“Die Zauberflote” all’Opera di Roma

Roma, Teatro dell’Opera, Stagione Lirica 2o11/2012
“DIE ZAUBERFLÖTE” (Il flauto magico)
Opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Sarastro PETER LOBERT
Tamino JUAN FRANCISCO GATEL
Sprecher  DETLEF ROTH
Erster Priester SAVERIO FIORE
Zweiter Priester MICHAEL KRANEBITTER
Dritter Priester FRANCESCO BOVINO
Königin der Nacht AUDREY LUNA
Pamina HANNA-ELISABETH MULLER
Erste Dame  SARAH-JANE BRANDON
Zweite Dame ROMINA TOMASONI
Dritte Dame NADESZDA KARYAZINA
Papageno MARCUS WERBA
Papagena SIBYLLA DUFFE
Monostatos KURT AZESBERGER
Erster Geharnischter Mann  ALEXANDER KAIMBACHER
Zweiter Geharnischter Mann SCOTT WILD
Erster Knabe FLAVUA SCARLATTI*
Zweiter Knabe MARIA ELENA PAPI*
Dritter Knabe EMANUELA MARZI*
Solisti del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Erik Nielsen
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia David Mc Vicar ripresa da Dan Dooner
Scene e costumi John Mac Farlane
Movimenti coreografici Leah Hausman
Luci Paule Constable
Allestimento del Royal Opera House Covent Garden
Roma, 31 marzo 2012
Spettacolo ripreso da un allestimento del Royal Opera House Covent Garden di circa 10 anni fa, narra la arcinota vicenda del Flauto Magico in modo chiaro  e lineare, immergendo la storia in un settecento illuminista, educato e per bene dove tutti sembrano poter esprimere il proprio punto di vista in maniera pacata.  Belle visivamente le scene ed i costumi e molto piacevoli e divertenti le animazioni degli animali. La sensazione finale, sia pure con momenti esaltanti musicalmente e molto gustosi scenicamente, è stata però quella di aver assistito ad uno spettacolo che nel complesso possiamo definire di livello assai buono ma che lascia un quid di irrisolto. E’ come se vi fosse un confine troppo sfumato tra le parti buffe, i momenti lievi e quelli seri senza una completa, netta definizione di ciascuno di essi e tutto scivola via in una narrazione placida e a tratti pigra. Soprattutto nelle parti serie si ha più l’impressione che esse vengano illustrate o raccontate che non vissute. Difficile dire se questa sia stata la cifra voluta dal regista o il risultato del connubio tra alcune scelte direttoriali e le possibilità degli interpreti a disposizione, ma tant’è.
Molto elegante la direzione di Erik Nielsen. Ottimi la concertazione ed il fraseggio ed a nostro giudizio nel complesso convincente, sia pure con qualche lentezza ma questo è un fatto di sensibilità personale, la scelta dei tempi. Finalmente un direttore con un bel suono ed un volume giusto, che asseconda le voci respirando con loro, che non è preso dalla frenesia di accelerare oltre i limiti dell’umano possibile, che tra un’aria o una scena e l’altra permette al pubblico che ascolta di prepararsi al clima del momento successivo o di lasciarsene sorprendere. Saggia anche la decisione di non mettersi in contrasto con le possibilità vocali di alcuni solisti sia pure a prezzo in alcuni momenti di abbassare un po’ il livello della tensione. Buona la prova del coro. Tra i numerosi solisti, vera trionfatrice della serata è stata Hanna-Elisabeth Müller nella parte di Pamina. Magnifica voce dal timbro omogeneo, gradevolissimo e ricco di armonici, governata con padronanza e gusto musicale, splendida presenza scenica, ha offerto nell’aria del secondo atto un’eccellente esecuzione e in assoluto il momento emotivamente più intenso della serata. Juan Francisco Gatel nella parte del principe Tamino ha dipinto un personaggio nobile, elegante e sensibile con una  buona presenza scenica, un colore vocale avvincente ed appropriato e un fraseggio sempre ben sorvegliato ma mai privo di spontaneità e di  verità musicale. Irresistibile per simpatia e proprietà stilistica e di ammirevole correttezza vocale il Papageno di Marcus Werba, anche lui giustamente molto applaudito al termine della recita. Vivace,  efficace ma sempre misurata la Papagena di Sibylla Duffe. Ottimi il trio delle dame e dei tre fanciulli sia scenicamente che vocalmente e nel complesso il resto delle parti secondarie, tutte rese in modo efficace e su un livello di più che buona professionalità. E veniamo ora alle questioni che credo siano alla base del risultato non completamente convincente di questo pur bello e applauditissimo spettacolo. Se la rappresentazione della coppia amorosa è risultata fresca e deliziosa, la comicità di Papageno ha trovato la giusta cifra espressiva, non altrettanto può dirsi per le parti serie. Il  Monstatos di Kurt Azesberger da moro trasformato dalla regia in bianco incolore, è risultato tale anche scenicamente, senza peraltro riuscire a trovare un compenso nei mezzi vocali certamente appropriati ma non tali da impressionare o da poter costituire un valore a se stante. Il Sarastro di Peter Lobert sonoro ma ingolato e con scarso brillio di suono, ha un po’ deluso non tanto sul piano squisitamente musicale ma nella globale messa a fuoco della nobiltà  e della grandiosa autorevolezza del personaggio. La Regina della Notte di Audrey Luna, che va detto è stata chiamata in extremis a sostituire  la titolare, oltre ad essere stata imprecisa nelle agilità e nell’intonazione specie nella seconda aria, ma questo potrebbe dipendere dalla situazione o da una serata poco felice, non ha mostrato di possedere l’autorità vocale e la statura scenica necessarie alla resa del personaggio che, come appunto dice il nome, è una regina ma in diversi momenti scenicamente  appariva più come una quarta dama. Alla fine della recita il pubblico divertito ha tributato grandi applausi per tutti. Foto Silvia Lelli – Opera di Roma