Opera di Firenze: “Der Rosenkavalier”

Firenze, Teatro Comunale, 75° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
“DER ROSENKAVALIER”
Commedia per musica in tre atti su libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss
La Marescialla ANGELA DENOKE
Il Barone Ochs KRISTINN SIGMUNDSSON
Octavian CAITLIN HULCUP
Faninal EIKE WILM SCHULTE
Sophie SYLVIA SCHWARTZ
Marianne Leitmetzerin INGRID KAISERFELD
Valzacchi NIKLAS BJÖRLING RYGERT
Annina ANNA MARIA CHIURI
Un commissario di polizia PAWEL IZDEBSKI
Primo maggiordomo della Marescialla ALEXANDER KAIMBACHER
Primo maggiordomo di Faninal / Un oste KURT AZESBERGER
Un notaio MARCUS PELZ
Un cantante CELSO ALBELO
Prima orfana SABRINA TESTA
Seconda orfana ELISA FORTUNATI
Terza orfana RAFFAELLA AMBROSINO
Una modista JENNIFER O’LOUGHLIN
Un venditore di animali SAVERIO FIORE
Leupold GIOVANNI MAZZEI
Quattro lacchè della Marescialla / Quattro camerieri FABIO BERTELLA, NICOLÒ AYROLDI, DAVIDE SUCUMANO, ANTONIO MENICUCCI
Uomini di Larchenau SALVATORE MASSEI, EGIDIO NACCARATO, ANTONIO MONTESI
Un portiere LISANDRO GUINIS
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Piero Monti
Regia Eike Gramss
Scene Hans Schavernooch
Costumi Catherine Voeffray
Luci Manfred Voss
Coro di voci bianche della Scuola di musica di Fiesole
Diretto da Joan Yakkey
Nuovo allestimento
Firenze, 4 maggio 2012  
“Il viaggio. Dalla Mitteleuropa al Sudamerica” è il tema del 75° festival del Maggio Musicale Fiorentino che salpa dalle acque del Danubio di una Vienna imperiale quale degna cornice delle vicende che si intrecciano in quella fitta trama avvincente che Hofmannsthal ha scritto per il capolavoro del Der Rosenkavalier musicato da Richard Strauss. Il titolo torna per la quarta volta a Firenze dopo gli allestimenti del 1942, 1955 e 1989, ma per la prima volta firmato Made in Maggio dall’equipe capeggiata da Eike Gramss per la regia e che si avvale delle scene di Hans Schavernoch, dei costumi di Catherine Voeffray e delle luci di Manfred Voss.
Se l’ambientazione temporale è da fissare in un’Austria felix di pieno XVIII secolo, il porto di partenza di questo festival (che alla fine di un viaggio ideale porterà l’orchestra del Maggio in una tournée nel Sudamerica il prossimo agosto) è una l’Austria che Gramms sposta al XX secolo (epoca che coincide con quella della composizione della partitura) e che in s’identifica nella figura della Marescialla Maria Teresa, principessa di Werdenberg: così come per la protagonista, il campanile dello lo Stephansdom ha da raccontarci di una Vienna negli ultimi anni di un’epoca, profondamente consapevole del repentino cambiare dei tempi nel quale un impero è destinato a dissolversi da lì a poco nel grembo della follia di un conflitto di mondiale. Parallelamente a ciò che accadeva nella Ravenna bizantina in cui nel luccicare dell’oro dei suoi mosaici si tentava di nascondere il decadere di quello che era l’impero per antonomasia nonché di celebrare una gloria che non c’era più quale estremo e illusorio tentativo di apportare linfa vitale ad un organismo ormai prossimo a spirare, così il regista, avvalendosi dell’anacronistico uso che Strauss fa del valzer, rende la Vienna del XVIII secolo di Hofmannsthal nella città nostalgica che con eroica forza si erge supplichevole al turbinoso scorrere della storia pur di uscire in gran classe dallo scacchiere geo-politico europeo: lo fa immergendosi nell’accecante bagliore del sinfonismo mahleriano, della psicanalisi freudiana e, in primis, della Secessione della Ver Sacrum di Schiele, di Kokoschka e soprattutto di Klimt che con lui, certo non casualmente, l’arte torna a fare un uso dell’oro che solo nella bizantina Ravenna ha fatto offrendo inesorabilmente il segno della prossima fine dell’Impero Austriaco col quale si spegne definitivamente la fiamma della Roma antica che nell’Austria aveva continuato a vivere in seno al Sacro Romano Impero Germanico.
L’uso degli specchi è una forma d’espressione teatrale ormai non più nuova considerato che si è visto ormai già parecchie volte nel passato. In quest’allestimento i giochi dei loro riflessi sono innanzitutto chiamati ad ampliare gli spazi scenici di un’imponente architettura neoclassica che lo scenografo crea su un pannello dipinto così come si faceva almeno fino ai primi decenni dello scorso secolo, decenni che sono proprio quelli che si è tentato di descrivere poc’anzi. Nel finale del primo atto i detti specchi ruotano fino a fronteggiare il pubblico compiendo una metateatralità in cui il pubblico del 2012 si sente coinvolto in prima persona perché vivendo quotidianamente sulla propria pelle la sua crisi economica che si manifesta anche in una sala dalle gallerie pressoché vuote percepisce palpitante la crisi culturale della Vienna della Secessione in cui le emozioni, la consapevolezza e gli sbalzi d’umore della Marescialla che sul palco canta del rimpianto di un bacio non dato a Octavian è anche il suo, il nostro, il rimpianto di una giovinezza “che si fugge tuttavia”.
