Marian Anderson, una voce per la libertà

Voglio ricordare qui una cantante che ha simboleggiato, nel campo della musica classica, la conquista dei diritti civili da parte degli afroamericani. Marian Anderson nacque a Philadelphia il 27 febbraio 1897. Suo nonno era nato schiavo ed era stato testimone dell´emancipazione dei neri dopo la Guerra di Secessione. Cominció a cantare nel coro di una chiesa battista a sei anni di etá e in seguito, dopo aver terminato gli studi superiori, le venne negata l´ammissione alla Philadelphia Music Academy a causa della sua razza.
Il direttore  della sua scuola superiore si offrì di aiutarla e in questo modo la Anderson potè proseguire gli studi privatamente con Giuseppe Boghetti e Agnes Reyfsnyder, grazie anche al sostegno di tutta la comunità nera di Philadelphia. Nel 1925 la Anderson fece il suo debutto con la New York Philharmonic Orchestra e tre anni dopo esordiva alla prestigiosa Carnegie Hall. Seguirono numerose tournées in Europa, dove la sua carriera poteva svilupparsi al riparo dei pregiudizi razziali vigenti negli USA. Durante una di esse, la cantante ebbe modo di farsi ascoltare da Arturo Toscanini che la definí “una voce di quelle che nascono una volta in ogni secolo”. Durante un giro di concerti in Finlandia potè incontrare Jean Sibelius, che rimase anche lui profondamente colpito dalla sua voce e scrisse per lei una serie di Lieder.
Nel 1939 la Anderson doveva esibirsi a Washington.Nella capitale, a quel tempo, era ancora in vigore la segregazione razziale nei luoghi pubblici e nei teatri. Per questo motivo il prestigioso circolo “Daughters of the American Revolution” rifiutó di concedere per la serata la Constitution Hall, in quanto riservata solo ai bianchi. Immediatamente Eleanor Roosevelt,la moglie del Presidente Franklin D. Roosevelt, rassegnó le dimissioni dall´associazione insieme a centinaia di altri soci. Con la collaborazione dello stesso presidente degli Stati Uniti, il manager dell´artista, il celebre Sol Hurok, e Walter White, segretario della NAACP (National Association for Advancing Coloured People) convinsero il Segretario agli Interni Harold L. Ickes a concedere l´uso dello spiazzo davanti al Lincoln Memorial.
La domenica di Pasqua del 1939 Marian Anderson, accompagnata dal pianista finnico Kosti Vehanen (suo accompagnatore abituale e insegnante vocale per molti anni), teneva il suo recital davanti a un pubblico di oltre 75000 persone, oltre a milioni di ascoltatori che seguirono l´evento per radio. Come rivincita, nel 1943 la cantante venne finalmente invitata a esibirsi sul palco della Constitution Hall, per un concerto a favore della Croce Rossa americana, organizzato proprio dall´associazione che l´aveva respinta quattro anni prima, e davanti a un pubblico multirazziale.
La Anderson proseguí poi la sua trionfale carriera di concertista fino ad abbattere un´altra barriera razziale. Il 7 gennaio 1955, infatti, divenne la prima cantante afroamericana della storia ad esibirsi al Metropolitan di New York, nel ruolo di Ulrica nel “Ballo in maschera” , su invito del General Manager del teatro Rudolf Bing e sotto la direzione del grande Dimitri Mitropoulos. Negli anni successivi la cantante viaggió in tutto il mondo come “Godwill ambassador” del governo degli Stati Uniti e fu nominata dal presidente Eisenhower delegato ufficiale alle Nazioni Unite nel comitato per i diritti umani.
Il 20 gennaio 1961 la Anderson fu invitata a cantare alla cerimonia d´insediamento del presidente John F. Kennedy e nel 1963 cantó alla marcia di Washington per i diritti civili prima del celebre discorso tenuto da Martin Luther King. Insignita delle massime onorificenze da parte del governo americano come la Presidential Medal of Freedom, nonché di numerosi altri riconoscimenti civili e accademici, Marian Anderson morí a Portland l´8 aprile 1993.
Marianna Farm, la sua residenza di Danbury, dopo la sua scomparsa venne trasformata in un museo a lei dedicato. Un altro museo è presente nella casa natale dell´artista a Philadelphia, a cura della “Marian Anderson Historical Society”.

Figura storica, e non solo per motivi musicali, la Anderson
possedeva una delle piú affascinanti voci di contralto mai ascoltate sulla scena.
Come testimoniano le numerose incisioni discografiche disponibili, possedeva un timbro di grande fascino, messo in rilievo da una tecnica eccellente e con quelle affascinanti screziature di sensualità cha da sempre caratterizzano le voci delle artiste di colore.
Tra tutte le sue registrazioni, consiglierei senz´altro a chi non conoscesse ancora questa voce straordinaria la Rapsodia per contralto di Johannes Brahms, incisa sotto la direzione di Pierre Monteux.
Purtroppo, negli anni migliori della sua carriera declinò sempre gli inviti ad esibirsi sulle scene teatrali, adducendo come motivo la sua inesperienza in materia di recitazione, ma le sue incisioni di brani operistici appartengono agli esiti massimi della discografia di tutti i tempi e la pongono senza dubbio tra le più grandi artiste del Novecento.
Il grande tenore Giacomo Lauri Volpi, nel suo libro “Voci parallele”, la cita come una delle cinque “voci isolate” della storia del canto, dalle caratteristiche talmente inconfondibili da non potersi paragonare con nessun´altra. Ma, come ripeto, il motivo che mi ha spinto a ricordarla in questa sede é  anche il fatto che la carriera di Marian Anderson é stata senz´altro una delle circostanze fondamentali nel processo evolutivo di integrazione razziale che ha portato, nel corso degli anni, un esponente della razza afroamericana ad essere eletto alla massima carica della nazione piú potente del mondo.