Cesare Pugni (1802 ca.-1870): il grande dimenticato tra i compositori di balletto dell’Ottocento

Cesare Pugni fu senza dubbio il compositore di musica per balletto più prolifico di tutto il XIX secolo; il suo catalogo annovera trecentododici composizioni, tra cui più di cento balletti (scritti per trentacinque diversi coreografi), quattro sinfonie, quaranta messe, melodrammi, musica da camera, divertissements e numerose partiture d’occasione. Sebbene la sua carriera si sia sviluppata nel periodo più grandioso e innovativo per la storia del balletto moderno, ossia il pieno Ottocento, in collaborazione con i più grandi artisti dell’epoca, oggi il nome di Pugni è quasi del tutto sconosciuto al pubblico europeo. La ragione principale di questo oblio deriva certamente dallo scarso interesse che il mondo del balletto e della danza riserva oggi all’aspetto musicale della produzione; il più delle volte la musica del balletto, soprattutto quando si tratta dei grandi classici del passato, non è eseguita dal vivo all’interno del teatro, bensì amplificata sulla base di vecchie incisioni discografiche. Che l’intonazione della coreografia si debba a Ludwig Minkus, Alfredo Catalani, Ricardo Drigo, Alexandre Luigini, Vincenzo Tommasini o Gioachino Rossini, poco importa; è sufficiente osservare quanto spazio sia dedicato alla musica nei programmi di sala delle produzioni di balletto e nelle stesse locandine per rendersi conto di un disinteresse pressoché completo. In un contesto esecutivo del genere è opportuno che gli approfondimenti vadano in direzione differente; per questo vorremmo presentare un profilo di Cesare Pugni non troppo schematico e non limitato alle poche righe che gli riservano (quando lo menzionano) i repertori e le enciclopedie; non per celebrarlo o per glorificarlo (anche perché si tratta di una personalità per certi aspetti ambigua, complicata da comprendere nelle manifestazioni più pratiche della sua professione), ma semplicemente per sollecitare la riscoperta di un personaggio dimenticato all’interno di una storia complessiva apparentemente molto nota.