Riuscitissimo, dunque, il personaggio della Marescialla per il quale è stata nuovamente contattata Angela Denoke che vocalmente ritroviamo a Firenze assai più in forma e più a suo agio in questo personaggio e alle prese con questo repertorio rispetto alla seppur mirabile prova di Věc Makropulos di Janáček andato in scena nell’ottobre 2011. All’agibilità vocale più sciolta e arricchita di cromie non indifferenti si affianca una capacità di recitazione che con non molta difficoltà  tiene testa alle marescialle del passato. Versatile in tutti i sentimenti, dalla spensieratezza al rimpianto, dall’ira alla consapevolezza di un’età che avanza inesorabile, la Denoke con rare titubanze sa celarsi in ogni stato d’animo di un difficile personaggio da tener sulla scena proprio per le sue numerose sfaccettature. Nel ruolo del grossolano e irrascibile Barone Ochs è impegnato il bravissimo Kristinn Sigmundsson che mostra di avere un raro controllo della sua voce di basso che può essere imponente, ma che con questa partitura abbisogna di quella compostezza che la renda levigata anche nei momenti più concitati nonché d’una luminosa profondità nel registro basso. A tratti caricatura di sé stesso, il personaggio di Ochs trova nel basso islandese un attore brillante.
Gli ambigui coniugi italiani Valzacchi di Niklas Björling Rygert e Annina di Anna Maria Chiuri si distinguono anch’essi per il loro stato caricaturale che qui dà voce a un luogo comune dell’italiano medio presente in molte parti del mondo. Belle le voci, abili negli intrigati passaggi a loro affidati. Lo stesso vale  per Ingrid Kaiserfeld, vocalmente migliorata rispetto alla Konstanze nel mozartiano Die Entführung aus dem Serail del 2010, che rende una Marianne Leitmetzerin ricalcante il carattere del tipico personaggio impacciato e a tratti nevrotico negli atteggiamenti. Il Faninal di Eike Wilm Schulte mostra una voce che desta interesse più nel suo uso abile e sapiente tra le continue impennate musicali che per il timbro comunque buono. Bene ha fatto anche Pawel Izdebski portando in scena un commissario di polizia modesto, certamente simpatico, ma senza apportare grandi novità al personaggio.
Assai convincente  Sylvia Schwartz  una Sophie dal timbro sopranile levigato, con un vibrato misurato,  l’emissione è sempre morbida e perciò  riesce a trovare piena sintonia con un personaggio dolce sia nelle forme del corpo che nell’anima.
Prova positiva  anche Catlin Hulcup in Octavian. Voce di mezzosoprano abbastanza acuta caratterizzata da non indifferente luminosità. Da segnalare anch’essa per le doti attoriali che  caratterizzano l’evoluzione psicologica del personaggio fino allo splendido finale in  un contesto scenografico che si squarcia su un’alba viennese il cui cielo gode della quiete dopo la tempesta: è ormai tempo per la Marescialla di uscire di scena.
Lo fa a punta di piedi ed è qui che lo spettatore prende piena coscienza che un’epoca è ormai finita e un’altra sta per cominciare, un nuovo tempo salutato, come di consueto, da un paggetto che entra in scena per raccogliere un fazzoletto caduto dalle mani di Sophie e per salutare il pubblico con la sua tenerezza. Lo spagnolo Celso Albelo debutta al Maggio nel cammeo “Di rigori armato il seno” portando nella violenta onda d’urto sonora straußiana una ventata di freschezza del belcantismo italiano con un timbro tenorile limpido, fresco e che raggiunge il registro acuto con ampia scioltezza.  Il Coro del Maggio Musicale Fiorentino è come sempre preparato da Piero Monti ed è anche impegnato in molti ruoli di comprimari confermandosi in essi e nel suo insieme sempre di buona presenza, molto convincente anche nei momenti più concitati senza sfociare in eccessi di veemenza e per rinunciare alla qualità dell’emissione vocale. Il Coro di voci bianche della Scuola di musica di Fiesole, diretto da Joan Yakkey, presente nel solo secondo atto, di conferma come un buon coro in cui i bambini lavorano con entusiasmo sotto la guida attenta del suo direttore. .
Zubin Mehta debutta in quest’occasione in Der Rosenkavalier portando avanti un ciclo di prime esecuzione a Firenze nell’autunno della sua carriera avviato nel 2010 con la sublime Die frau ohne schatten, passando per Več Makropulos e per Der Rosenkavalier e arrivando a compimento con il Parsifal che inaugurerà il 76° Maggio Musicale Fiorentino nell’anno wagneriano 2013. La direzione si avvale di un’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in piena forma è in crescendo, dopo un  primo atto che difetta di alcuni passaggi forzati, troppo veementi, nel secondo e terzo atto godiamo di un pieno equilibrio tra suono e lirismo: ecco che i valzer diventano godibilissimi, i momenti caricaturali largamente fruibili, gli squarci emotivi avvincenti nell’ascolto, esaltanti per il cuore. Ovunque sfumature timbriche in una dettagliata ricerca che rende questa direzione tra le migliori degli ultimi anni sentite a Firenze. Un crescendo di entusiasmo tra gli intervalli si suggella in scroscianti applausi finali il cui apprezzamento è parimenti per tutti, dai cantanti di tutto il cast, all’equipe dell’allestimento fino alla direzione e all’orchestra al gran completo sul palco che salutano la serata di gala d’inaugurazione del festival di musica classica più antico d’Italia.