“L’elisir d’amore” al Carlo Felice di Genova

Teatro Carlo Felice di GenovaStagione Lirica 2014/2015
“L’ELISIR D’AMORE”
Melodramma in due atti. Libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Adina ANNA MARIA SARRA
Nemorino PIETRO ADAINI
Belcore MARCO BUSSI
Il Dottor Dulcamara ALFONSO ANTONIOZZI
Giannetta SARA CAPPELLINI MAGGIORE
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Alvise Casellati
Maestro del Coro  Pablo Assante
Regia Filippo Crivelli
Assistente alla regia Carlo Cinque
Costumi  Santuzza Calì
Assistente ai costumi  Paola Tosti
Scene Lele Luzzati
Luci  Luciano Novelli
Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, 1994
Genova, 9 ottobre 2014

Nei minuti della seconda tragica alluvione, al Teatro Carlo Felice di Genova andava in scena lo spettacolo d’apertura della nuova stagione lirica, ossia Lelisir damore. In più momenti l’intera compagine musicale è stata addirittura sovrastata dall’incessante e violentissima caduta della pioggia, oltre che dai fragorosi tuoni. Non è pertanto difficile immaginare come ben pochi abbiano sfidato il maltempo riempiendo nemmeno per metà l’immensa platea del Teatro (col senno di poi possiamo dire: fortunatamente, dal momento che qualunque persona si fosse trovata fuori casa in quelle ore avrebbe corso pericolo). Prima dello spettacolo, è stato letto al pubblico un comunicato nel quale i complessi artistici del teatro hanno espresso piena solidarietà ai colleghi dell’Opera di Roma, denunciando, oltre alla ben nota situazione nazionale degli enti lirici, anche una certa campagna mediatica di demonizzazione delle compagini musicali. Campagna che, a giudicare da alcuni fischi piovuti a più ripresa dalla poco folta platea, sembra abbia avuto successo; in realtà, preferiamo pensare che quei fischi fossero indirizzati alla prolissità ed alla lentezza di lettura del comunicato che, bisogna ammetterlo, è stato piuttosto tediante per un pubblico che aspettava Donizetti. Nella generale atmosfera plumbea, ci ha provato proprio lui, Donizetti, a rasserenare gli animi, grazie alla ripresa di un allestimento ormai storico per il teatro, risalente a 20 anni fa e portante le firme di Lele Luzzati alla scenografia, Santuzza Calì ai costumi e Filippo Crivelli alla regia. L’impianto registico, pensato nel solco della più solida tradizione Crivelliana, se da un lato non rappresenta certo una novità (siamo alla quarta ripresa), ha il pregio di lasciare che tutta la vicenda scorra in maniera pulita, mai volgare e soprattutto in perfetta aderenza alla partitura. L’immagine più suggestiva della serata è senza dubbio la prima che si presenta allo spettatore all’apertura del sipario: uno sfondo dai colori caldi e tenui e nient’altro che una sedia a dondolo, sulla quale è poggiato un libro (scopriremo poi trattarsi delle vicende della Regina Isotta), chiaro rimando alla dimensione rustica e favolistica in cui il regista (ma probabilmente anche l’autore) ha immaginato la storia. È tuttavia il dondolìo di questa sedia, che ci suggerisce che qualcuno vi fosse seduto appena prima che il sipario s’aprisse, a rendere perfettamente l’idea di una staticitàche in realtà non è tale e di una vivacità intrinseca in perfetta sintonia col preludio orchestrale. In linea con tale interpretazione, la scenografia si presenta con fattezze squisitamente bidimensionali, con alberi mobili che nel primo atto compongono la scena e tra i quali spunta il grande armadio del Dottor Dulcamara, vera perla artistica della mano luzzatiana. In quest’ambientazione volutamente naïf, hanno dato buona prova attoriale tutti gli interpreti, evidenziando tuttavia sul lato musicale alcune carenze. Occorre innanzitutto ricordare la giovanissima etá dei cantanti, provenienti dall’Ensamble Opera Studio promossa dal teatro stesso (eccezion fatta, naturalmente, per Alfonso Antoniozzi), progetto che si propone di supportare nuovi talenti musicali, ma che permette anche alla produzione di realizzare allestimenti a costo ridottissimo.
