Milano, Teatro alla Scala: “Tosca”

Milano, Teatro alla Scala- Stagione d’Opera e Balletto 2014-2015
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dall’omonimo dramma di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca BEATRICE URIA MONZON
Mario Cavaradossi FABIO SARTORI
Il Barone Scarpia ZELJKO LUCIC
Cesare Angelotti ALESSANDRO SPINA
Sagrestano MATTEO PEIRONE
Spoletta BLAGOJ NACOSKI
Sciarrone FRANO LUFI
Carceriere ERNESTO PANARIELLO
Un pastore MATILDE DI FONZO
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Carlo Rizzi
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Luc Bondy (ripresa da Marie-Louise Bischofberger)
Scene Richard Peduzzi
Costumi Milena Canonero
Luci Michael Bauer
Milano, 3 Luglio, 2015      

Per la seconda volta alla Scala ( la prima fu nel 2011) viene ripresa Tosca nella sua più recente versione firmata dal regista svizzero Luc Bondy, qui rivisitata in alcune parti da Marie-Louise Bischofberger, con le scene di Richard Peduzzi, i costumi di Milena Canonero e le luci di Michael Bauer. Il compito di dirigere l’orchestra della Scala spetta a Carlo Rizzi. Il debutto di questa rappresentazione in coproduzione con il Metropolitan Opera e il Bayerische Staatsoper di Monaco si ebbe nel 2009 proprio al teatro newyorkese e da allora questa versione è diventata celebre più per le critiche ricevute che gli elogi. Quella a cui si assiste alla Scala è una Tosca che da un punto di vista scenico risulta ibrida in quanto se da una parte viene dato molto risalto agli spazi, ai palazzi romani e a costumi ottocenteschi (grazie in parte ai piccoli cambiamenti della Bischofberger) , come se stessimo assistendo alle più celebri e tradizionali versioni di Zeffirelli, dall’altra spesso viene dato rilievo ad elementi moderni, facendo così risultare la scena grottesca. Questo è evidente soprattutto nel primo atto, in cui ad un tradizionale Scarpia, vestito con costumi tipici Ottocenteschi, si contrappongono i suoi sbirri agghindati come dei moderni Matrix, vestiti completamente di nero e con occhiali da sole scuri. A tutto questo vanno anche aggiunti una serie di errori di regia. Prima di tutto il quadro che Cavaradossi sta completando per la Chiesa di Sant’Andrea nel primo atto al posto di raffigurare una pudica Maddalena, ritrae una donna semi-nuda che ricorda molto la sensuale Maja desnuda di Goya. Inoltre nel secondo atto, poco prima dell’interrogatorio di Scarpia, il regista fa estrarre dal mantello a Mario una fiaschetta di whisky che beve per “darsi coraggio”, ritraendolo così come una persone fragile e alcolizzata, mentre nel testo il librettista è attento nel voler sottolineare come Cavarodossi in quel momento debba essere “altero avanzandosi con impeto”. Risulta poi pesante e fuori luogo la scelta di fare del pittore un irrispettoso che prende inutilmente a calci il Sagrestano schernendolo e deridendolo senza alcun motivo. Bella e originale è invece l’idea di rappresentare il momento della fuga di Angelotti che si cala con una corda giù da una torre, quando solitamente questo non è preso in considerazione dalla maggior parte dei registi che preferiscono entrare subito in medias res nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle. Nel complesso comunque la regia risulta positiva soprattutto grazie ai “ritocchi” della Bischofberger che riesce a rendere la criticata regia di Bondy più precisa e pertinente al contesto e alla trama.
Per quanto riguarda la parte musicale, la direzione spetta a Carlo Rizzi che, dopo aver eseguito Pagliacci e Cavalleria Rusticana, è oramai sempre più impegnato con il teatro meneghino e ciò non passa inosservato al pubblico che alla sua entrata sul podio gli dedica un caloroso applauso. Rizzi dirige con eleganza, dando risalto a quella dolcezza musicale tipica Puccini e così ben presente in Tosca, senza che venga meno un equilibrio (purtroppo non sempre perfetto, ma più per colpa dei cantanti che sua) tra massa sonora orchestrale e voci. Peccato per alcuni attacchi non precisi, soprattutto dei fiati e per qualche rallentando a cui il direttore milanese poteva dare più rilievo (come per esempio nel Scherza coi fanti del Sagrestano).
Floria Tosca è interpretata da Beatrice Uria Monzon, più nota per i ruoli da mezzo-soprano che per quelli da soprano, ma riesce comunque a dimostrare una buona estensione vocale e soprattutto una grande capacità di interpretazione delle qualità tipiche del personaggio di donna gelosa , ma risoluta allo stesso tempo. Anche nei duetti, con Mario prima, con Scarpia poi, riesce a distinguersi e a far spiccare la sua voce. Passo falso  invece nel Vissi d’arte. La cantante pasticcia nell’attacco dell’aria e purtroppo, forse perde il sangue freddo e gestisce il resto in modo abbastanza approssimativo. Fabio Sartori è Mario Cavaradossi e subito con l’aria Recondita armonia dà una buona presentazione di sé (amesso che ne abbia bisogno) sfoggiando una voce potente, dotata di un timbro caldo, appassionato, in grado di sfumare a voce più struggente (E lucean le stelle). A tanto sfoggio di acuti non corrisponde la zona medio grave che talvolta suona opaca. Prova positiva anche per i bassi Alessandro Spina (Angelotti) e Matteo Peirone (Sagrestano), entrambi dotati di buone qualità interpretative, sia vocali che recitative, soprattutto il primo che riesce bene ad esprimere quell’affanno e quella preoccupazione di un fuggitivo, mentre più sfortunato è il secondo la cui voce fatica spesso a imporsi, soprattutto nei dialoghi con il tenore Cavaradossi e il baritono Scarpia.  Di spicco lo Scarpia di  Željko Lučić nei panni del crudele Scarpia. Il baritono serbo che si dimostra sin da subito all’altezza del compito (Un tal baccano in Chiesa!). Offre poi al pubblico una toccante e intensa interpretazione del Te Deum  in cui la sua voce domina su coro e orchestra anche grazie alla sua forte presenza fisica in scena. Freseggia con gusto ed è apprezzabile nel delineare uno Scarpia freddamente beffardo. Applausi meritati anche per Blagoj Nacoski (Spoletta) che se pur ha un ruolo secondario, riesce bene ad assolvere il compito, non facile, con la sua voce chiara ed elegante, di fare da spalla a Lučić. Corretti e puntali lo Sciarrone di Frano Lufi e  il pastorello di Matilde Di Fonzo. Impeccabile, come sempre, il coro dei bambini e del Teatro alla Scala, diretti da Bruno Casoni. Nel complesso una recita ben riuscita in cui se pur molto brava, a decretarne il successo non è la Monzon nei panni Tosca, ma il barone Scarpia di Lučić. Foto Brescia & Amisano