Renée Fleming:”Verismo”

Scene e arie da opere di Catalani, Cilea, Giordano, Leoncavallo, Mascagni, Puccini e Zandonai. Con la partecipazione del tenore Jonas Kaufamann.Coro e Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi”. Direttore, Marco Armiliato. 1 cd Decca, 2009.
Devo subito premettere che prima dell’ascolto di questo cd ero molto prevenuto.
La ragione ? Non aver trovato una grande sintonia tra la vocalità e il repertorio italiano, visti gli esiti, poco convincenti nel repertorio donizettiano (Lucrezia Borgia) e verdiano (La Traviata). Personalmente ho trovato che le interpretazioni più convincenti di questa cantante le ritroviamo nelle opere tardo-romantiche, Richard Strauss in particolare, anche se certo Massenet, quello di Manon, di Thais (soprattutto nell’incisione discografica) e Herodiade e nella Rusalka di Dvorak hanno rappresentato momenti interpretativi molto alti. Ed ecco arrivare sul mercato questo cd che indubbiamente ha prima di tutto il pregio di offrirci una serie di numeri musicali poco presenti nel mondo dei recital lirici. Parlo in particolarei  dei brani tratti dalla Conchita di Zandonai, o ancora dalla Bohème di Leoncavallo, da Zazà di Leoncavallo, Gloria di Cilea e Siberia di Giordano. A questi aggiungiamoci la prima registrazione assoluta della prima versione manoscritta del “Sola, perduta e abbandonata” dalla Manon Lescaut di Puccini.  Nel libretto di presentazione del cd, la Fleming, che ha registrato questi brani a Milano, nell’agosto 2008, parla di avere incontrato l’ultranovantenne Magda Olivero, dalla quale ha avuto preziosi e illuminanti consigli. Quanto la nostra Olivero abbia pesato sull’esito di questo disco, non lo sappiamo,  fatto sta che la cantante americana ci offre qui una delle sue migliori “performance”, sia per linea di canto, che per intelligenza ed eleganza interpretativa. Il timbro morbidamente velato, un uso di eleganti “portamenti” e soprattutto un fraseggio accurato, mai “verista” nel senso più becero del termine, ci permette di dire che, per la prima volta, ascoltiamo un modo assolutamente moderno, oserei dire “belcantista” di cantare questo repertorio. Brillante, malinconica, tragica, la Fleming riesce ad essere tutto questo senza intaccare minimamente la linea di canto.  A questo esito felice ha certamente contribuito anche l’attenta e partecipa direzione d’orchestra di Marco Armiliato a capo degli ottimi complessi milanesi. Un disco che merita di essere conosciuto.