Fromental Halévy (1799-1862): “La reine de Chypre” (1841)

Grand-Opéra in cinque atti su libretto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges. Véronique Gens (Caterina Cornaro), Cyrille Dubois (Gérard de Coucy), Étienne Dupuis (Jacques de Lusignan), Éric Huchet (Mocenigo), Christophoros Stamboglis (Andrea Cornaro), Artavazd Sargsyan (Strozzi), Tomislav Lavoie (Un officier, un héraut d’armes).  Flemish Radio Choir, Charlotte Bonneu (Maestro del coro), Orchestre de Chambre de Paris, Orchestre de Chambre de Paris, Hervé Niquet (direttore). Registrazione: Parigi, Thêatre des Champs Élysée, 5-7 giugno 2017. 2 CDE Ediciones Singulares ES 1032.

Jacques Fromental Halévy è poco più di un nome sulle storie musicali, legato a un’unica opera “La Juive” o meglio a pochi brani di quello che è considerato il suo capolavoro eppure l’allievo prediletto di Cherubini ha avuto un ruolo ben maggiore, secondo forse solo a Meyerbeer, nella definizione e nell’affermazione del Grand-Opéra come forma centrale del teatro musicale francese del XIX secolo.E’ quindi con vivo interesse che si accoglie questa nuova proposta della Fondazione Palazzetto Bru Zane che rende disponibile all’ascolto “La reine de Chypre” il secondo maggior successo del musicista parigino. Composta nel 1841 l’opera puntava a ripetere il successo della precedente “La Juive” (1834) riuscendovi appieno se si considera che nel 1854 l’opera raggiungeva le 100 recite solo all’Académie Royale de Musique. Un successo destinato a durare fino quasi alla fine del secolo per poi veder scendere un oblio praticamente assoluto. Halevy ripropone qui quella miscela fra realtà storica e immaginarie vicende private che del genere è uno dei tratti più tipici – e mai si rifletterà a sufficienza come nel tanto bistrattato Grand’Opéra stanno le radici profonde di quelle modalità narrative su cui ancora si regge gran parte del mondo dello spettacolo attuale dal cinema alla televisione – ma deve scontare la debolezza del libretto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges con la sua accozzaglia di situazioni inverosimili oggi difficili da accettare. L’ascolto discografico permette però di non farsi distrarre dalle fragilità drammaturgiche e di concentrarsi sulla musica di Halevy che è di altissima fattura. Fin dall’introduzione orchestrale si apprezza la ricchezza e la qualità della scrittura orchestrale che insieme al magistrale uso dei cori è fra le maggiori qualità di Halevy – e come non vedere in questo il miglior portato della formazione cherubiniana. Halevy mostra però non solo una tecnica compositiva solidissima – si senta il rigore con cui si organizzano le grandi scene d’insieme – ma anche una freschezza melodica che in molti punti dell’opera risulta in vero coinvolgente. La vocalità è quella tipica del genere, con uno sguardo ancora rivolto al passato nel suo rossinismo di fondo ma perfetta per l’astrazione cavalleresca della vicenda. L’esecuzione musicale proposta rende poi particolarmente giustizia alle qualità musicali dell’opera. Ottimo conoscitore della musica francese neoclassica e proto-romantica Hervé Niquet offre una lettura esemplare per rigore e precisione che esalta al meglio la qualità della scrittura di Halevy rendendo – con la sua predilezione per timbriche luminose e smaltate – il gusto vagamente arcaicizzante di molti passaggi. Ottime le prestazioni fornite dall’Orchestre de Chambre de Paris e dal Flemish Radio Choir. La compagnia di canto è nel complesso pienamente apprezzabile. Véronique Gens veste i panni di Caterina Cornaro. Con la sua voce “ibrida” la cantante francese regge bene la tessitura della parte anche se in molti punti la musica sembrerebbe indirizzare verso un colore più autenticamente mezzosopranile di quello della Gens. La musicista è però impeccabile così come sempre curatissimi sono accento e fraseggio. Autentica rivelazione il Gerard di Cyrille Dubois autentico “tenore contraltino” dalla voce nitida e agilissima che sale con facilità impressionante agli acuti eseguiti con un esemplare uso dell’emissione in falsettone. Fraseggio nobile, araldico, autenticamente cavalleresco, impeccabile musicalità e dizione nitidissima completano una prestazione maiuscola. Molto bravo anche l’altro tenere Éric Huchet nel ruolo villain del Senatore Mocenigo reso con accenti di rara insinuanza. Un po’ più grezzo ma comunque efficacie il baritono Étienne Dupuis nel ruolo di Giacomo di Lusignano e ottimi i ruoli di fianco con la robusta voce di Christophoros Stamboglis come Andrea Cornaro e il sempre valido apporto di Artavazd Sargsyan (Strozzi), completa il cast il baritono Tomislav Lavoie (Un araldo).