Milano, Teatro alla Scala: “Don Giovanni”

Milano, Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2016/2017
“DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni THOMAS HAMPSON
Il Commendatore TOMASZ KONJECZNY
Donna Anna HANNA-ELISABETH MÜLLER
Don Ottavio BERNARD RICHTER
Donna Elvira ANETT FRITSCH
Leporello LUCA PISARONI
Masetto MATTIA OLIVIERI
Zerlina GIULIA SEMENZATO
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Paavo Järvi
Maestro del Coro Bruno Casoni
Maestro al cembalo James Vaughan
Regia Robert Carsen
Scene Michael Levine
Costumi Brigitte Reiffenstuel
Luci Robert Carsen e Peter van Praet
Coreografia Philippe Giraudeau
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 17 maggio 2017  
Il Don Giovanni che divise pubblico e critica sei anni fa in occasione dell’inaugurazione meneghina della Stagione 2011/2012, torna oggi con successo sulle tavole del Piermarini riproponendosi con un cast di primo livello totalmente rinnovato. Lo spettacolo concepito da Robert Carsen, così apparentemente scarno e minimalista, è in realtà un sofisticato gioco metateatrale coerente e raffinato, che offre il fianco a più livelli di lettura nel segno dell’astrazione e dell’atemporalità. L’allestimento è concepito come una struttura “a matrioska” in cui si va a creare un sistema ambiguo di teatro nel teatro tale da mettere in discussione il sottile confine tra realtà e finzione, trasformando i protagonisti del capolavoro mozartiano in attori e al contempo spettatori – insieme a noi – di ciò che accade. Si va a creare una sorta di vortice che ha un unico punto di convergenza: Don Giovanni. Il dissoluto (im)punito è il nucleo, deus ex machina, protagonista e regista da cui tutto dipende. Una sorta di “centrale di energia”, scriveva Kierkegaard, da cui tutti attingono la vita. E per tutti non si intendono solo gli altri protagonisti del dramma giocoso, ma anche noi spettatori, irrimediabilmente sedotti al pari degli altri personaggi da questa irresistibile energia vitale. E così, sulle note dell’ouverture, Don Giovanni ci osserva, strappa il sipario e rivela un enorme specchio che ci riflette e ci cattura immergendoci nel suo mondo. È la porta d’accesso di quel continuum che si crea tra la sala e il palcoscenico, colonna portante della lettura carseniana di questo mito senza tempo. Perfettamente funzionali in tal senso sono le scene di Michael Levine, ampi pannelli semoventi sui quali sono fedelmente riprodotti scorci del palco scaligero (dal sipario, al proscenio, al backstage), che si avvicendano sul palco in suggestive sovrapposizioni e illusioni prospettiche. In scena domina il colore rosso, dalle riproduzioni del sipario ai bei costumi firmati da Brigitte Reiffenstuel (da segnalare il notevole impatto visivo della scena total red che – citando il capolavoro di Kubrick Eyes Wide Shut – dà vita alla festa in maschera che chiude l’atto primo). L’Orchestra del Teatro Alla Scala è nelle mani della bacchetta estone di Paavo Järvi, che ha il merito di mantenere sempre con polso la coesione tra buca e palcoscenico, pur non entusiasmando a livello di colori e dinamiche. Una lettura tendente al sinfonico, rispettosa e misurata, ma che non sembra assumere la forma né del dramma né del gioco e si perde in una sostanziale monotonia. Ma torniamo sul palco. Appurato che tutto e tutti gravitino attorno alla figura centrale di Don Giovanni, con enfasi particolare nella lettura di Carsen, fondamentale è un protagonista che esploda di carisma e magnetismo, e il veterano Thomas Hampson non disattende le aspettative. Il celebre baritono americano – al suo debutto operistico in Scala – si impone sulla scena da vero mattatore impersonando con charm e naturale disinvoltura il libertino per antonomasia, ben compensando tutto sommato un’esecuzione musicalmente perfettibile per evidenti limiti dati dall’usura e dalla perdita di smalto vocale dopo decenni di onorata carriera. Di notevole livello, tuttavia, l’interpretazione della serenata “Deh vieni alla finestra”, impreziosita da accenti raffinati e occhiate lascive lanciate in direzione dei palchi. Non è da meno quanto a disinvoltura scenica il Leporello di Luca Pisaroni, che riesce però ad abbinare all’estro attoriale anche una performance vocale ai limiti dell’impeccabile. La voce, scura e seducente, è modulata in un fraseggio sempre vario e misurato, e viaggia su una linea di canto così fluida e omogenea da rendere memorabile ogni aria (eccellente la scena del Catalogo) ed incisivo ciascun recitativo. Hanna-Elisabeth Müller è una Donna Anna di presenza raffinata e voce cristallina. Il giovane soprano tedesco dimostra grande padronanza di un mezzo vocale di ampio volume, con accorto dosaggio dei fiati ed emissione sempre pulitissima. Complessivamente ben eseguite le due arie: se in “Non mi dir, bell’idol mio” si riscontra qualche asprezza nella cadenza, “Or sai chi l’onore” mette perfettamente in luce le qualità vocali dell’artista, con una gestione della zona acuta pressoché ineccepibile. Forse tecnicamente più labile in confronto, ma convincente sotto ogni punto di vista, è Anett Fritsch nei panni di una Donna Elvira dalla voce pastosa, di bel colore e sempre ben timbrata. Valore aggiunto è l’evidente approfondimento psicologico del ruolo, grazie al quale il soprano riesce a interpretare ogni sfumatura di questa complessa protagonista femminile sanguigna, smaniosa e insieme così fragile (memorabile in questo senso la sua “In quali eccessi…Mi tradì quell’alma ingrata”, eseguita con il giusto pathos e grande tensione drammatica). Ottimo anche il Don Ottavio di Bernard Richter, voce di tenore lirico calda e squillante. Molto ben eseguite le due arie “Dalla sua pace” e “Il mio tesoro intanto”, nonché sempre apprezzabili, delicati e misurati gli interventi nelle pagine d’insieme, in particolare nel sublime terzetto delle maschere (“Bisogna aver coraggio…Protegga il giusto cielo”). Notevolissima Giulia Semenzato nel ruolo di Zerlina, con una vocalità contenuta in termini di volume, ma sicuramente interessante per timbro e fraseggio. Al suo fianco un bravissimo Mattia Olivieri dà possente voce e presenza scenica al geloso Masetto. Thomas Konjeczny, infine, è un tonante e autorevole Commendatore, seppur perfettibile nella dizione. Sempre buoni gli interventi del Coro guidato da Bruno Casoni. Al termine successo meritato e condiviso per uno spettacolo complessivamente di eccellente fattura, con qualche sparuta contestazione per Hampson e ovazioni per Pisaroni, Müller e Fritsch. Repliche fino al 6 giugno.