Metropolitan Opera:”Orfeo ed Euridice”, “Il Trovatore”, “Rigoletto”

Ney York, Metropolitan Opera, stagione lirica 2010 / 2011
“ORFEO ED EURIDICE”

Azione teatrale in tre atti su libretto di Ranieri de’ Calzabigi
Musica di Christoph Willibald Gluck
Orfeo DAVID DANIELS
Euridice KATE ROYAL
Amore LISETTE OROPESA
Direttore Antony Walker
Maestro del Coro Donald Palumbo
Regia e coreografia Mark Morris
Scene Allen Moyers
Costumi Isaac Mizrahi
Luci James F.Ingalls
New York, 29 aprile 2011
“IL TROVATORE”
Dramma in quattro parti su libretto di Salvatore Cammarano, dalla tragedia El Trovador di Antonio Garcìa-Gutiérrez.
Musica di Giuseppe Verdi
Il Conte di Luna DMITRI HVOROSTOVSKY
Leonora SONDRA RADVANOVSKY
Azucena DOLORA ZAIJCK
Ferrando STEFAN KOCAN
Ines MARIA ZIFCHAK
Ruiz EDUARDO VALDES
Un vecchio zingaro ROBERT MAHLER
Un messaggero RAYMOND APARENTADO
Direttore Marco Armiliato
Regia David McVicar
Scene Charles Edwards
Costumi Brigitte Reiffenstuel
Luci Jennifer Tipton
New York, 30 aprile 2011
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma Le roi s’amuse di V.Hugo.
Musica di  Giuseppe Verdi
Il duca GIUSEPPE FILIANOTI
Rigoletto ZELIKO LUCIC
Gilda DIANA DAMRAU
Maddalena NANCY-FABIOLA HERRERA
Sparafucile STEFAN KOCAN
Coro e Orchestra del Teatro Metropolitan di New York
Direttore Fabio Luisi
Regia Otto Schenk
Scene e costumi Zack Brown
Luci Gil Wechsler
New York, 29 aprile 2o11

L’ultima riproposizione del Met di Orfeo ed Euridice ha debuttato lo scorso 29 aprile. La produzione, diretta da Mark Morris, ha un ritmo serrato. L’opera è rappresentata  senza intervalli, ogni secondo è sembrato pieno di movimento. La scena di Allen Moyer si apriva, si chiudeva, cambiava e girava. Sfortunatamente però era piuttosto rumoroso, e si notava in particolar modo perché la musica di Gluck, al contrario, è tutt’altro che fragorosa. La scalinata che scende e risale aveva senso nel far progredire il dramma, ma finiva col creare semplicemente troppo rumore risultando quindi solo fastidiosa. Le luci erano semplici e discrete. Il ballo aveva delle linee eleganti, ma a talvolta era piuttosto rumoroso anch’esso.  Gradevoli i costumi creati  da Isaac Mizrahi per Orfeo ed Euridice, mentre il coro appariva alquanto  dimesso. Amore e la maggior parte dei ballerini vestivano banali ed ordinari capi d’abbigliamente, alcuni con paillettes, che sembravano tutti coordinati. Non si è compreso l’uso dei tessuti paillettati.
Nel suo debutto al Met, Antony Walker ha diretto l’orchestra  in modo partecipe e con un gran senso del ritmo…anche troppo: ci sono stati momenti in cui i musicisti sono sembrati sul punto di perdere il controllo. Ottimi per chiarezza e precisione gli interventi del coro. Nel ruolo di Euridice, Kate Royal (Euridice), al suo debutto al Met, ha rivelato una voce omogenea, non particolarmente corposa, ma perfettamente udibile nell’ampio teatro. Lisette Oropesa (Amore) dopo un inizio un po’ timido, forse anche dovuto al fatto che  è entrata  sospesa e attaccata al soffitto, ha avuto dei momenti di pura grazia. Infine  David Daniels ha mostratto una bella linea di canto,  vocalizza con precisione e la sua interpretazione è partecipe e calorosa, culminante una  commovente “Che farò senza Euridice”.

L’ultima recita de Il Trovatore al Met è stata una matinée, sabato 30 aprile. Avendo già assistito diverse volte alla produzione,  in versione “Goya”, di David McVicar a San Francisco, è sembrato più appropriato puntare direttamente all’interpretazione della serata, per altro abbastanza discontinua. Il direttore Marco Armiliato ha fatto sembrare l’orchestra  esargitata. Tempi frenetici, il che non vuol dire una vera intensità drammatica, in un impasto sonoro che ha  mostrato poca attenzione alle atmosfere notturne e anche alle ragioni del canto. Stefan Kocán è stato un Ferrando asciutto, ma di buon volume. Ci sono stati problemi nell’udire distintamente  Maria Zichak nel suolo di Inez mentre cantava con Sondra Radvanovsky, la quale è stata una Leonora di grande partecipazione emotiva e ha saputo anche superare le intemperanze dell’orchestra. Dmitri Hvorostovsky (Conte di Luna) ha messo in luce un timbro gradevole ma anche una linea di canto discontinua e  ansimante. Marcelo Álvarez è stato un Manrico per  nulla eroico, anzi decisamente lamentoso e in affanno (ad esempio in  “Ah, sì ben mio…”). Dolora Zajick ancora una volta è stata una Azucena impressionante nel suo caratterizzare il folle delirio della zingara  senza cadere mai in eccessi espressivi.

Anche la  recita di Rigoletto della sera del 30 aprile, non è stata all’insegna dell’eccellenza. Da un lato, Diana Damrau ha dato a Gilda un’interpretazione straordinaria, riuscendo a mostrare l’evoluzione psicologica della giovane: dalla iniziale virginale dolcezza alla dolorosa consapevolezza che la porta alla morta. Ha incarnato il personaggio con completa convinzione. La sua esecuzione di “Caro nome” è stata ineccepibile. Dall’altro lato, il Duca  di Giuseppe Filianoti, ha lasciato molto a desiderare. La voce, perennemente spinta,   nella vana speranza di raggiungere gli acuti.  Ci dispiace  dire affermare che lo sforzo durante “La donna è mobile” è stato doloroso e il successivo  quartetto ancora peggio. È stato paurosamente piatto e con una intonazione alquanto dubbia. Il Rigoletto di  Željko Lučić è stato caratterizzato da  una voce calda e rotonda con delle belle sonorità., volume omogeneo  senza forzature. Per quanto riguarda l’interpretazione, le sue movenze non davano molto l’idea che avevamo davanti un buffone gobbo ma è stato comunque convincente : nell’ultimo duetto è stato commovente e lui ha decisamente dato il suo contributo. La Maddalena di Nancy Fabiola Herrera non mostra certo una vocalità contraltile, durante il quartetto è stata alquanto adombrata ma ha comunque affrontato il ruolo senza inuitili forzature. Stefan Kocán, che poche ore prima aveva cantato Ferrando nel  Trovatore è stato uno Sparafucile convincente. Una nota particolare per il Monterone di  Quinn Kelsey.  A lui forse uno dei momenti migliori per quanto riguarda  la prima scena, per la  notevole foza  vocale, ricchezza e omogeneità timbrica.
Fabio Luisi ha diretto l’orchestra come se fosse pressato da appuntamenti del dopo spettacolo o non vedesse l’ora di tornarsene a casa.  Molti i momenti di sfasamento tra orchestra, cantanti e coro.  La sensazione di caos era decisamente evidente e fuorviante!