La Messa in si minore di Bach al Lingotto di Torino

Torino, Auditorium “Giovanni Agnelli” del Lingotto – Lingottomusica 2016-2017
Akademie für Alte Musik Berlin
Windsbacher Knabenchor
Direttore Martin Lehmann
Soprano Nuria Rial
Mezzosoprano Rebecca Martin
Tenore Markus Schäfer
Basso Thomas Laske
Johann Sebastian Bach: Messa in si minore per soli, coro e orchestra BWV 232
Torino, 3 aprile 2017

Un coro maschile di quasi ottanta cantori, bambini o adolescenti, da quelli alti come un soldo di cacio a uomini fatti; i più piccini con papillon, i grandi con professionale e severa cravatta: è il Windsbacher Knabenchor, fondato nel 1946 e diretto dal 2012 da Martin Lehmann, uno dei complessi di voci bianche più importanti e qualificati di tutta la Germania e del mondo; congiunto alla Akademie für Alte Musik Berlin presenta al pubblico dei Concerti del Lingotto una delle pagine più composite e affascinanti dell’intero repertorio liturgico, la Messa in si minore BWV 232. Concerto già proiettato in paschali tempore, non soltanto riesce molto gradito, ma addirittura infiamma l’entusiasmo del pubblico torinese fino all’urlo e all’acclamazione, rivolti ai bambini e alla loro straordinaria bravura. Il coro si rivela in effetti l’elemento di punta dell’esecuzione, perché il numero elevato di voci bianche, e dunque la moltiplicazione dei timbri individuali, tutti diversi a causa delle diverse età dei coristi, forgia un timbro complessivo di ineguagliabile ricchezza armonica. Quando poi al supporto orchestrale degli archi si aggiungono anche i fiati (legni e ottoni, come nel Gloria) la cangiante varietà coloristica del coro si fa ancora più accentuata. Impeccabile Martin Lehmann nella concertazione e nell’attenzione che divide equamente tra strumentisti, coristi e solisti vocali; è un direttore capace di approfondire anche i momenti di raccordo tra le varie sezioni (come attorno al «Qui tollis peccata mundi», in cui al salmodiare del coro si contrappongono disegni più nervosi dell’orchestra); in tutta la Messa, d’altra parte, Bach accosta e inserisce forti dissonanze, suggerendo una non perfetta sovrapponibilità di tipologie compositive storicamente molto differenziate: l’opera, più che un’antologia personale, sembra la trasposizione corale e liturgica dei Klavier-Übungen, ossia una sorta di “altro eserciziario” che sistematicamente  esplora, accosta e compara gli stili dell’arte sacra. Così, è un susseguirsi di citazioni, auto-riscritture, parafrasi, metafrasi, tra musica schiettamente luterana e stilemi cattolici, non senza qualche cenno ironico o indulgente alla tradizione del passato. La presenza del gregoriano antico in corrispondenza dell’attacco del Credo è forse la provocazione più macroscopica, ma il caleidoscopico degli stili tocca l’apice nel coro conclusivo dello stesso Credo («Et exspecto resurrectionem mortuorum»), in cui Bach guarda molto più a Haendel che, per esempio, al proprio Oratorio di Pasqua. Come accade spesso nei concerti dedicati alla musica sacra, alla perfezione qualitativa di orchestra e coro non corrisponde purtroppo un’analoga preparazione dei solisti; persino questa volta il quartetto vocale si dimostra inadeguato alla prova dei fatti: il soprano Nuria Rial ha voce scialba, priva di corpo e di proiezione (difetti che si percepiscono sin dall’iniziale «Laudamus te»). Markus Schäfer, pur essendo sulla scena internazionale da molti anni e vantando un repertorio assai vasto, è un tenore dalla voce insoddisfacente: il suo profilo vocale resta difficilmente qualificabile quanto a omogeneità del timbro e coerenza della linea di canto; gli unici elementi a suo favore sono il fraseggio e l’espressività, ossia la traduzione dell’enfasi in accorgimenti canori, a volte discutibili ma efficaci. Qualche barlume di armonici è nella voce del mezzosoprano Rebecca Martin, che tuttavia tende a perdere l’intonazione, calando durante le messe di voce. Thomas Laske è un cantante corretto, ma si farebbe fatica a identificarne il registro, lo spessore e l’autorevolezza vocali richiesti a un basso; del resto, in tutta la Messa interviene soltanto in due numeri. Ma perché – siamo obbligati a chiederci un’altra volta –  anche le più grandi istituzioni musicali oggi si preoccupano così poco per le voci soliste in occasione dei concerti di musica sacra? Con il pregiudizio che le grandi voci siano da riservare esclusivamente al repertorio teatrale, assisteremo sempre più a concerti disomogenei nell’esito qualitativo: straordinario per orchestra e coro, mediocre per la singola voce, sebbene proprio a essa siano affidati i momenti più lirici e meditativi, come accade nella Messa in si minore di Bach.   Foto Lingottomusica