Verona, Arena Opera Festival 2010: “Turandot”

Fondazione Arena di Verona – 88° Festival 2010 –  Franco Zeffirelli e l’Arena
“TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti su libretto di Giuseppe Adami  e Renato Simoni, dalla fiaba teatrale  omonima di Carlo Gozzi.
Musica di Giacomo Puccini
Turandot ELENA POPOVSKAJA
Imperatore ALtoum ANTONELLO CERON
Timur CARLO CIGNI
Calaf MARCO BERTI
Liù  TAMAR  IVERI
Ping  FILIPPO BETTOSCHI
Pong ALDO ORSOLINI
Pang LUCA CASALIN
Mandarino NICOLO’ CERIANI
Principe di Persia SALVATORE SCHIANO DI COLA
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Maestro del Coro, Giovanni Andreoli
Coro di voci bianche A.L.I.VE, diretto da Paolo Facincani
Direttore, Antonio Pirolli
Regia e scene, Franco Zeffirelli
costumi, Emi Wada
Movimenti  Coreografici, Maria Grazia Garofoli
Verona, 16 luglio 2010
La  nuova produzione di Turandot di questa stagione areniana targata Franco Zeffirelli  non fa altro che confermare  il  regista fiorentino come il più celebrato  Maestro dell’ “horror vacui”. Impianto scenico sostanzialmente diviso in due: sul proscenio agisce il “popolo di Pechino”, oltre una parete, che spettacolarmente si apre nel secondo atto, la città imperiale. Idea  efficace che Zeffirelli ha già utilizzato nella produzione newyorchese dell’opera pucciniana.  Il guaio è che si assiste a un primo atto dove, come al solito, coro e figuranti si pestano addosso e in più, visto che per Zeffirelli forse non bastavano, ha pensato di aggiungere  qualche acrobata, che aggiunge un tocco di suspense all’atto, visto che sembra che da un momento all’altro questi piombino sull’orchestra.  Quando appare la città imperiale, ci troviamo di fronte a un’apoteosi di pagode, statue e altri orpelli scenici, che convergono verso il trono dell’imperatore come fossero un baldacchino del Bernini. Anche qui  scena intasata, allietata da  un gruppo di fastidiose danzatrici che continuano a dimenarsi  con ridicoli ombrellini per tutta la scena degli enigmi. In conclusione il “solito” Zeffirelli che presenta una Cina stereotipata, da parco a tema. Costumi coloratissimi, non privi di un certo impatto, anche questi in una logica  visiva superficiale e scontata (in particolare quelli di  Turandot, particolarmente banali ).
La direzione di Antonio Pirolli è sicura e vigorosa e ha il pregio di non cadere in sonorità “fracassone” riuscendo anche complessivamente valida tanto negli accompagnamenti che nelle pagine strumentali. I colori abbastanza ben dosati. È semmai la scelta dei tempi a destare qualche perplessità. Kovatchev spesso è lento e compassato.
Elena Popovskaja non ha certo una voce strabiliante, ma è una Turandot  dalla solida professionalità,  sa essere abbastanza disinvolta e sicura nei passi più impervi, le fa però difetto un modo di fraseggiare  piuttosto artefatto e oscuro. Sorpresa in positivo per  Marco Berti, particolarmente in serata e forse anche riposato (ha anche bissato il “Nessun dorma”), il quale ci ha fatto capire che, volendo, sa essere soave quando occorre. Certo, scenicamente, Berti è “ingessato”, ma almeno in questa recita a saputo essere un Calaf vocalmente credibile, per piglio, colore e compattezza di suono.  Tamar Iveri ha il merito di essere  una Liù spontanea, trepidante e patetica nel senso più giusto, anche se la voce non sempre risponde alle intenzioni.   Ping, Pong e Pang, ossia Filippo Bettoschi, Aldo Orsolini e Luca Casalin sono scenicamente un po’ troppo esagitati e di conseguenza  tendono a vociferare e  a essere disordinati. Apprezzabile  il Timur di Carlo Cigni. Buoni l’imperatore di Antonello Ceron e il Mandarino di Nicolò Ceriani.
Foto Ennevi