale del piacentino (autentico ma romanticamente restaurato a inizioTosca - Festival Illica, 2014 Novecento secondo la moda neogotica) dove si svolge un Festival Illica per celebrare il noto drammaturgo e librettista che ivi nacque e morì, le rappresentazioni si svolgono nella deliziosa Piazza del Municipio, circondata dal Palazzo del Podestà, dalla bellissima abside romanica della Collegiata e dalla torre della Rocca Viscontea. Un luogo più adatto a Isabeau che a Tosca, in effetti. Verso il terzo atto la temperatura ha cominciato a far pensare invece ad un altro libretto di Illica: Siberia. Sorprendentemente, l’acustica è accettabile. Ma purtroppo la pioggia ha impedito al cast di provare sul palcoscenico e il povero light designer – il cui nome non mi è noto – ha dovuto improvvisare (cavandosela piuttosto bene). Il budget era evidentemente limitato e le scene ridotte al minimo indispensabile. Il coro era la formazione amatoriale “Città di Fiorenzuola” e il cast dei solisti era formato per lo più da giovani cantanti dell’Accademia del Festival Puccini di Torre del Lago.
Eppure, pur con tutte queste limitazioni logistiche, posso affermare di aver assistito ad una Tosca vera, paradossalmente molto più emozionante e musicalmente valida di tante altre che ho visto in circostanze ben più blasonate (ad esempio lo spettacolo del Comunale di Bologna da me recensito a marzo su questo sito). La regia, tradizionale, della direttrice artistica del Festival Illica, Vivien Hewitt, ovviamente non poteva prefiggersi grandi ambizioni. Soprattutto i comprimari e i figuranti erano visibilmente impacciati da uno spazio a loro sconosciuto e diversi inevitabili errori hanno fatto sorridere: il Sagrestano ha dovuto discettare con Scarpia di un paniere inesistente, i fucili dell’esecuzione di Cavaradossi hanno preso un po’ di umido e non sono riusciti a sparare, ecc… Ma il messaggio drammatico dell’opera è arrivato al pubblico forte e chiaro, in particolare l’interazione molto accesa e credibile fra Tosca e Scarpia che ne costituisce il cuore, grazie ad una direzione degli attori semplice ed efficace e ad un cast molto ben azzeccato.
Tosca - Festival Illica, 2014Il baritono venezuelano Pedro Carrillo (Scarpia), il più maturo della compagnia (una quarantina d’anni), non è quel che si dice “un cannone” quanto a volume e questo è l’unico motivo a cui si può pensare per giustificare il fatto che non frequenti un circuito più importante, perché il timbro è vellutato e nobile e la dizione eccellente. A ciò si è unito felicemente quel certo magnetismo scenico indispensabile per incarnare il ruolo del viscido ma in fondo affascinante Barone Scarpia.
Il giovane tenore brasiliano Max Jota (Cavaradossi) ha una voce lirica naturalmente ampia e bella e un ardore giovanile che si addice alla parte. Dopo un “Recondita armonia” alquanto incerto, ha trovato una sua stabilità e ha portato a termine il temibile ruolo facendosi onore, brillando in particolare in quei momenti di scatto (“La vita mi costasse…” o “Vittoria, vittoria!”) su cui si sentono sdrucciolare molto spesso tanti suoi colleghi ben più esperti di lui e guadagnandosi applausi non di circostanza con “E lucevan le stelle”. Ma “sarebbe gran peccato” guastare una voce così continuando cinicamente ad affidargli ruoli così impegnativi per la sua età e la sua preparazione. Sono perfettamente consapevole che ci sono cantanti che costano venti volte di più che cantano Cavaradossi venti volte peggio, ma ritengo che bisognerebbe assumere un atteggiamento più responsabile verso i giovani cantanti e farli crescere con ruoli adatti a loro, non pensare solo a riempire i cast delle opere “di cassetta” nel modo più economico possibile.
La vera sorpresa della serata però è arrivata dal soprano greco Myrto Bocolini, giovane artista anch’essa nell’Accademia del Festival Puccini di Torre del Lago dove interpreterà Suor Angelica nel Trittico, che a Castell’Arquato debuttava nel ruolo di Tosca, un ruolo per il quale è in effetti pronta ma che forse sarebbe stato meglio debuttare in situazioni più tranquille. Al mondo i soprani lirici bravi non scarseggiano affatto. Non c’è abbondanza d’altro. Ma qui siamo di fronte a quella creatura rara che capita una volta su mille: un’artista con una vera personalità, quello che ti fa dimenticare i tecnicismi (e purtroppo il nostro ascolto dell’opera – il mio per primo – è spesso dominato da preoccupazioni di tipo tecnico o, peggio, da paragoni con gli altri innumerevoli interpreti ascoltati in quel ruolo) e ti trascina direttamente negli affetti che vuole comunicare. La voce è estremamente personale, morbida e naturale, e lascia trapelare ogni minima emozione, dalla tenerezza al furore. Il registro di petto è impressionantemente ricco ed è in grado di dare vita con estrema vividezza a quella ferocia che Puccini ha pensato nella scrittura vocale di Tosca. Il personaggio che ne risulta non è quello di una diva altezzosa e calcolatrice cui ci hanno abituato molte interpreti (chiave interpretativa d’altronde più che legittima), ma invece quello molto più umano di una donna istintiva perdutamente innamorata, insieme forte e fragilissima, in balia delle proprie emozioni. Il suo “Vissi d’arte” è stato particolarmente commovente non solo per la morbidezza del legato, le dinamiche, ecc… ma soprattutto per l’insostenibile tensione drammatica sviluppatasi nel precedente dialogo con Scarpia. A chi conosce a memoria l’opera alcune piccole imprecisioni avranno rivelato la debuttante nel ruolo, ma il personaggio era già lì, vivo e pulsante. Mi auguro di riascoltarla ancora in questo ruolo, magari fra qualche anno, in condizioni di lavoro più comode.
Uniformemente buono e senza brutte sorprese il resto del cast. Nella difficile situazione logistica, il direttore Marco Balderi si è fatto ammirare tenendo saldamente le redini della ruvida Orchestra Filarmonica Italiana, riuscendo a non sovrastare mai i cantanti e a mantenere sempre la coesione ritmica, anche con il (decisamente troppo esuberante) coro amatoriale fuori scena durante la cantata del secondo atto. Continuo a ritenere che l’opera all’aperto e i giovani allo sbaraglio siano malcostumi, ma sono felice di poter dire che, contro ogni mia aspettativa, questa Tosca in piazza mi ha piacevolmente colpito. Il pubblico numeroso ha mostrato di gradire moltissimo, riservando grandi ovazioni alla protagonista.