Felice Romani e i suoi melodrammi: “I due Figaro” di Giuseppe Saverio Mercadante

Scritto da Romani espressamente per Carafa, della cui opera si è già parlato, il libretto de I due figaro ispirò anche una delle opere più importanti di Giuseppe Saverio Mercadante il quale, nato ad Altamura il 17 settembre 1795, nonostante oggi sia considerato, insieme a Vincenzo Bellini, uno dei massimi esponenti della scuola napoletana e abbia ottenuto alcuni importanti successi in vita, non ha goduto di una grandissima fama presso il largo pubblico, anche perché messo in ombra dai quattro grandi compositori dell’Ottocento, Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi. Formatosi dal 1808 al 1813 al Conservatorio di Napoli, dove studiò composizione con Zingarelli, il futuro maestro di Bellini, Mercadante ottenne il suo primo successo nel 1819 al San Carlo di Napoli con L’apoteosi di Ercole e due anni dopo trionfò alla Scala con Elisa e Claudio. La sua carriera ebbe una svolta nel 1823 quando ottenne l’incarico, che mantenne fino al 1825, di compositore stabile al Teatro San Carlo di Napoli al posto di Rossini, della cui musica subì l’influenza. Tre anni dopo si trasferì a Madrid, dove l’opera italiana, bandita sin dal lontano 1794 dal re Carlo IV che aveva ravvisato in essa una palese minaccia alla politica e alla corte, fu promossa dalla contessa Bonavides. Nella città spagnola il compositore italiano firmò un contratto che prevedeva, oltre alla composizione di due nuove opere per la stagione 1826-1827, la costituzione di una compagnia italiana di canto e la direzione degli spettacoli. Proprio nella capitale spagnola Mercadante compose I due Figaro, un’opera che, però, non fu autorizzata dalla censura che aveva ravvisato in essa quelle minacce alla politica e alla morale che avevano indotto Carlo IV a vietare l’opera italiana in generale. L’opera, il cui argomento, come notato nell’analisi del lavoro di Carafa, costituiva effettivamente una critica nei confronti dell’ordine costituito, avrebbe visto il palcoscenico soltanto il 26 gennaio 1835 al Teatro del Principe di Madrid, grazie alla mutata situazione politica venutasi a creare dopo la morte del re Ferdinando VII e l’assunzione della reggenza da parte della vedova Maria Cristina; la donna, in contrasto con Carlo, nipote del re, che rivendicava per sé il trono, decise di far mettere in scena I due Figaro per dimostrare all’opinione pubblica la sua liberalità. Ma quale fu la ragione che spinse Mercadante a mettere in musica questo vecchio testo così controverso? Chiamato in Spagna per dare nuovo lustro all’opera italiana, Mercadante cercò di essere estremamente oculato nella scelta dei soggetti alternando uno di carattere drammatico ad un altro comico e I due Figaro, soggetto comico particolarmente apprezzato dal liberale Mercadante, avrebbe dovuto essere il secondo di un dittico di lavori, di cui il primo era Il posto abbandonato, un’opera di argomento militare nella quale un ufficiale, condannato a morte ingiustamente, è salvato proprio nel finale dopo aver vissuto tra la vita e la morte. Scegliendo il libretto di Romani, Mercadante aveva probabilmente contato sulla clemenza della censura spagnola, diversa da quella austriaca che non aveva creato problemi all’opera dell’amico Carafa in occasione della prima scaligera. Prevedendo, tuttavia, qualche problema con la censura, Mercadante aveva apportato alcune interessanti modifiche tra le quali il taglio della scena in cui Inez, figlia del conte, si rifiuta di obbedire al padre e l’introduzione dell’intercessione di Susanna a favore di Figaro affinché il Conte non lo cacci; con quest’ultima modifica restituiva al Conte quel potere decisionale di cui era depositaria la nobiltà e ricomponeva l’ordine costituito. Anche la distribuzione dei ruoli sembra essere più conciliante nei confronti della censura con la decisione di affidare la parte di Figaro, che nell’opera di Carafa era sostenuta da un ben più serio baritono, a un basso buffo, mentre Cherubino, basso nell’opera di Carafa, diventa un contralto, voce scelta solitamente per i personaggi giovani e più vicina al Cherubino delle Nozze mozartiane.

L’opera e il libretto

Ouverture

Mercadante Es.L’opera è introdotta da una brillante ouverture, aperta da un tema di fandango esposto a canone che mostra la straordinaria perizia contrappuntistica di Mercadante (Es.). L’ouverture, che formalmente è una suite di danze spagnole (Fandango, Bolero e Tirana), è un florilegio di temi brillanti in una scrittura estremamente interessante dal punto di vista strumentale con sapienti contrasti tra archi e fiati.

