Giacomo Puccini 160: “Manon Lescaut” (1893)

A 160 anni dalla nascita.
“Insieme a queste porcherie ti manderò quel tal dramma su Manon Lescaut […]. Se hai letto il libro su Manon che io ti diedi già a Milano (e che ritirai) ti farai un’idea dell’impasto elegante e tragico che il soffio della passione può cavarne musicalmente”.
In questa lettera datata marzo 1885 di Ferdinando Fontana è contenuto il primo riferimento alla triste storia di Manon Lescaut e di Des Grieux come soggetto per una nuova opera della quale il librettista avrebbe voluto scrivere il testo. Certamente per Fontana fu una delusione apprendere quattro anni dopo che Puccini aveva già affidato la redazione del libretto ad altri, come si evince da una sua lettera:
“Tre settimane fa essendo andato a Milano seppi che ti eri messo a posto per il libretto. Bene, ne godo. Spiacemi soltanto un poco che tu abbia scelto la Manon, soggetto che io ti avevo offerto da un gran tempo e tu non avevi accettato. Se ora mi avessi detto: «voglio questo», io che già ci avevo lavorato attorno ecc. forse mi sarei deciso ad accordarmi teco”.
La delusione di Fontana, molto probabilmente, sarà stata mitigata dall’aver appreso in seguito che il libretto di Manon Lescaut fu il risultato del lavoro di un’equipe di librettisti tra cui: Ruggero Leoncavallo che, suggerito da Ricordi, non soddisfece le aspettative del compositore; Marco Praga, figlio del poeta scapigliato Emilio, al quale si deve la struttura dell’opera, che, come richiesto da Puccini, non avrebbe dovuto essere un duplicato di quella di Massenet né ricalcare lo stile del grand-opéra, e, infine, Domenico Oliva, autore dei versi. Pronto agli inizi dell’estate del 1890, il libretto fu letto a Puccini e a Ricordi nella residenza estiva dell’editore a Cernobbio sul lago di Como, suscitando l’entusiasmo del compositore il quale, però, chiese delle modifiche ai due librettisti che troncarono la collaborazione. Dopo il tentativo di Ricordi con Giacosa, che rifiutò ritenendosi inadatto a scrivere libretti, la scelta cadde su Illica il cui lavoro non soddisfece il compositore. Alla fine Giacosa, su insistenza dell’editore, accettò l’incarico e, finalmente, il lavoro fu portato a termine. L’opera, completata nel mese di ottobre del 1893, dopo circa tre anni di lavoro, fu rappresentata per la prima volta il 1° febbraio 1893 al Teatro Regio di Torino sotto la direzione di Alessandro Pomè con Cesira Ferrani (Manon), Giuseppe Cremonini (Des Grieux), Achille Moro (Lescaut) e Alessandro Polonini (Geronte di Revoir), raccogliendo un consenso unanime ed entusiastico sia presso il pubblico che presso la critica. Giovanni Pozza sul «Corriere della Sera» (M. Carner, op. cit., pp. 101-10) scrisse: «il suo canto è quello del nostro paganesimo, del nostro sensualismo artistico… ma se rifugge istintivamente dalle mistiche profondità wagneriane, non si abbandona per questo a triviali concessioni melodrammatiche». Nonostante il successo, il compositore continuò a rivedere quest’opera per oltre 30 anni realizzando ben 8 versioni se ci atteniamo soltanto a quelle pubblicate da Ricordi nella versione per canto e pianoforte.