Jesi, Teatro Pergolesi: “L’Arlesiana”

Jesi, Teatro Pergolesi, Stagione lirica 2013/2014
“L’ARLESIANA”
Dramma lirico in tre parti di Leopoldo Marenco
Musica di Francesco Cilea 
Rosa Mamai ANNUNZIATA VESTRI
Federico  DMITRY GOLOVNIN
Vivetta  MARIANGELA SICILIA
Baldassarre  STEFANO ANTONUCCI
Metifio  VALERIU CARADJA
Marco CRISTIAN SAITTA

L’Innocente RICCARDO ANGELO STRANO
Orchestra Filarmonica Marchigiana –FORM
Coro Lirico Marchigiano “V.Bellini”

Direttore Francesco Cilluffo
Maestro del coro Carlo Morganti
Regia Rosetta Cucchi
Scene Sarah Bacon
costumi Claudia Pernigotti

Luci Martin McLachlan
Nuovo allestimento in coproduzione con Wexford Festival Opera
Jesi, 27 Settembre 2013

Il teatro Pergolesi di Jesi ha inaugurato  la sua 46 esima stagione lirica, dedicata interamente al tenore anconetano Franco Corelli, nel decennale della morte, con un titolo assolutamente poco rappresentato nei teatri nazionali, L’Arlesiana di F. Cilea tratto da un lavoro di  Alphonse Daudet. Nel 1869 infatti lo scrittore e drammaturgo francese pubblicò una raccolta di novelle: Lettres de mon moulin, tra le quali anche L’Arlesiana. Un racconto che ebbe un grande successo, tale da averne una trasposizione teatrale con le musiche di scena da Georges Bizet (L’Arlésienne, 1872) e, circa trent’anni dopo,  il librettista Leopoldo Marenco e Francesco Cilea ne trarranno l’omonima opera lirica.
Nel 2011 il tenore italiano Giuseppe Filianoti ha scoperto tra le carte del compositore, custodite presso il “Museo Francesco Cilea – Casa della Cultura di Palmi”, il manoscritto di un’aria “Una mattina” per canto e pianoforte, inserita nel terzo atto (originariamente in quattro) della prima edizione de’ L’Arlesiana. Dopo la prima del 1897, di questa pagina, la Casa Sonzogno ne chiese l’eliminazione e venne quindi dimenticata. Filianoti l’ha riportato all’attenzione della stesso editore e ne ha chiesto il reinserimento. La riorchestrazione del pezzo è stata affidata al compositore Mario Guido Scappucci ed eseguita in “prima moderna” a Friburgo  nel luglio del 2012 e successivamente, nell’ottobre del 2012, durante le rappresentazioni dell’opera al Wexford Festival Opera e ora, in prima assoluta nazionale, la si è ascoltata al Pergolesi di Jesi.
Le scene di Sarah Bacon sono assolutamente lo specchio del turbamento emotivo del protagonista. Federico è un uomo scisso, fragile ed assolutamente ossessivo con fortissime dipendenze affettive nel femminino. Primo ed in assoluto quello più letale nei confronti di una madre incapace di amarlo in modo sano ed equilibrato facendo trapelare da parte del giovane un complesso edipico mai risolto. Successivamente nei confronti di una donna, l’Arlesiana, da una personalità volitiva e superficiale, ma che non comparendo per volontà del compositore mai in scena appare spesso come la proiezione carnale di un desiderio più che una realtà concreta e tangibile. Verrebbe alle volte da pensare se mai questa Arlesiana sia mai esistita oppure sia il frutto di una sorta di allucinazione di massa. Un viaggio intimo proiettato e sublimato in scena attraverso strutture spettrali ed  esterni di edifici borghesi e freddi ed interni da manicomio del secolo scorso, con tagli di luce inquietanti ed evocativi di ambienti totalmente anaffettivi. Registicamente, Rosetta Cucchi  riesce a penetrare questo mondo interiore deviato guidando  i protagonisti attraverso  movimenti scenici alle volte poco fluidi e ieratici ed alle volte esageratamente sinuosi e disinvolti, creando  spesso quel  controtempo in scena rispetto alla musica in buca che è riuscito a garantire al pubblico quella sensazione di inquietudine e frustrazione dei personaggi. I cupi e tendenzialmente monocromatici  costumi di  Claudia Pernigotti e le luci di Martin MacLachlan si sono perfettamente integrati nella visione cupa dell’opera.
Da un punto di vista musicale va lodata la volonterosa concertazione del M° Francesco Cilluffo e gli sforzi considerevoli dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana che con pochissime prove sono riusciti a dare una lettura dell’opera complessivamente equilibrata. Si è colta la ricerca di un certo gusto e incisività, anche se, talvolta certe sonorità erano eccessivamente ridondanti.
Nei panni di Federico si è prodotto il tenore Dmitry Golovnin. La sua una prova assolutamente degna di nota, che ha avuto il massimo del consenso dopo il celebre “Lamento di Federico”. Attore convincente e intenso, Golovnin ha altresì messo in luce una voce vigorosa anche se non sempre duttile, in particolare nel registro acuto. Come Rosa Mamai, Annunziata Vestri si è mostrata scenicamente ineccepibile, pur dovendo interpretare  una donna confusa, dal carattere complesso e non sempre ben definito. La sua interpretazione ha mostrato degli accenti di “pietas”emersi chiaramente nel suo celebre assolo Esser madre è un inferno (atto III), dove il mezzosoprano ha potuto mettere in luce al meglio il suo bel timbro vocale. Non sempre ben controllato ci è parso invece il registro acuto. Il soprano cosentino Mariangela Sicilia (Vivetta) è sin da subito riuscita a cogliere tutte le nuance del personaggio, con  una presenza scenica e capacità attoriali più che convincenti e con una vocalità solida, duttile nell’emissione e accurata nel fraseggio, sempre pertinente alla statura drammatica del personaggio.
Mefisto era il moldavo Valeriu Caradaja. Dotato di una voce pastosa, sicura nell’intonazione e di ottime capacità attoriali ha saputo delineare un personaggio teatralmente credibile. Più alterna la prova di Stefano Antonucci (Baldassarre) che ha palesato una certa stanchezza vocale, compensata da una comunque solida professionalità e da una partecipe e intensa adesione al ruolo. Completavano il cast  l’efficace Marco di Cristian Saitta e l’ottimo Innocente di Riccardo Angelo Strano.
Piuttosto opaca la prova del Coro Lirico Marchigiano, diretto dal Maestro Carlo Morganti, con interventi alquanto disomogenei e incerti. Una serata “no” per una compagine che ha sempre mostrato una professionalità ed una preparazione esemplari.  Il pubblico ha assistito allo spettacolo con ammirata attenzione, gratificando tutti gli interpreti con calorosi consensi. Foto Binci © Teatro Pergolesi di Jesi