Atto primo

Nel parco del castello del conte d’Almaviva, i vassalli del conte accompagnati da un drappello di villanelle, in un coro che rivela maggiore ricchezza melodica rispetto a quello corrispondente di Carafa, aspettano con gioia l’arrivo della Contessa e di sua figlia Inez, mentre Torribio, sotto il falso nome di Don Alvaro, manifesta la sua speranza che si realizzi il piano di Figaro circa il suo matrimonio con Inez. Tra i personaggi c’è anche Plagio, un poeta, al quale Figaro ha dato l’incarico di scrivere una commedia il cui soggetto avrebbe dovuto consistere nell’inganno che l’astuto barbiere aveva ordito ai danni del Conte. Subito dopo, particolarmente soddisfatto delle sue trame, giunge Figaro il quale non solo per rassicura Don Alvaro e Plagio sul buon esito della trama da lui ordita, ma anche rende noto il suo piano consistente nel far sposare la figlia del Conte, Inez, con un borghese spacciato per nobile, con il quale avrebbe diviso la ricca dote. Già in questo suo iniziale intervento la parte di Figaro presenta una scrittura che vocalmente manifesta le sue influenze rossiniane. Nel successivo recitativo secco Figaro confida a Don Alvaro che apparentemente si opporrà a queste nozze, mentre rassicura Plagio sulla bontà della trama della sua commedia. La loro conversazione è interrotta dall’arrivo del Conte che, nel recitativo Ho risoluto alfine, espone la sua decisione di dare in sposa Inez ad Alvaro nonostante nella sua mente si insinui qualche dubbio riguardo al gradimento della figlia. Nel cantabile della belcantistica cavatina Che mai giova al nostro cor il Conte manifesta tutto il suo pessimismo sulla possibilità che nel matrimonio ci sia spazio per l’amore, ribadendo nella cabaletta O dolci trasporti che il sentimento amoroso è talmente effimero da augurarsi di non provarlo mai. Nel successivo recitativo secco Figaro finge di dissuadere il Conte dal proposito di far celebrare queste nozze imputando ad Alvaro, come presunto vizio, un’eccessiva generosità. Il Conte, per nulla indispettito, afferma di stimare maggiormente il futuro genero e si mostra ancor più risoluto nella sua decisione.
Giunge subito dopo Susanna che si produce nella civettuola e belcantistica cavatina Colle dame più brillanti dalla struttura bipartita (la seconda parte inizia con le parole Di mille cabale), nella quale si vanta di essere ancora corteggiata da spasimanti e di essere più astuta del marito. Susanna è raggiunta dalla Contessa e da Inez alle quali un coro di popolani dà il benvenuto (Benvenute le nostre padrone). Le donne, però, nel cantabile del terzetto (Esser tratte nel castello), manifestano tutto il loro disappunto per essere state tratte nel castello come delle pecore al macello nonostante siano state accolte con tutti gli onori. La ragione del loro disappunto è espressa nel tempo di mezzo (Cara madre) nel quale si apprende che Inez, innamorata di Cherubino, non vuole piegarsi alle nozze preparate dal padre per lei. Nella cabaletta (Siam tre donne) Susanna rassicura Inez sull’efficacia delle astuzie femminili nei confronti degli uomini che alle fine si piegheranno al loro volere. Queste sono raggiunte prima da Figaro che, nel successivo recitativo secco, finge anche con loro di opporsi a queste nozze, e poi dal Conte il quale, sempre più risoluto, impone proprio a Figaro di recarsi subito dal notaio. Alla fine un servo annuncia l’arrivo di un forestiero che altri non è se