Pietro Adaini, 22 anni appena, difficilmente potrà dimenticare la serata del suo debutto come Nemorino su un grande palcoscenico, in cui ha concesso addirittura il bis della “furtiva lagrima”. La performance di questo giovane tenore siciliano è stata convincente più che sul piano vocale, su cui restano da limare diversi aspetti, sul versante scenico, poiché risulta a tutti gli effetti un’interpretazione vera: un po’ impacciato e con fiati corti per l’emozione durante la prima aria, trova via via, quasi bevesse realmente il magico liquore, fiducia e sicurezza nel procedere dell’opera. Si assiste pertanto ad un’evoluzione dell’interprete che rispetta appieno, per spontaneità e naturalezza, quella del personaggio. In generale, l’intera tecnica vocale avrebbe bisogno di una pulizia dai quei suoni nasali tanto comuni a questo tipo di voci acute tipiche del sud Italia. Anna Maria Sarra è stata un’Adina scenicamente credibile, musicalmente precisa, dotata di bel timbro nobile ma con voce a tratti un po’ piccola ed imbrigliata. Da apprezzare la misura nella resa del personaggio, spesso impersonato da altri con movimenti e smorfie da coquette ed interpretato qui invece secondo quella linea di spensierata sobrietà che pervade tutta l’opera.
Problemi per il Belcore di Marco Bussi, che non riesce a far corrispondere ad una convincente immagine di spavaldo miles gloriosus altrettanta prestanza vocale, in ragione prevalentemente di un’emissione che privilegia suoni fastidiosamente nasali già nel registro centrale. In conseguenza di ciò, gli acuti della partitura (nemmeno acutissimi, in verità) risultano faticosi e stimbrati. Simpatica e corretta la Giannetta di Sara Cappellini Maggiore. Tra tutte queste nuove leve, si inserisce in maniera sì un po’ eterogenea, ma in fondo determinante, Alfonso Antoniozzi nei panni del ciarlatano Dottor Dulcamanara. Va da sé che anni ed anni di esperienza sul palcoscenico lo pongano più di un gradino sopra tutti, per presenza scenica disinvolta e verve comica. Una figura trascinante, che riesce a far passare in secondo piano una prova vocale asservita sì tanto alla recitazione da risultare infine non ineccepibile, non sempre fedele alla partitura e con qualche suono un po’ sguaiato. Particolare menzione ancora una volta per Luca Alberti, esilarante Moretto.
Dal golfo mistico, Alvise Casellati opta per una direzione dai tempi vivaci, non riuscendo però ad ottenere dall’orchestra la ricchezza di dinamiche e colori necessaria alla resa migliore della partitura; i passi più concitati, inoltre, hanno evidenziato sfasature frequenti ed in generale un’esecuzione troppo raffazzonata. L’eliminazione di gran parte del magnifico concertato che segue “Io già m’immagino“, piùche un taglio è uno sfregio, mentre non condividiamo l’esecuzione del bis dell’aria del tenore: nell’Elisir, più che in altri titoli, l’autore è riuscito a bilanciare l’intera impostazione comica dell’opera con tre momenti patetici (“Adina credimi”, “Una furtiva lagrima”, “Prendi, per me sei libero”). La ripetizione di uno di essi altera irrimediabilmente l’equilibrio drammaturgico della vicenda. Anche il coro (preparato da Pablo Assante), apprezzabile per dinamiche ed interpretazione, ha risentito di qualche insicurezza del direttore risultando non sempre preciso nei frangenti più movimentati.
Uno spettacolo, questo Elisir, nel complesso decisamente gradevole, di cui purtroppo ma comprensibilmente, a causa dei ben noti dissesti climatici, assisteranno assai in pochi.