Firenze, Teatro della Pergola: “Albert Herring”

Teatro della Pergola – 79° Maggio Musicale Fiorentino
“ALBERT HERRING”  
Opera da camera in tre atti. Libretto di Eric Crozier, tratto da Le Rosier de Madame Husson di Guy de Maupassant.
Musica di Benjamin Britten
Albert Herring SAM FURNESS
Lady Billows ORLA BOYLAN
Nancy RACHEL KELLY
Sid PHILIP SMITH
Florence Pike GABRIELLA SBORGI
Miss Wordsworth ANNA GILLINGHAM
Mr. Upfold CHRISTOPHER LEMMINGS
Mr. Gedge ZACHARY ALTMAN
Superintendant Budd KARL HUML
Mrs. Herring MANUELA CUSTER
Cis BONNIE CALLAGHAN
Emmie SOPHIE GALLAGHER
Harry NICOLAS CHALLIER
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Jonathan Webb
Regia Alessandro Talevi
Scene e costumi Madeleine Boyd
Luci Matthew Haskins    
Firenze, 31 maggio 2016    
La sala del Teatro della Pergola ha ospitato questa deliziosa produzione della “piccola” opera di Britten, ultima opera in cartellone del Maggio Musicale Fiorentino in corso.  Albert Herring è la seconda delle tre “opere da camera” – dopo The rape of Lucretia e prima di The Turn of the screw e l’unico lavoro comico del maggior operista britannico del XX secolo. Il carattere cameristico è dato dall’organico orchestrale, ridotto a solo quattordici strumenti, tra i quali il pianoforte, che accompagna un reinventato recitativo secco, dall’assenza del coro, ma anche dalla scrittura, sempre così trasparente e nitida. La comicità è una scelta insolita, suggerita da Eric Crozier, per la prima volta alle prese con Britten in veste di librettista e suo compagno di avventura nel British Opera Group; dovendo in gran fretta apprestare un titolo per la prima stagione di questa piccola formazione, nata inizialmente per eseguire lavori di dimensione cameristica di Britten e di altri compositori britannici contemporanei, l’attenzione di Crozier si posò sulla novella Le Rosier de Madame Husson di Guy de Maupassant. Britten accettò il soggetto e ne nacque un’opera apparentemente eterogenea rispetto al resto della produzione britteniana. Solo apparentemente in quanto Albert Herring non è opera farsesca o chiassosa, non è un lavoro dalla comicità dirompente, è un’opera sì ricca di humour, ma soprattutto di acuta analisi psicologica e sociale, condotta in maniera sorridente, senza però risparmiare colpi di ironia pungente. Il tema è il rapporto conflittuale tra i vecchi e i giovani: da una parte ci sono i custodi di una società perbenista e bigotta, che processa e giudica i comportamenti, sulla base di pettegolezzi e delazioni e alla luce di una morale interessata principalmente ai costumi sessuali e a un’idea di onorabilità molto vittoriana e dall’altra ci sono i giovani, che desiderano semplicemente vivere la loro età senza dovere né reprimere né nascondere desideri e pulsioni naturali. Dalla Normandia di Maupassant, la vicenda viene trasferita in una immaginaria cittadina nella campagna del Suffolk, contea della quale Britten ben conosceva costumi e tipi caratteristici, essendoci nato e vissuto; qui Lady Billows, ricca benefattrice, donna autoritaria e dispotica, vera eminenza grigia del paese, convoca le autorità per eleggere la ragazza che per la sua virtù meriterà il titolo e il premio in denaro destinato alla “Reginetta di maggio” dell’anno. Per gli standard di moralità della anziana signora e della sua ancor più reazionaria cameriera, infallibilmente aggiornata sulle vicende di tutti i compaesani, nessuna possiede i requisiti minimi per poter essere presa in considerazione, sembra