Gioachino Rossini 150: “Sigismondo” (1814)

Dramma per musica in due atti su libretto di Giuseppe Foppa. Margarita Gritskova (Sigismondo), Maria Aleida (Aldimira), Kenneth Tarver (Ladislao), Marcell Bakonyi (Ulderico/Zenovito), Paula Sánchez-Valverde (Anagilda), César Arrieta (Radoski). Camerata Bach Choir Poznań, Karel Mitáš (maestro del coro), Virtuosi Brunensis, Antonino Fogliani (direttore). Registrazione Trinkhalle Bad Wildbad, 14-24 giugno 2016. 2 CD Naxos 8.660403-04

Sigismondo” ha rappresentato nella carriera rossiniana un piccolo passaggio a vuoto. L’opera, andata in scena alla Fenice il 26 dicembre 1814, fu accolta da un successo di stima venendo presto dimenticata. Il principale limite del “Sigismondo” sta nell’uso fin eccessivo di brani di recupero montati su una trama anch’essa fin troppo rivista. La prassi di riutilizzare per una nuova opera brani già composti per altre piazze era labbastanza diffusa all’epoca e poteva giovarsi della mancanza di mezzi di riproduzione che rendevano per il pubblico difficile conoscere quanto avveniva altrove. In questo caso il riuso è stato portato avanti in proporzioni eccessive anche per l’epoca e, per di più, recuperando molti brani da quel “Turco in Italia” andato in scena alla Scala nell’agosto dello stesso anno. Successo troppo vicino nel tempo e nello spazio per essere totalmente ignoto se non al pubblico almeno al mondo musicale veneziano come attestano le cronache dell’epoca. La trama poi ricordava troppo nei suoi snodi essenziali – un sovrano che condanna a morte per le calunnie di un intrigante la sposa, salvata, però, da un fedele vassallo che riesce infine a farla ritrovare al signore – quella de “L’inganno felice” andato in scena nella stessa Venezia appena due anni prima. Certo la trama qui è svolta con maggior dovizia di dettagli, arricchita delle suggestioni esotiche di un’immaginaria Polonia, privata dei ruoli buffi che figuravano nel lavoro precedente ma le assonanze restavano troppe. L’opera però non è spregevole e vanta musica di notevole qualità anche fra i brani di nuova composizione. Sul piano teatrale le figure di Sigismondo, il sovrano impazzito per i sensi di colpa, e del perfido Ladislao, una sorta di Jago rossiniano, mellifluo e sfuggente, risultano fra i personaggi meglio scolpiti del teatro rossiniano. Un certo interesse per “Sigismondo” si può rintracciare in questi ultimi anni e la produzione del Rossini Festival di Bad Wildbad del 2016 rientra in questo filone. La registrazione dello spettacolo tedesco si fa ammirare soprattutto per la prova offerta dagli interpreti di Sigismondo e Ladislao. La giovane pietroburghese Margarita Gritskova è un’autentica rivelazione. A meno di trent’anni il mezzosoprano russo mostra già una maturità sorprendente e doti da autentica belcantista. Voce splendida per timbro, colore, emissione, compatta e omogenea su tutta la gamma, assoluta naturalezza anche nei più impervi passaggi di coloratura. Certamente soprattutto sul piano espressivo si nota ancora qualche necessità di maturazione – nonostante un grande impegno anche su questo versante – e la dizione italiana a volte la tradisce ma si tratta di un innegabile talento da seguire con attenzione. Kenneth Tarver è un Ladislao robusto e sicuro; la voce è brunita e virile, l’accento deciso, gli acuti squillanti. Qualità queste che gli permettono di tratteggiare un personaggio autorevole e deciso, particolarmente temibile per il re. Le qualità vocali sono poi ottime e l’impervia parte è retta con sicurezza. Fra questi vasi di ferro il vaso di coccio risulta l’Aldimira di Maria Aleida. L’impegnativa parte della principessa polacca scritta per Elisabetta Manfredini è di un lirismo nobile e aulico, venato di sfumature eroiche. Purtroppo l’Aleida lascia solo intuire tutto ciò. Corretta, educata, musicale, ma voce invero molto, troppo piccola così che tutto risulta come in scala ridotta. Gli acuti sono sicuri ma piccoli e poco squillanti, le colorature nitide e precise ma troppo leggere a causa della natura del mezzo vocale e, quando si arriva alla grande aria eroica del II atto, professionismo e buona volontà non bastano più. Solido e professionale Marcell Bakonyi nel doppio ruolo di Ulderico e Zenovito. Completano ottimamente il cast il Radoski di César Arrieta e l’Anagilda di Paula Sánchez-Valverde. Antonino Fogliani guida con brillantezza e mano sicura i Virtuosi Brunensis così come positivo è il contributo della Camerata Bach Choir Poznań cui è affidato uno dei momenti di maggior fortuna dell’opera, quel coro dei cacciatori che troverà definitiva collocazione come coro dei cortigiani nella scena della cantina di “La Cenerentola”.