Jules Perrot

L’Ottocento fu il secolo del “teatro musicale”: questa espressione insiste su tutt’una costellazione di generi molto differenti, che vanno dal melodramma al melologo, dal balletto al pantomimo, dal divertissement al grand-opéra, che è poi il genere più complesso e onnicomprensivo, in cui rientrano recitazione, musica orchestrale, canto, coreografia, commedia e tragedia. Nelle decadi che collegano il XVIII al XIX secolo entra in crisi il balletto francese, nato e sviluppatosi in base a esigenze della cultura aristocratica, mentre prendono piede coreografie basate su vicende romanzesche, d’ambientazione medioevale e romantica, proprio come accade nel coevo melodramma; per questo l’Italia (con i suoi compositori) assurge a nuovo modello stilistico per i coreografi di tutta Europa. I maggiori teatri italiani nella prima metà dell’Ottocento determinano la svolta nel teatro musicale internazionale; chi ottiene successo alla Scala assicura un ottimo prosieguo della sua carriera a Parigi e a Londra; nella seconda metà del secolo le grandi città russe diventano i nuovi orizzonti della passione coreografica. Nel «più grande teatro del mondo» (come lo definiva Stendhal proprio in quegli anni), ossia la Scala di Milano, debutta un giovanissimo Cesare Pugni nel 1823, con Il castello di Kenilworth, coreografato da Gaetano Gioja; basterebbe questo primo titolo per inquadrare bene l’occasione fortunata del musicista: il melomane avrà infatti riconosciuto un soggetto di ambientazione inglese e rinascimentale – ovviamente ispirato al romanzo Kenilworth di Walter Scott – che qualche anno più tardi (1829) sarebbe stato trasformato in opera su libretto di musica di Gaetano Donizetti. Pugni avvia la sua carriera come precursore di temi donizettiani e la conclude come principale collaboratore di Marius Petipa, il più grande coreografo di tutta Europa nella seconda metà dell’Ottocento. Ma chi era, e da dove proveniva, il dimenticato Cesare Pugni?
Il compositore nasce a Genova il 31 maggio nel 1802 o 1805 (i documenti superstiti non permettono maggior precisione) ma poco tempo dopo si trasferisce a Milano, dove lavora come orologiaio suo padre, in un negozio nei pressi del Duomo. Da bambino Cesare mostra eccellenti doti musicali e, come era abituale in quel periodo, inizia studiando il violino con il rinomato maestro Alessandro Rolla, mentore di Paganini, tra 1814 e 1822 presso il Conservatorio di Milano, e con Bonifazio Asioli, maestro di contrappunto e composizione. Fuori dal Conservatorio influiscono sulla sua formazione due compositori di melodrammi per il Teatro alla Scala: Peter von Winter e Carlo Evasio Soliva, molto attivi nel primo quarto dell’Ottocento. Si tratta di contatti e rapporti non effimeri, giacché nell’estate del 1831 sarà lo stesso Rolla a dirigere al Teatro della Canobbiana di Milano la prima opera composta dal suo allievo, Il disertore Svizzero. Anche prima della formazione ufficiale il giovane Cesare mostra la sua precocità, visto che a soli sette anni scrive uno studio per violino caratterizzato da quel melodismo che sarebbe diventato la sua fortuna stilistica. Dopo il successo alla Scala il coreografo francese Louis Henry commissiona a Pugni il balletto Elerz e Zulmida, che nel 1826 ottiene un notevole successo. Quest’ultimo gli permette di aggiudicarsi altre commissioni, non solo con Henry, ma anche con il celebre coreografo italiano Salvatore Taglioni. Anzi, è appunto grazie a Taglioni che Pugni si trasforma in un compositore alla moda; il successo, anche superiore alle aspettative, de Il disertore Svizzero provoca l’incarico di seconda opera, La vendetta, rappresentata con buona accoglienza al Teatro alla Scala nel 1832. Grazie all’improvviso successo Pugni è nominato maestro al cembalo del teatro milanese, ovvero responsabile musicale, ma le conseguenze del suo stile di vita e i reiterati ritardi nel rispetto delle consegne ne provocano presto il licenziamento. Alla Scala viene sostituito dai suoi stessi