anzi che il paese sia a un tratto popolato solo da giovinette facili e poco di buono. Dopo un’iniziale incertezza la scelta viene dirottata sull’altro sesso e cade sul candido, ingenuo Albert Herring, ragazzotto semplice e instancabile lavoratore. Albert vive attaccato alla gonna di una madre severissima, che manda avanti con lui la drogheria di famiglia, comandandolo a bacchetta; non conosce né vizi né svaghi, nemmeno i più innocenti, ed è il prototipo del bravo ragazzo. Non vorrebbe essere “Re di maggio”, la virtù che gli attribuiscono gli pesa e lo imbarazza, preferirebbe rinunciare al sostanzioso premio, piuttosto che esibire davanti a tutti una diversità della quale non va fiero, ma non è proprio il caso di disubbidire alla  mamma, che è pazza di gioia nel vedere se stessa e i suoi metodi educativi oggetto di un così alto apprezzamento.  Al contrario di Albert, l’amico Sid, garzone del macellaio, è un ragazzo ‘normale’, tanto da apparire trasgressivo ai parrucconi del paese: ogni tanto frequenta il pub, beve qualche birra e gioca, va a caccia, anche di frodo e soprattutto ha una ragazza, Nancy, con la quale non si stanca mai di scambiare effusioni; Albert vorrebbe vivere come lui, ma gliene manca il coraggio. Sid e Nancy desiderano aiutarlo e l’occasione si presenta proprio il giorno della premiazione: una generosa dose di rum messa di nascosto nella limonata di Albert forse potrà dargli una scossa, far svegliare in lui qualcosa di nuovo. Albert viene messo al centro del banchetto, con un ridicolo abito bianco e un cappello incoronato di fiori d’arancio, ma il suo imbarazzo dura poco, l’alcool prima lo frastorna, poi gli scioglie la lingua, infine, quando dopo la festa si ritrova solo, lo fa pensare alla sua situazione fino a fargli prendere una decisione che forse cambierà la sua vita, almeno un po’: una fuga. Scoperta l’assenza del ragazzo tutto il paese si mobilità nelle ricerche, che vanno avanti, con una speranza sempre più flebile di ritrovarlo vivo, fino all’alba, quando Albert si presenta a casa, un po’ sgualcito e malconcio nell’aspetto ma soddisfatto di aver investito ben tre sterline d’oro delle venticinque ricevute in premio, in piaceri nuovi, diverse bevute e forse qualcosa di ancor più proibito. Lo scandalo è grande, tutti, tranne Sid e Nancy che sono molto divertiti, gli rivolgono rimproveri, gli predìcono sciagure, ma Albert non si scompone, dice che è contento di essere tornato a casa e vuole solo essere lasciato in pace perché ormai è quasi ora di aprire bottega. Ecco quindi riproposto con piglio leggero, senza l’epilogo tragico di Billy Budd o di Peter Grimes, il medesimo tema della diversità e della sua mancata accettazione, dell’autorità e della ribellione, dello scontro tra il singolo e una comunità che ha regole che possono schiacciare chi non ha voglia o non è in grado di uniformarsi; la morale capovolta in cui vox populi non è assolutamente vox dei. Non si ride quindi, ma si sorride molto; si sorride delle pose innaturalmente impettite e dell’indignazione iperbolica di chi si erge a custode della morale, si sorride dei tremendi peccati commessi dalle ragazze di paese, che sono azioni come l’essere andata in calesse in domenica di Quaresima o aver aperto la porta al postino in sottoveste; si sorride soprattutto dei personaggi caratterizzati con mano sapientissima, con un umorismo elegante che evita la caricatura, dal punto di vista musicale e vocale oltre che nei sapidi dialoghi.
