Cronache del MITO: Martha Argerich a Torino con l’Orchestra di Bahia

MI.TO. 2014

Torino Milano – Festival Internazionale della Musica, VIII Edizione – MITO Settembre Musica
Torino, Auditorium “Giovanni Agnelli” del Lingotto
Neojiba Orchestra – Orchestra Giovanile dello Stato di Bahia
Pianoforte Martha Argerich
Direttore Ricardo Castro
Pëtr Il’ič Čajkovskij : Concerto n. 1 in si bemolle minore op. 23
Heitor Villa-Lobos : Bachianas Brasileiras n. 4 per orchestra
Leonard Bernstein : West Side Story, danze sinfoniche
Torino, 10 settembre 2014

Che Martha Argerich sia una forza della natura, tutta prestata all’arte musicale e alla vita sociale della grande musica nel mondo, non è certo osservazione originale né recente. Ma che il vigore delle sue mani e la forza stupefacente del suono che genera nel pianoforte siano intatti e saldissimi, ha quasi dell’incredibile. Il pubblico torinese di MI.TO. ha l’opportunità di ascoltarla in uno dei capolavori della letteratura sinfonica con pianoforte solista, ossia il concerto n. 1 in si bemolle minore di Čajkovskij. Se la scelta del programma soddisfa e conferma ogni aspettativa di eccellenza nei confronti della solista, l’orchestra che l’accompagna fa riflettere sulla straordinaria influenza positiva che un artista carismatico può emanare in un contesto molto diverso da quello dei festival e delle sale da concerto occidentali; la Argerich suona infatti con la Neojiba Orchestra, l’Orchestra Giovanile dello Stato di Bahia, fondata nel 2007 da Ricardo Castro, che ne è direttore artistico e direttore principale: si tratta di un complesso brasiliano nato in analogia a quelli venezuelani di “El Sistema”, sostenuto dal governo con l’obbiettivo di offrire opportunità di crescita a moltissimi bambini attraverso l’insegnamento della musica, l’educazione all’ascolto, l’inserimento sociale (il nome Neojiba significa Núcleos Estaduais de Orquestras Juvanis e Infantis de Bahia).
Il concerto è dedicato alla memoria del Maestro Agostino Orizio, pianista e direttore d’orchestra, scomparso il giorno prima (Martedì 9 Settembre) all’età di 92 anni: la Argerich aveva lavorato con lui in molte occasioni, come ricorda Ricardo Castro prima di dare avvio alla musica di Čajkovskij.
Ed ecco il concerto n. 1, dall’incipit reboante e insieme cullante; appena resta protagonista, la pianista argentina insiste sui contrasti di sonorità e sull’amplificazione dei volumi, secondo una caratteristica stabile del suo stile esecutivo, per cui ogni forte suona fortissimo, ogni segnale agogico è accentuato il più possibile. L’effetto è quello di un’onda sonora che si impenna improvvisamente, come a seguito di scosse elettriche. In parallelo al vigore, alla forza titanica che promana dalla tastiera, è il virtuosismo della Argerich a lasciare senza fiato, poiché determinato da una tecnica d’acciaio, cui non sfugge proprio nulla. Castro, dal canto suo, è certamente un direttore talentuoso, molto attento al rispetto della partitura, ma non resiste alla tentazione della magniloquenza, soprattutto nel I e nel III movimento, rendendo gli interventi orchestrali un po’ eccessivi nelle sonorità e pesanti.
Al termine del concerto, un subisso di applausi per la solista; ma con il solito atteggiamento schivo e sbrigativo, anzi insofferente nei confronti delle acclamazioni, la Argerich concede un bis, scegliendo una pagina schumanniana (la prima delle Kinderszenen, op. 15), soffusa di tutta quella dolcezza che mancava nel piglio leonino del concerto di Čajkovskij. Poi si congeda bruscamente dall’orchestra e dal pubblico, con quel distacco che alimenta la sua leggenda. Nella seconda parte del programma, con le celebri pagine di Villa-Lobos e di Bernstein l’orchestra è molto più a suo agio, e offre un’esecuzione intensa. Castro dirige tutto a memoria, con grande precisione ritmica, ma non sempre riesce a stornare l’effetto fragoroso della sua concertazione. Il Cha-Cha di West Side Story, per esempio, non ha la “grazia” richiesta dall’indicazione agogica.
Al termine del concerto i lunghi applausi innescano uno spettacolare brano fuori programma, perché la nutritissima sezione delle percussioni detta un ritmo di danza al quale tutta l’orchestra si adegua, intonando poco per volta Brazil: gli strumentisti non si limitano soltanto a suonare, ma si alzano in piedi, accennano passi di danza, ballano propriamente, accompagnando l’esecuzione del più tipico motivo brasiliano. E la festa prosegue, perché all’entusiasmo del pubblico del Lingotto – che non si aspettava certamente una tale esplosione di ritmo, di vitalità, di colore sudamericano – la Neojiba Orchestra risponde con un samba ancora più indiavolato e travolgente. Nel pubblico alcuni si trattengono a stento dall’alzarsi a loro volta, e dal seguire con il corpo il ritmo di danza; ma l’aplomb torinese resta perfetto, e dopo lunghi ringraziamenti ci si avvia all’uscita. Fuori piove, si ritorna alla realtà di un’estate autunnale, più uggiosa del solito … Cari orchestrali di Bahia, ci mancherete molto!