L’opera in 90 minuti: “La Sonnambula” di Vincenzo Bellini

Torino, Educatorio della Provvidenza – Auditorium Orpheus
“LA SONNAMBULA”
Melodramma in due atti su libretto di Felice Romani.
Musica di Vincenzo Bellini
Amina  ALESSANDRA SASSI
Elvino  ALEJANDRO ESCOBAR
Rodolfo  GABRIELE BOLLETTA
Pianoforte  Sergio Merletti
Dall’ Atto primo: «Care compagne… Come per me sereno… Sopra il sen la man mi posa» (Amina); «Prendi, l’anel ti dono… Ah, vorrei trovar parola» (Elvino, Amina); «Vi ravviso, o luoghi ameni… Tu non sai con quei begli occhi» (Rodolfo); «Elvino, e me tu lasci… Son geloso del zefiro errante» (Amina, Elvino); «Che veggio?… Oh, come lieto è il popolo» (Amina, Rodolfo).
Dall’Atto secondo: «Tutto è sciolto… Pasci il volto e appaga l’alma… Ah, perché non posso odiarti» (Elvino, Amina); «Oh, se una volta sola… Ah! Non credea mirarti… Ah, non giunge uman pensiero» (Amina, Elvino, Rodolfo).
Torino, 30 settembre 2013
A chi domandasse che fine abbiano fatto il praticantato vocale, l’umile esercizio di tirocinio della voce, il collaudo paziente del repertorio e della sicurezza tecnica di un giovane cantante, si potrebbe rispondere con l’indicazione di un esempio da seguire nel ciclo delle “Aurore musicali” di Torino: «Lezioni-concerto per capire e amare la musica», con la direzione artistica di Marco Leo e di Antonella Lo Presti. Nell’ambito della ricca rassegna, condotta con impeccabile professionalità dai direttori artistici e dagli esecutori, Marco Leo prosegue un’iniziativa fondata da Walter Baldasso (l’instancabile organizzatore musicale scomparso nel 2010), ossia di proporre “L’opera in 90 minuti”: un titolo celebre del repertorio melodrammatico, in selezione per un gruppo di cantanti accompagnati al pianoforte. La sonnambula di Vincenzo Bellini si presta assai bene alla riduzione antologica, ma è titolo di tale impegno belcantistico da spaventare i cantanti, e da generare perplessità preventiva negli ascoltatori. Al contrario, la serata all’Auditorium Orpheus è stata decisamente positiva grazie alla solida preparazione degli artisti impegnati, e al lavoro accurato degli organizzatori.
Delle tre voci – tutte e tre interessanti – quella di Alessandra Sassi è la più esposta ai virtuosismi e alle difficoltà del belcanto belliniano; il giovane soprano si disimpegna bene, forte com’è di una voce caratterizzata da buoni armonici, specie nel registro centrale. Ma il dato veramente ammirevole è la costante intonazione, che le permette di curare il fraseggio e la linea di canto, differenziata a seconda dello stato d’animo della protagonista. In «Sovra il sen la man mi posa» è molto precisa nella coloratura e nei trilli, così come riesce espressiva e perfettamente convincente nei momenti di sonnambulismo. La Sassi si è laureata nel 2008 presso il Conservatorio di Torino, e da undici anni studia sotto la guida del soprano Silvana Moyso. Per una cantante così giovane e così dotata lo studio deve certamente proseguire: una volta ammorbidita l’emissione delle note acute (alcune puntature risultano al momento un poco acerbe) diventerà un’Amina degna dell’attenzione dei grandi teatri. Ne è prova il modo in cui affronta l’improba scena finale: dalla dolente allucinazione di «Ah! non credea mirarti» la Sassi attacca nel tempo giusto la cabaletta «Ah, non giunge uman pensiero», corredata di tutte le variazioni nella ripresa da capo, e soprattutto dei mi bemolle acuti, sostanziosi e bene intonati.
Alejandro Escobar è un artista vincitore di numerosi concorsi vocali, sin dai primi anni Duemila, e affronta il ruolo di Elvino con piglio marcato, addirittura grandioso per uno spazio così minuto come l’Auditorium Orpheus. Ha voce di autentico tenore lirico, con cavata robusta e bruniture nel timbro, inflessione costantemente virile, intonazione corretta ed emissione gagliarda. Anzi, a volte il problema è dominare questa voce così grande, e saperla alleggerire con intento espressivo (come nell’attacco di «Prendi, l’anel ti dono», subito cantato forte). Un’emissione debitamente ingentilita, del resto, permetterebbe altresì al tenore di affrontare più agevolmente le note acute, alcune delle quali al momento risuonano un poco fibrose. Anche nella scena del II atto l’attacco di «Tutto è sciolto» è leggermente opaco, e acquisisce subito una sonorità potente. Oggi, però, un Elvino interamente costruito sullo sforzo muscolare risulterebbe poco plausibile; e poi un cantante dalla voce così fluida e corretta come Escobar non ha neppure bisogno di esibirne troppo sovente il volume naturale.
Gabriele Bolletta è musicista concentrato sul canto da circa dieci anni: il timbro elegante (più baritonale che di autentico basso) gli permette di affrontare «Vi ravviso, o luoghi ameni» con sicurezza, e di entrare subito in empatia con il pubblico; forse alcune note acute non sono emesse con la dovuta sicurezza, ma l’ambigua immaturità del conte Rodolfo è resa assai bene. A proposito di recitazione, va detto che tutti e tre gli artisti non si limitano al canto, ma dimostrano spigliatezza e coinvolgimento attoriali molto naturali ed efficaci: sul palcoscenico dell’Orpheus non si sente per nulla la mancanza di scene e costumi.
Una nota di encomio per Sergio Merletti, giovane e talentuoso pianista diplomatosi al Conservatorio di Torino, ormai esperto nel repertorio tardo-romantico e nelle difficili parafrasi lisztiane: è anche accompagnatore provetto, dal tocco leggero ed elegante; e tali caratteri sono evidentemente indispensabili per guidare i cantanti nelle ampie volute delle melodie belliniane. Il momento migliore della serata coincide con il trionfo del belcanto, ossia la seconda parte del duetto tra soprano e tenore, «Son geloso del zefiro errante». All’ascolto non ci sono dubbi: due voci del genere sono degne di un grande teatro di tradizione.