Giuseppe Verdi (1813-1901): “Falstaff”

Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito, dalla commedia The merry Wives of Windsor e dal dramma The History of Henry the Fourth di Shakespeare. Orchestra e Coro de l’Opéra Royal de Wallonie, Paolo Arrivabeni (direttore), Stefano Poda (regia, scene, costumi, luci), Ruggero Raimondi (Sir John Falstaff), Luca Salsi (Mr. Ford), Virginia Tola (Mrs. Alice Ford), Sabina Puértolas (Nannetta), Tiberio Simu (Fenton), Cinzia De Mola (Mistress Quickly), Liliana Mattei (Mrs. Meg Page), Gregory Bonfatti (Dr. Caius), Pietro Picone (Bardolfo), Luciano Montanaro (Pistola). Registrazione: Liège, Opéra Royal de Wallonie, novembre 2009. 1 DVD Dynamic – 33649.

Per chi ha già assistito ad uno spettacolo a firma Poda, questa recensione potrebbe intitolarsi semplicemente “variazioni sul tema”. Il tema, al solito, non si sa quale sia ma l’artefice è, per l’appunto, Stefano Poda che firma regia, scene, costumi e luci di quest’edizione di Falstaff andata in scena a Liegi nel 2009. Falstaff, l’ultimo capolavoro verdiano, è un’opera drammaturgicamente ricca e articolata che si presta in potenza ad ventaglio di situazione fra le più variegate. Nel dettaglio di questa produzione: la scena è fissa, indefinibile nel proprio grigiore, riducendo così al nulla le ambientazioni previste dalla partitura. Sul fondo compare una scala, mimetizzata da effetti a raggiera, che costituisce l’ingresso in scena per gran parte dei protagonisti e dei partecipanti allo scherzo finale ai danni di Falstaff. Viene concessa qualche eccezione (il praticabile rialzato che funge prima da Osteria della Giarrettiera, poi da podio dal quale Nannetta nelle vesti di Regina delle Fate canta la propria aria) ma il risultato finale resta tristemente invariato. Note non certo positive anche per quanto riguarda le luci: si passa dal buio semitotale ad un bagliore simil-neon. Suggestive, ma veramente troppo ampollose per un’opera come Falstaff, le variazioni cromatiche che illuminano la finta scala sul fondo. I costumi femminili sono invece stupendi: vistosamente ispirati alle creazioni di Cecil Beaton per My Fair Lady durante la scena delle corse dei cavalli ad Ascot, connotano le quattro comari in un modo molto sofisticato… insomma, delle eleganti signore di campagna. Peccato per la monocromia (a scapito anche di una specifica caratterizzazione): bianco per i primi due atti, nero per il terzo ad esclusione di Nannetta che più che la Regina delle Fate sembra una cresimanda degli anni ’50. Rimane la drammaturgia sui personaggi: inesistente. Il tutto viene assorbito da coreografie che appiattiscono la narrazione in modo quasi pedante: basti solo pensare alla celebre risata delle quattro dame, espressione così genuina della confidenza e dell’amicizia al femminile, qui ridotta ad una grottesca pantomima. Un folto stuolo di mimi appesantisce il tutto, creando solo caos e confusione.
Il cast vocale può vantare un bellissimo Ford, quello di Luca Salsi. Voce bella, potente ma elegante, tratteggia in modo molto appropriato il signorotto di campagna e gelosissimo marito. Nessuna sorpresa per il Falstaff di Ruggero Raimondi: emissione artefatta, molte concessioni al parlato così come le imprecisioni musicali (da dimenticare il finto processo finale).  Rimangono invariati il carisma e la presenza scenica. Vocalmente e scenicamente esile, il Fenton di Tiberio Simu è contrassegnato da acuti costantemente nasali. Prezioso l’apporto di Gregory Bonfatti nei panni del Dottor Caius mentre appena decorosi sono Pietro Picone e Luciano Montanaro rispettivamente Bardolfo e Pistola. Evanescente l’Alice di Virginia Tola: la voce non è correttamente sostenuta e le intenzioni interpretative restano latenti. Cinzia De Mola è una Mistress Quickly molto poco spiritosa e con un’evidente mancanza di note gravi. Sabina Puértolas è una Nannetta gradevole scenicamente, vocalmente anonima e con acuti spinti. Liliana Mattei, nel breve ruolo di Meg Page, non lascia particolari impressioni. Non memorabile la conduzione di Paolo Arrivabeni che cerca comunque amalgama e coesione in un cast in larga parte deficitario.