assistenti, destinati a diventare a loro volta apprezzati compositori di balletto, Giacomo Panizza e Giovanni Bajetti. Le scritture che gli giungono dall’esterno inducono Pugni a progettare l’allontanamento da Milano, città in cui tanto rapidamente ha conseguito una fama che altrettanto rapidamente sta pregiudicando con il suo atteggiamento; così, dopo un’opera per il Teatro di Trieste (Ricciarda di Edimburgo, 1832) e due per il teatro concorrente della Scala, la Canobbiana (Il contrabbandiere nel 1833 e Un episodio di San Michele nel 1834), Pugni abbandona l’Italia definitivamente e si trasferisce a Parigi.
Gli esordi nella nuova città, dove non gode di alcuna aderenza, sono certamente difficili: impartisce lezioni di violino e scrive brani d’occasione, fino a quando non riceve l’aiuto di Vincenzo Bellini, che in quel momento si trova a Parigi per preparare la prima dei Puritani al Théâtre des Italiens e nello stesso tempo elabora la versione di Napoli, rivedendo la parte sopranile per Maria Malibran. Bellini, intenzionato ad aiutare il compatriota, gli commissiona la trascrizione delle parti cambiate per Napoli, ma lo sciagurato ricopia di nascosto l’intera versione originale, cercando poi di venderla alla Scala. Lo scandalo che segue non soltanto provoca l’indignazione e la sfiducia definitiva di Bellini nei confronti di Pugni, ma anche quella dell’ambiante musicale parigino in generale: l’italiano tanto abile a comporre musica per le scene coreografiche è identificato anche come avventuriero privo di scrupoli, capace di ogni espediente pur di raggranellare una qualsivoglia somma di denaro. Non a caso l’unica commissione in questi anni è la musica per il balletto Licaone, con la coreografia di Louis Henry (Napoli 1836); dopodiché il silenzio si protrae fino al 1843, quando a Pugni viene offerto il posto di Ballet Composer presso l’Her Majesty’s Theater di Londra. In una terra nuova (dove forse le dicerie sul suo conto non sono mai giunte per intero o si sono ormai sopite) Pugni riaccende la propria creatività, lavorando alacremente tra 1843 e 1850, a contatto diretto con i più grandi artisti della danza di passaggio in Inghilterra: coreografi come Perrot e Saint Léon, danzatrici come Maria Taglioni, Carlotta Grisi, Lucille Grahn, Fanny Cerrito, Fanny Elssler e Adèle Grantzow. Jules Perrot insiste in modo particolare per lavorare insieme a Pugni, nella cui musica scorge il tipo di partitura ideale per le coreografie che ha in mente; grazie alla loro collaborazione vedono la luce balletti come Esmeralda, Ondina, e il celebre, tuttora in repertorio, Gran Pas de Quatre. La nuova fama che Pugni raggiunge grazie a Perrot gli permette di varcare altri confini internazionali; quando il coreografo si trasferisce in Russia pretende che il compositore italiano lo segua e ottiene per lui dallo Zar il titolo di Principale Compositore Imperiale per il Balletto.
È comprensibile che a partire dal 1845 si collochi il periodo non solo più fecondo ma anche più fortunato e remunerativo della produzione di Pugni: in questo stesso anno il compositore elabora sei nuove partiture originali (tra cui il balletto completo Éoline e il fortunatissimo Pas de Quatre). Pugni è dotato di un’estrema facilità compositiva: sono passati alla storia i tempi brevissimi che gli bastavano per completare una nuova opera (Ondine in tre settimane, Catarina in diciannove giorni, l’assemblaggio di musiche per il divertissement Le délire d’un peintre in un sol giorno). Una scrittura musicale prodotta a ritmo così accelerato non può ovviamente qualificarsi per speciale accuratezza; un elemento, però, la rendeva sempre irresistibile ed estremamente alla moda, ed era il melodismo che sorreggeva la maggior parte delle idee, abbinato a un gusto molto felice per la strumentazione e la variazione di colore. Pugni, in altre parole, ha la sorte di lavorare nel periodo in cui il gusto musicale internazionale si concentrava sull’arte e sullo stile di Vincenzo Bellini. Se non risultasse offensivo per il compositore siciliano (considerati i trascorsi tra i due) si potrebbe dire che Pugni sia stato “il Bellini del balletto ottocentesco”.
