Milano, Teatro alla Scala: ritorna “La Bohème” nel sempreverde allestimento di Zeffirelli

Milano, Teatro alla Scala, Stagione Lirica 2016/2017
“LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa da “Scènes de la vie di bohème” di Henri Murger.

Musica di Giacomo Puccini
Rodolfo FABIO SARTORI
Marcello MASSIMO CAVALLETTI
Colline GABRIELE SAGONA
Schaunard MATTIA OLIVIERI

Mimì AYLIN PÉREZ
Musetta FEDERICA LOMBARDI
Alcindoro LUCIANO DI PASQUALE
Benoit DAVIDE PELISSERO
Parpignol FRANCESCO CASTORO
Sergente dei doganieri GUSTAVO CASTILLO

Un doganiere PAOLO INGRASCIOTTA
Un venditore ambulante JEREMY SCHÜTZ
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala.
Maestro del coro 
Bruno Casoni
Direttore Evelino Pidò
Regia e scene di 
Franco Zeffirelli
ripresa da Marco Gandini
Costumi di Piero Tosi
ripresi da Alberto Spiazzi
Luci di Marco Filibeck
Milano, 10 luglio 2017
Tempo di repliche illustri al Teatro alla Scala. Dopo aver riproposto lo storico “Die Entführung aus dem Serail” di Strehler / Damiani, torna nuovamente sul palco del Piermarini – chiudendo in bellezza la Stagione 2016/2017 – la celeberrima “Bohème” di Franco Zeffirelli che dal suo debutto 1963 incanta generazioni di spettatori. Ripresa da Marco Gandini per regia e scene, con i costumi di Piero Tosi ripresi da Alberto Spiazzi e luci di Marco Filibeck, la produzione più inossidabile e amata della storia si riconferma tale nella sua immutata bellezza (per un’analisi più dettagliata dell’allestimento rimandiamo alla recensione della ripresa scaligera precedente).
A rinnovare il successo dello spettacolo ben contribuisce un preparatissimo cast vocale, a partire dall’eccellente Mimì di Ailyn Pérez. Di nuovo in Scala dopo essersi alternata a Maria Agresta in questa stessa Bohème nel 2015 e temprata dai numerosi successi che l’hanno vista protagonista al Metropolitan di New York, il soprano statunitense porta sul palco la sicurezza e la pienezza interpretativa di chi questo ruolo lo conosce ormai bene. Ci è ormai nota la raffinata musicalità della Pérez, sensibile e fine fraseggiatrice che dà ottima prova delle proprie doti vocali sin dal “Sì, mi chiamano Mimì”. Anche i passaggi più insidiosi sono gestiti con tecnica solida, acuti brillanti e un bel taglio espressivo in grado di rendere l’esecuzione memorabile in più punti: l’espansione di “ma quando vien lo sgelo” è inebriante, dolce e delicato il “che parlano d’amor, di primavere” pur in pieno passaggio di registro, disperatamente commovente quel “ma i fior ch’io faccio ahimè non hanno odore”. In forma smagliante anche Fabio Sartori nei panni del poeta Rodolfo. La voce è quella di sempre, squillante e ben sostenuta, ma – questa volta più che in altre occasioni d’ascolto precedenti – modulata con particolare gusto e accenti vari sempre interessanti. La sonorità tende in generale ad essere piuttosto incline al mezzoforte e al forte, ma ascoltiamo un Rodolfo di gran pregio, vibrante e appassionato. Gli acuti sono sempre facili, timbrati, e su tutti travolge come un fiume in piena l’impressionante “speranza” dell’assolo, pur tutto abbassato di un semitono. Non mancano, come si accennava, alcune raffinatezze espressive sulle quali il tenore ha evidentemente lavorato nel tempo con grande efficacia: più sfaccettato il fraseggio, vellutati i portamenti, ben misurate le mezzevoci (pensiamo all’apertura di “Mimì tu più non torni” o al poetico “Che m’ami di’”). Massimo Cavalletti sostituisce un indisposto Simone Piazzola nei panni di Marcello, e dimostra ancora una volta di essere ormai un veterano del ruolo. Il timbro è corposo, brunito e sensuale, e va a impreziosire una linea di canto sempre fluida e sicura unita a una presenza scenica magnetica. Al suo fianco la sorridente Musetta della giovane Federica Lombardi, recentemente ascoltata in Scala nell’ostico ma ottimo debutto di Anna Bolena. Forse leggermente carente di quella malizia che avvolge il personaggio, la Lombardi si dimostra comunque estremamente disinvolta in scena e anche a livello vocale non delude le aspettative, con un Valzer brillante e una suggestiva interpretazione di tutto l’ultimo atto, lasciando emergere al meglio anche la cifra drammatica del ruolo. Mattia Olivieri interpreta splendidamente il piccolo ruolo di Schaunard ridando prova delle sue indubbie doti attoriali che vanno a valorizzare ulteriormente un’ottima prova vocale caratterizzata da bel timbro, emissione morbida e fraseggio variegato. Interessante il Colline di Gabriele Sagona, forte di tecnica solida e voce di bella pasta. Peccato per i mancati applausi a scena aperta a seguito della sua “vecchia zimarra”, decisamente ben eseguita. Convincenti infine anche Davide Pelissero (Benoit), Luciano Di Pasquale (Alcindoro) e Francesco Castoro (Parpignol). Come sempre eccellente la prova del Coro guidato da Bruno Casoni e ottima l’Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Evelino Pidò. Sempre attento alla coesione tra buca e palcoscenico, il Maestro predilige tempi non eccessivamente incalzanti ma mai noiosi, proponendo una lettura fortemente improntata alle tinte sfumate e all’intimismo. Si pone l’accento sulle atmosfere malinconiche dell’opera, valorizzate da una ricca gamma di colori e scelte dinamiche sempre misurate ma fortemente espressive e coinvolgenti. Al termine applausi convinti per tutti – con ovazioni per Pérez e Sartori – portando ancora avanti un successo che non perde smalto dopo decenni.