non Cherubino vestito da Figaro; questi consegna al Conte una lettera di presentazione, scritta dal suo colonnello, Cherubino, nella quale lo prega di accoglierlo al suo servizio (tempo di attacco: Un gentile colonnello) e, alle domande del Conte che gli chiede quale sia il suo nome risponde di chiamarsi Figaro. Dopo aver tessuto le lodi del servitore suo omonimo (cantabile: Decorato del nome famoso), egli è accolto dal Conte al suo servizio. Rimasti soli, Cherubino, nelle vesti del secondo Figaro, e Inez si scambiano effusioni che non sfuggono al vero Figaro, entrato in punta di piedi (recitativo secco: Vien meco). Prontamente Cherubino finge di rimproverare Inez per la sua disubbidienza al padre (tempo d’attacco del quartetto: No, Signora: chiaro e tondo), mentre la fanciulla, da parte sua, finge un disperato pianto sottolineato da un ironico accompagnamento degli archi che sembra mimarne le lacrime; il Conte, chiamato da Figaro, redarguisce l’astuto servo, avendo constatato personalmente la fedeltà del nuovo Figaro le cui doti da lui vengono esaltate (cantabile: Oh che perla dell’ingegno). Nello stesso cantabile, a un Figaro sbalordito per quanto accaduto fanno da contraltare le parole di soddisfazione di Cherubino e di Inez, felici per l’ottima riuscita dell’inganno. Nel tempo di mezzo (Se delle cabale) Figaro è oggetto di una nuova minaccia da parte del Conte che lo avrebbe scacciato se non fosse intervenuto a suo favore un ipocrita e astuto Cherubino il quale ha ormai totalmente conquistato la fiducia del Conte che nella cabaletta (Io so le astuzie) mostra di conoscere bene Figaro, mentre Cherubino e Inez (Impara o stolido) manifestano ancora una volta la loro soddisfazione per aver gabbato un Figaro in declino e sempre più confuso (Ti venga il fistolo!).
Rimasto solo Figaro incomincia a riflettere sull’identità di questo suo omonimo quando è raggiunto da Plagio il quale dalle riflessioni di Figaro trae nuova linfa per il suo dramma. Rimasta sola, Rosina nella sua aria in due tempi (Prender che val marito) si produce in una riflessione sull’amore e sul matrimonio. Nel giardino del castello, Inez, confusa (tempo d’attacco del finale: Né Susanna, né il mio bene), cerca Cherubino e Susanna che giunge subito consigliandole di nascondersi. Le due donne vengono sostituite sulla scena da Figaro e dal Conte impegnati nel solito alterco; Figaro, infatti, afferma che il suo omonimo non sarebbe altri che un amante travestito introdotto da Susanna trovando l’opposizione del Conte che non vuole credere a questa accusa; questa volta la fortuna sembra arridere all’astuto barbiere, in quanto, subito dopo, giungono Susanna e Cherubino in atteggiamenti che appaiono equivoci. Il Conte arrabbiato chiama tutti ad adunata e vorrebbe far arrestare Cherubino il quale, con un vero colpo di scena, afferma di essere innamorato di Susanna stornando i sospetti sui suoi rapporti con Inez. Tutti restano attoniti nello splendido concertato Come dal fulmine nel quale si possono ancora una volta notare influenze rossiniane. Nel tempo di mezzo (Ah! Vieni e prostrati) tutti cercano di mettere pace tra Susanna e Figaro che inizialmente minaccia una terribile vendetta, ma che, alla fine, fatto oggetto dell’ironia del Conte, decide di perdonare la moglie. Nella stretta (Seppellita sia la cosa) nella quale emergono ancora delle marcate influenze rossiniane, tutti si augurano che quanto avvenuto rimanga nascosto.