Nel 1862, su richiesta dello Zar, il genovese scrive in sole sei settimane La figlia del Faraone; il successo di questo balletto è straordinario, soprattutto perché conferma l’immensa capacità di Marius Petipa come coreografo. Le innovazioni di cui egli è inventore e fautore lo avrebbero segnalato distintamente come il padre della coreografia moderna; dopo l’apoteosi della Figlia del Faraone Petipa non solo crea nuovi balletti ma rivede sistematicamente le precedenti coreografie di altri artisti, come Perrot e Saint Léon, imponendo cambiamenti nella sceneggiatura e nei numeri musicali. Ebbene, Petipa ricorre proprio a Pugni per tutti gli adattamenti musicali che gli sono necessari; il caso più celebre è quello di Le corsaire di Adam, che nella versione coreografica di Petipa ha un intero quadro aggiunto, con la musica di Pugni.
Nel 1868 Pugni continua a essere alla ribalta: è l’anno in cui compone la musica per Il re Candaule, una delle cui variazioni femminili si ritrova ancora oggi inserita nel grand pas di Paquita. Nel 1869 reagisce alla delusione di essere stato escluso dalla scelta del compositore per il nuovo balletto Don Chisciotte (vincitore fu Ludwig Minkus) e concentra tutto il suo talento nella partitura di Le due stelle, considerata non a caso la migliore delle sue creazioni; eppure Pugni non riesce a vederla messa in scena perché muore il 26 gennaio 1870, mentre il balletto viene rappresentato il 21 gennaio 1871. È il suo ultimo grande successo, già postumo, rimasto fisso nel repertorio del Teatro Bol’šoj fino al 1918.
Nella storia della danza Pugni ritrovò senza dubbio molto spazio in cui muoversi e opportunità professionali differenziate per diventare un compositore di alto livello; lo stile di vita disordinato e la mancanza di professionalità, tuttavia, pregiudicarono sovente la sua carriera, generando periodi di crisi cui l’artista reagiva rifugiandosi nell’alcolismo. Gli aneddoti sulle insolvenze di Pugni, sulle pietose bugie che raccontava a impresari e committenti per giustificare la mancata consegna costituiscono un repertorio tanto variegato come quello dei suoi balletti. Ma in questa occasione è preferibile concentrarsi sulle ragioni della sua complessiva fortuna. La musica di Pugni si ispira al mondo del melodramma dei compositori del suo tempo: Bellini, come già detto, ma a partire dagli anni Cinquanta anche Verdi; in più, Pugni dimostrò sempre una certa sensibilità per l’ambientazione storica e sociale dei balletti che andava musicando. Mentre i suoi colleghi adottavano uno stile unitario per ogni titolo, anche disparato, il genovese sapeva trascegliere tra musica adatta a momenti tragici e motivi popolari napoletani, con grande attenzione alla variazione dei ritmi. Nei balletti di Pugni la dinamica musicale e la varietà ritmica seguono scrupolosamente le prescrizioni del libretto, adeguandosi alle azioni dei personaggi e al tipo di movimento richiesto. Pugni, in altre parole, cerca di avvicinarsi alla storia e al personaggio, come quando deve confrontarsi con la zingara Esmeralda o con la simulazione del rumore del mare in Ondina.
La vasta messe di titoli che ha caratterizzato la produzione di Pugni oggi è quasi del tutto scomparsa dal repertorio del balletto classico, tranne poche pagine ricorrenti e alcune sporadiche riprese. Al Teatro alla Scala, proprio quello in cui il compositore mosse i suoi primi passi, La figlia del faraone fu interpretata da Svetlana Zhakarova nel corso della stagione 2006-2007; nel 2009 il Gran Teatro La Fenice di Venezia lo ricordò rappresentando Il carnevale di Venezia. Al di là del solito Grand pas de Quatre, sarebbe interessante se qualche teatro scommettesse sul recupero anche di qualche titolo melodrammatico di Pugni, soprattutto in vista del prossimo bicentenario della sua prima opera, che cadrà nel 2023.

