Intervista al tenore Max Jota

Al termine de “Un Ballo in Maschera” al Teatro Opera na Zamku nella città di Szczecin in Polonia, intervistiamo il tenore Max Jota che ha vestito i panni di Re Gustavo III.
È stato difficile vestire i panni di Re Gustavo III?
Interpretare un ruolo verdiano è sempre molto impegnativo, sia dal punto di vista musicale che attoriale e nello specifico di questo personaggio, che può essere considerato il ruolo principale dell’opera, la gamma vocale richiesta è molto ampia e diversificata. Inoltre si tratta di un re e quindi il mix vocalità/interpretazione richiede molta attenzione. Non è un ruolo nuovo per me, ma ogni volta devo ricominciare da zero a studiare, scoprire nuovi dettagli ed approfondire il personaggio a 360 gradi.
Quanto tempo impiega per studiare un’opera?
Molto dipende dal ruolo, dalla sua complessità tecnica e rilevanza nel contesto dell’opera. Comunque a prescindere da questi aspetti dedicati al tempo, personalmente mi dedico in primis allo studio e all’analisi della fonte letteraria da cui è stato tratto il libretto per contestualizzare il personaggio e poi allo studio della parte musicale. Leggo tutta l’opera per avere la visione globale di tutti i personaggi e poi mi concentro sulla mia parte curando prima la parte tecnico/musicale e poi via via affinando sempre più il ruolo. Diciamo che tre mesi possono essere un tempo giusto per fare tutto ciò ed arrivare alle prove in teatro sentendomi preparato.
Quali sono i suoi futuri progetti artistici ?
Prossimamente il debutto nel ruolo di Ismaele in Nabucco a Bari ed il ritorno nei panni di Don Jose’ nella Carmen a Seoul.
Secondo lei l’Opera Lirica in Italia viene vista in modo diverso rispetto ad altre parti del mondo?
Assolutamente sì! In Italia, quale patria dell’opera, questo tipo di espressione artistica non viene visto solo come intrattenimento, ma come passione e quindi un mondo tutto particolare e speciale con le sue regole non scritte.
Che persona è Max Jota fuori dal palco?
Personalmente io non sento una grande differenza; quello che sono nella vita lo porto ed adatto in scena, ma fondamentalmente mi ritengo una persona di abitudini semplici, molto legato alle mie radici ed agli amici. Cerco di rendermi utile e non mi piace sprecare il mio tempo.
Se fosse su un’isola deserta, che cosa porterebbe con lei?
Dei fogli di carta bianchi ed una matita da disegno, i miei Manga (amo i fumetti giapponesi!) ed un CD di Gigi D’Alessio, che ho scoperto da poco, in quanto ho un profondo rispetto per il suo lavoro di musicista e cantautore.
Se non fosse diventato un tenore, quale sarebbe stato il suo lavoro?
Ho lasciato il mio impiego come direttore di banca per iniziare a studiare musica ed inseguire un sogno. Avrei continuato su quella strada che mi dava comunque soddisfazioni ed una tranquillità di vita.
Ci parli di un avvenimento importante che le ha cambiato la vita.
Direi due avvenimenti antitetici nella vita terrena di una persona. Le ultime parole d’amore unico e profondo a mia madre sul suo letto di morte e lo stringere per la prima volta tra le mie braccia mio figlio.
A breve siamo a Natale, cosa vorrebbe ricevere per regalo?
A rischio di sembrare retorico, ma veramente per me non vorrei nulla. Preferisco pensare alla gioia dei sogni che si realizzino per le persone che per motivi di salute, economici, di pregiudizio ed emarginazione non hanno una vita che si possa considerare tale.
Pensando all’anno nuovo, cosa si aspetta?
Che non manchi mai a nessuno forza, opportunità e possibilità per realizzare i propri desideri perché questa è una componente nel cammino per trovare la felicità.