Atto secondo

Nel parco del castello un coro di villanelle e paesani (L’avventura è singolare) commenta, bisbigliando, quanto avvenuto, mentre Plagio, in disparte, cerca di carpire qualche spunto per la sua commedia e subito dopo interroga sia le une che gli altri sulle ultime novità. Susanna, sopraggiunta, mostra di curarsi poco delle dicerie che circolano sul suo conto; la donna è raggiunta da Figaro che, conoscendo la moglie, sa bene che dietro c’è qualche inganno. Nel tempo d’attacco del successivo duetto In quegli occhi l’uomo ribadisce di conoscere bene le astuzie della moglie e cerca invano di farle rivelare la vera identità di Figaro. Una pagina ricca di ironico pathos è il successivo cantabile Brutta cosa è l’esser moglie, nel quale Susanna e Figaro si lamentano l’una dell’altro. L’astuto barbiere non riesce ad estorcere la verità sul conto dell’altro Figaro nemmeno nel tempo di mezzo Su via palesami tutto alla buona, all’interno del quale fa il suo ingresso Plagio che viene trattato con modi bruschi da Figaro nella cabaletta Eh! Vanne al diavolo, mentre Susanna si mostra soddisfatta di aver ancora una volta gabbato il marito (Per quello stolido). Nel successivo recitativo secco Plagio è ormai rassegnato a dover adulare il suo mecenate per poter ottenere qualcosa di buono. Nel frattempo nell’Anticamera ad uso di guardaroba che mette nella stanza di Susanna, Inez e Susanna attendono, non senza qualche piccola preoccupazione, Cherubino; l’incontro tra i due amanti, però, dura poco perché Figaro bussa alla porta costringendo Susanna a far nascondere Inez e Cherubino; l’uomo appare contrariato per il tempo impiegato da Susanna per aprirgli e subito dopo le chiede di darle il mantello in quanto deve andare a chiamare il notaio. L’arrivo del Conte, sempre più risoluto a portare a compimento il suo disegno, e della Contessa dà l’avvio ad un quartetto che si tramuta in un sestetto quando Figaro per caso scopre nascosti negli armadi Cherubino ed Inez. Il cantabile (Apro gli occhi finalmente), nel quale ogni personaggio esprime il suo pensiero, è un piccolo capolavoro per la ricchezza melodica e per la caratterizzazione dei sentimenti dei personaggi; se il Conte appare deluso e tradito e Cherubino non sa cosa inventarsi, Figaro celebra il suo trionfo dopo tante umiliazioni patite. Nel tempo di mezzo (Temerario! Chi sei?) il Conte sfoga la sua ira contro chi si è reso reo di averlo tradito e in particolar modo contro Cherubino che rivendica per sé la sua volontà di sottrarre Inez alle subdole trame di Figaro e addirittura Susanna. La scena si conclude con la cabaletta Fra l’incudine e il martello nel quale, per l’uso del sussurrato e del crescendo, sono palesi le influenze rossiniane. Nel successivo recitativo secco Figaro ringrazia il Conte per avergli restituito la sua fiducia e per avergli tolto di mezzo Susanna della quale non era più innamorato come nelle Nozze mozartiane.
Inez, da parte sua, nel drammatico recitativo accompagnato Oh come in un momento e nella belcantistica aria in due tempi Che più soffrir mi resta manifesta tutto il suo disappunto per quanto avvenuto immaginando un futuro di sofferenze.
Il Conte si è già pentito di aver cacciato Susanna, come si apprende nel successivo recitativo secco Vedran che non mi lascio, nel quale la donna lo supplica affinché receda dal suo proposito. Con la sua astuzia Susanna riesce quasi condurre a miti consigli il Conte nel tempo d’attacco del duetto (Tu lo volesti, ingrata), nel quale gli chiede almeno di non odiarla; alla fine il Conte è commosso e Susanna si mostra di ciò soddisfatta nel cantabile ricco di pathos, ma anche di ironia, Ah che gli spunta il pianto che si distingue per lo splendido a solo del flauto. Nel tempo di mezzo (Dunque io parto) il Conte cede e perdona Susanna confermando il suo proposito farla rimanere nella cabaletta Sì, rimani.
Un breve ma raffinato preludio strumentale, nella quale emerge la voce del corno anticipando le più mature pagine di Bellini, introduce una scena ed aria di Cherubino non presente nell’opera di Carafa. Il giovane contempla il paesaggio notturno in una scena di carattere già romantico per la corrispondenza tra la natura e i sentimenti. Nel recitativo dai tratti elegiaci (Già per le vie del cielo) Cherubino manifesta la sua volontà di tentare il tutto per tutto aprendo il suo cuore al Conte, ma il suo animo appare tormentato nel languido cantabile Lungi oh Dio! Un coro di paesani nel tempo di mezzo (Poi che cede al dì la notte) rivela che si stanno per celebrare le nozze al castello, mentre Cherubino, scoraggiato, nella cabaletta Amor pietoso rendimi si rivolge al dio affinché gli renda l’adorato oggetto del suo amore.
Nel successivo recitativo secco si assiste allo scioglimento, in quanto il poeta Plagio fa leggere la trama della sua commedia al Conte che si riconosce nel nobile gabbato; a confermare i suoi sospetti contribuisce anche l’intervento di Cherubino che non solo rivela la sua identità, ma anche quella di Alvaro che altri non è se non il suo servo Torribio. Sono ormai scoperte le trame di Figaro che viene cacciato dal Conte infuriato, quando giunge Susanna che, dopo aver rimproverato il marito, cerca di intercedere a suo favore presso il Conte nel tempo d’attacco del Finale Che facesti o scellerato! dal sapore già romantico. Il Conte, che inizialmente si mostra irremovibile, cede alla dolce ed elegiaca preghiera di Susanna nel bel cantabile Signor, lo sposo rendimi. La decisione del Conte (tempo di mezzo: Ebben restate) fa esplodere tutti di gioia nella brillante rondò finale Giorno sì amabile.