Milano, Teatro alla Scala: “La fanciulla del West”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2015/2016
LA FANCIULLA DEL WEST”
Opera in tre atti su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini
Musica di Giacomo Puccini
Minnie BARBARA HAVEMAN
Jack Rance CLAUDIO SGURA
Dick Johnson ROBERTO ARONICA
Nick CARLO BOSI
Ashby GABRIELE SAGONA
Sonora ALESSANDRO LUONGO
Trin MARCO CIAPONI
Sid GIANLUCA BREDA
Bello COSTANTINO FINUCCI
Harry EMANUELE GIANNINO
Larkens ROMANO DAL ZOVO
Joe KRYSTIAN ADAM
Happy FRANCESCO VERNA
Billy Jackrabbit ALESSANDRO SPINA
Wowkle ALESSANDRA VISENTIN
Josè Castro LEONARDO GALEAZZI
Un postiglione FRANCESCO CASTORO *
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
*Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Regia Robert Carsen
Scene Robert Carsen e Luis Carvalho
Costumi Petra Reinhardt
Luci Robert Carsen e Peter Van Praet
Video Designer Ian William Galloway
Milano, 10 maggio 2016      
Grande ritorno alla Scala per  La fanciulla del West  di Giacomo Puccini che fa la sua comparsa dopo 26 anni di assenza: era infatti dal 1995 che non era messa in scena al teatro meneghino.  Riccardo Chailly riporta l’opera nella versione originale, privandola di quei tagli che alla prima al Metropolitan del 1910 volle Toscanini per rimediare alla non perfetta acustica che il grande teatro newyorkese  si ritrovava. Questa versione, che doveva essere circoscritta esclusivamente per l’occasione, si è invece convertita in prassi, privando il pubblico  della Fanciulla di ben 124 battute che il direttore milanese fa invece oggi rivivere. L’attesa per questa rappresentazione è accresciuta ancora di più tra il pubblico in quanto è stata molto chiacchierata e discussa proprio per le novità  di esecuzione e di regia. Ma veniamo proprio a quest’ultima. Il regista canadese  Robert Carsen aveva già lasciato molte persone in suspance desiderose di vedere quest’opera affermando nei giorni precedenti alla prima al  Corriere di voler mettere in scena una Fanciulla “modello John Wayne, in perfetto stile west americano-hollywoodiano”. Si può dire che ha mantenuto la promessa , coadiuvato anche da un’ eccellente uso di video ad opera di  Ian William Galloway che hanno contribuito ad inserire fin dalle prime note del Preludio lo spettatore bel periodo della cosiddetta Golden Age californiana.  La scena infatti si apre con la proiezione del  celebre film western My Darling Valentine di John Ford i cui spettatori, oltre al pubblico in sala, sono gli stessi i minatori personaggi dell’opera. Un altro eccellente uso di video lo ritroviamo nel terzo atto con l’aria di Rance  Per te soltanto  in cui la sua figura oltre che sul palco, troneggia in un gigantesco schermo  dietro di lui. Ottimi anche i costumi e le posizioni degli artisti sul palco che con disinvoltura si muovono nonostante la difficoltà data dai lunghi vestiti, cappelli e  stivali tipici dei cowboy californiani. Interessante è poi  l’ uso che Carsen fa degli spazi optando per l’apprezzabile scelta di  seguire, quanto meno la maggior parte delle volte, le indicazioni del libretto (cosa che sempre più spesso i registi moderni non fanno).  Un’eccezione si ha quando nel secondo atto Minnie dirà volersi addormentare presso il focolare e nel farlo, lo indica nella stanza. Il problema è che in scena non vi è alcun focolare, quindi la situazione risulta grottesca. Ma resta comunque un piccolo inciso che è a mio avviso compensato da un’attenzione nel far mettere Johnson nel solaio, togliendo dal gancio la scala a pioli, la lascia cadere a terra, esattamente come Civinini e Zangarini hanno previsto nel libretto. Altra ricetta vincente del binomio Casen-Galloway è stato il fatto che sono riusciti a rendere le scene, generalmente statiche in quanto tutto si svolge in luoghi piccoli e angusti (anche nel  terzo atto dove la scena si svolge nella Grande Selva Californiana, ma da libretto si precisa sempre  in piccolo lembo di questa) dinamiche e accattivanti. Si può dire quindi che la regia sia stata un successo,  al punto che eccezionalmente non ci sono sati fischi, ma solo lunghi applausi. Venendo ora alla parte musicale. Il personaggio di Minnie è interpretato dal soprano olandese Barbara Haveman, forse l’anello più debole della produzione. La sua voce infatti, oltre a partire deicsamente in sordina ( il suo ingresso con Che cosa è stato? è infatti coperto dall’orchestra che pure è in diminuendo come giustamente previsto dallo spartito) non è particolarmente attraente. Migliora poi nei passaggi successivi cantando in maniera precisa Laggiù nel Soledad, si sforza di essere vigorosa e appassionata, ma i colori latitano così come il fraseggio. Analogo destino tocca al suo  straniero di Sacramento Dick Johnson ovvero il terribile bandito Ramirez interpretato da Roberto Aronica. La sua entrata non è molto felice. La sua voce nei passaggi successivi si stabilizza e acquista sicurezza risultando piena, calda e appassionata tanto che interpreta in maniera commovente la celebre aria Ch’ella mi creda. Una buona interpretazione anche per il  Claudio Sgura un solido Jack Rance. Anche per i due protagonisti maschili si può affermare che manca un vero approfondimento per ciò che riguarda la ricerca di una maggiore varietà di colori dell’eloquio pucciniano. Complessivamente valido l’apporto interpretativo e vocale dei molti coprotagonisti nei diversi ruoli dei minatori clienti della “Polka”. Impeccabile la prova del coro scaligero diretto da  Bruno Casoni.  La vera protagonista della serata resta comunque l’Orchestra del Teatro alla Scala che, guidata dalla bacchetta del direttore Riccardo Chailly, esegue una Fanciulla in maniera vibrante, si colgono bellissimi effetti di contrasto (ad esempio il veemente inizio seguito dai lontani e nostalgici cori), ritmi serrati, appassionate sottolineature dei momenti amorosi. Successo caloroso di pubblico per tutti.