Alla perfetta riuscita di un tale tipo di spettacolo devono concorrere diversi elementi.; in quest’occasione direi che non ne è mancato nessuno. Prima di tutto la ricostruzione dell’atmosfera visiva, nelle scene e nei costumi di Madeleine Boyd, capaci di ricreare in modo sobrio e gustoso l’atmosfera polverosa e antiquata di una campagna inglese in cui si fa della conservazione una religione; conservazione di valori e di schemi sociali che si riflette nella conservazione di oggetti, di tessuti e fogge nell’abbigliamento e nella mobilia, nel tentativo di estendere di un cinquantennio oltre i suoi limiti naturali la gloriosa età vittoriana. C’è qualcosa di rigidamente conservatore anche nella gestualità, felicemente ricreata dal giovane regista Alessandro Talevi, una gestualità così contenuta, compassata, così british, nel cipiglio altezzoso di Lady Billow, nella bonomia sempre sorridente, leggermente svampita del reverendo Mr. Gedge, nella sollecitudine appena un po’ invasata dell’insegnante Miss Wordsworth e così via per gli altri personaggi che rappresentano l’ordine, mentre in Albert è colta e riprodotta con grande bravura del regista e dell’interprete una natura intrappolata, che non riesce ad esprimersi, un personaggio costretto in uno stato di evidente disagio che improvvisamente si apre al mondo, si sviluppa e si libera rivelando ciò che è realmente. Un guizzo registico particolarmente brillante si ha durante gli interludi, nei quali la scena viene invasa dalle anime delle reginette del passato: con l’abito bianco della premiazione, i lunghi capelli sciolti, emergono dal basso e danzano con movimenti sinuosi e sensuali; queste ragazze premiate per la virtù risorgono come seduttrici diaboliche ed esercitano attrazioni irresistibili; nel primo atto, alla fine della riunione in cui è stata presa la decisione di incoronare Albert, scatenano un’orgia che coinvolge i notabili di Loxford, fino a quel momento compostissimi e, più focosa di tutti, l’anima del defunto Lord Billow, uscita dal ritratto che troneggia nel salotto di Lady Billow per gettarsi in una cavalcata peccaminosa; nel secondo atto seducono Albert ancora indeciso e determinano in lui la ribellione definitiva. A rendere ancor più surreali e divertenti le apparizioni è il fatto che queste creature ammaliatrici sono impersonate con straordinaria bravura da sei ballerini, efficacemente truccati, ma inconfondibilmente maschi. Al perfetto funzionamento di una regia intelligente quanto elegante, senza eccessi, mai invadente, concorre la bravura scenica e vocale di un gruppo molto omogeneo e pregevole di interpreti.
Il giovane tenore Sam Furness, della cui abilità nel raffigurare l’evoluzione del personaggio di Albert si è detto in precedenza, ha una voce lirica non sprovvista di mordente, canta piano e pianissimo con morbidezza, ma si lancia nei passaggi più concitati e spinti con foga e squillo; giusto un po’ di stanchezza gli procurano le frequenti salite del lungo monologo, particolarmente ben eseguito ed espressivo. Manuela Custer nei panni della madre di Albert è brava a renderne tanto l’aspetto affettuoso quanto quello arcigno. Perfetta nel canto e nell’imponenza scenica appare Orla Boylan, sempre autorevole nello squillo del registro acuto sopranile con il quale si manifesta la tendenza prevaricatrice di Lady Billow; al suo fianco il caldo timbro di contralto di Gabriella Sborgi, borbottante, acida governante, a suo agio nel ruolo quanto i colleghi di madrelingua. Il tenore caratterista Christopher Lemmings presta a Mr Upfold una voce molto personale, ottima nelle brevi e rapide frasi lanciate verso l’acuto che esprimono l’ansia di apparire sufficientemente energico e adeguato al ruolo di sindaco; il parroco ha la voce baritonale di Zachary Altman, suadente e morbida, un po’ sfibrata come il suo personaggio, assorto ora in pensieri mistici ora in contemplazione di bellezze terrene; franco e di poche parole il sovrintendente di polizia interpretato dal basso Karl Huml. La direttrice Miss Wordsworth, nel bel timbro sopranile di Anna Gillingham, appare scissa tra una natura trasognata e una volontà di essere perfetta nel suo ruolo sociale. Infine il baritono Philip Smith e il mezzosoprano Rachel Kelly interpretano la coppia composta da Sid e Nancy, così importante drammaturgicamente nel determinare il cambiamento di Albert; lui ruvido e bonario, apparentemente scapestrato, in realtà equilibrato e di buon cuore, al pari della sua partner, ammantata di grazia femminile sia nella sensualità dell’innamorata che nell’attitudine materna nei confronti del protagonista; sono dotati entrambi di un buono strumento vocale, espressivo e sicuro, particolarmente bello è il timbro del giovane mezzosoprano. Sullo stesso livello del cast si pone il direttore Jonathan Webb, direttore d’opera esperto, dal repertorio vasto ed eterogeneo, ma particolarmente affine al teatro britteniano. L’affinità si è sentita da subito, nella naturalezza, nella morbidezza del tocco, nella continuità narrativa pur nel trapasso tra episodi di diverso tono, nella sicurezza nel tenere compatto, luminoso e trasparente il suono del piccolo organico orchestrale. L’esito finale non poteva non essere felice, il pubblico sorridente e soddisfatto ha applaudito lungamente e con entusiasmo tutti. Foto Simone Donati