Cronologia dei principali balletti musicati da Cesare Pugni

Titolo Anno Teatro Libretto Coreografia
Il castello di Kenilworth 1823 Scala, Milano Gaetano Gioja
Elerz e Zumilda 1826 Scala, Milano Louis Henry
L’assedio di Calais 1827 Scala, Milano L. Henry
Pelia e Mileto 1827 Scala, Milano Salvatore Taglioni
Don Eutichio della Castagna ossia La casa disabitata 1827 Scala, Milano S. Taglioni
Agamennone 1828 Scala, Milano Giovanni Galzerani
Adelaide di Francia 1829 Scala, Milano L. Henry
Macbetto 1830 Scala, Milano L. Henry
Ondine 1843 Her Majesty’s Theatre, London J. Perrot J. Perrot
Esmeralda 1844 Her Majesty’s Theatre, London J. Perrot
Gran pas de quatre 1845 Her Majesty’s Theatre, London
Catarina ou La fille du bandit 1846 Her Majesty’s Theatre, London idem
Le Jugement de Pâris 1846 Her Majesty’s Theatre, London idem
Lalla Rookh 1846 Her Majesty’s Theatre, London Perrot
Les Plaisirs de l’hiver,

ou Les Patineurs

1849 Her Majesty’s Theatre, London Paolo Taglioni
Stella 1850 Sáint-Léon
Le metamorfosi 1850 Paolo Taglioni
La stella di Granada 1855 Michajlowskij, San Pietroburgo M. Petipa [?] M. Petipa
Un matrimonio sotto la reggenza 1858 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
Il carnevale di Venezia[1] 1859 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa [?] M. Petipa
Pas de deux 1859 M. Petipa
Il mercato di Parigi 1859 Bol’šoj (San Pietroburgo) Marius Petipa M. Petipa
La dalia blu 1860 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
Il corsaro[2] 1860 M. Petipa
Tersicore 1861 Carskoe Selo (Spettacolo di corte) M. Petipa
La figlia del faraone 1862 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa, H. Vernoy de Saint-Georges M. Petipa
Le corsaire[3] 1863 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
La bella del Libano, ossia Lo spirito della montagna 1863 Bol’šoj (San Pietroburgo) E. Rapapport, M. Petipa
Il cavallino gobbo 1864 Sáint-Léon
Una ballerina in viaggio 1865 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa, P. Taglioni M. Petipa
Florida 1866 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
Titania 1866 Palazzo della granduchessa Elena Pavlovna (San Pietroburgo) M. Petipa
Faust[4] 1867 J. Perrot M. Petipa, J. Perrot
Cupido benefattore 1868 Teatro della Scuola Imperiale (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
La schiava 1868 Carskoe Selo (Spettacolo di corte) M. Petipa
Le roy Candaule 1868 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa, H. Vernoy de Saint-Georges M. Petipa
Le due stelle 1871 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
La vivandière 1881 Mariinskij (San Pietroburgo) M. Petipa[5] M. Petipa
Esmeralda 1886 Mariinskij (San Pietroburgo) M. Petipa[6] M. Petipa
Gran pas de cuatre
Catarina, ou La fille du bandit 1870 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa[7] M. Petipa
La Naiade e il pescatore 1874 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa[8] M. Petipa
Pâquerette[9] 1882 Bol’šoj (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa
Il cavallino gobbo, ovvero La bellissima principessa 1895 Mariinskij (San Pietroburgo) M. Petipa M. Petipa

Bibliografia e Sitografia:
Cyril Beaumont, Complete Book of Ballets, London 1937.
Claudia Celi, L’epoca del coreodrama (1800-1830), in Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale, diretta da Alberto Basso, V, L’arte della danza e del balletto, Torino 1995, pp. 95 s.,
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Ivor Forbes Guest (ed.), Letters from a Balletmaster. The Correspondence of Arthur Saint-Léon, London 1981.
Ivor Guest, Cesare Pugni: A Plea For Justice, «Dance Research Journal» I 1 (1983), pp. 30-38.
Ivor Guest, Pugni, Cesare, in International Encyclopedia of Dance. A project of dance Perspectives Foundation, Inc., V, New York-Oxford 1998, pp. 276-278.
Concetta Lo Iacono, Il balletto in Russia, in Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale, diretta da Alberto Basso, V, L’arte della danza e del balletto, Torino 1995, pp. 297-342.
Adam Lopez, Cesare Pugni, in The Marius Petipa Society (https://petipasociety.com/cesare-pugni/).
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Donald Sidney-Fryer, A Checklist of the Ballet Scores of Cesare Pugni, in Enciclopedia dello Spettacolo, VIII, Roma 1961.
Rodney Stenning Edgecombe, Cesare Pugni, Marius Petipa, and 19th Century Ballet Music, «Musical Times» (Summer 2006).
Roland John Wiley, Dances from Russia: an Introduction to the Sergeyev Collection, «The Harvard Library Bulletin» 24,1 (January 1976).
Roland John Wiley, A Century of Russian Ballet, Alton, Hampshire, 2007.
Archivio storico del Teatro alla Scala di Milano (http://www.teatroallascala.org/archivio/ricerca.aspx).

Note:

[1] Da un tema musicale di N. Paganini.
[2] Si tratta della versione in cui Petipa aggiunge un quadro al balletto di Adam, commissionando la nuova musica a Pugni.
[3] Integrazione della partitura originale di Adolph Adam richiesta a Pugni dallo stesso Petipa.
[4] Pugni rivide la partitura di G. Panizza, già scritta per la coreografia di Perrot risalente al 1848.
[5] Dall’omonimo libretto di A. Saint-Léon (1844), ripreso anche da J. Perrot.
[6] Tratto da un soggetto di J. Perrot del 1844. Pugni compose l’intera partitura, ma il Pas de six è di R. Drigo.
[7] Ripresa dall’omonimo libretto di J. Perrot (1846).
[8] Dal libretto di Ondine (1843) di J. Perrot.
[9] La musica di questo balletto, che Petipa riprese da un soggetto di Saint-Léon del 1851, fu composta da F. Benoist, C. Pugni, L. Minkus.