Mr. Gaga seduce Ravello: Ohad Naharin e la Batsheva Dance Company

“DECADANCE”
Ideazione e Coreografia Ohad Naharin
Musiche Autori vari
Costumi Rakefet Levi
Luci e design palco Avi Yona Bueno (Bambi)
Luci Eliav Refaely
Batsheva Dance Company
Danzatori William Barry, Yael Ben Ezer, Matan Cohen, Bret Easterling, Hsin-Yi Hsiang, Chunwoong Kim, Rani Lebzelter, Eri Nakamura, Ori Moshe Ofri, Nitzan Ressler, Kyle Scheurich, Or Meir Schraiber, Maayan Sheinfeld, Yoni Simon, Amalia Smith, Bobbi Jene Smith, Zina (Natalya) Zinchenko
Ravello, 19 luglio 2017

Sold out e grande acclamazione sul palcoscenico sospeso fra cielo e mare di Ravello, per Ohad Naharin e la Batsheva Dance Company in “Decadance”, site-specific per Ravello Festival dove coreografo e Compagnia sono stati ospiti in prima assoluta, con una rielaborazione dei temi artistici di Mr. Gaga pensata per il palcoscenico di Villa Rufolo, per trasportare il pubblico in un viaggio immaginario attraverso il piacevole labirinto di un linguaggio danzante.
Coreografo tra i più importanti e impegnati a livello internazionale, Ohad Naharin è nato nel Kibbutz Mizra, in Israele, nel 1952. Inizia la propria formazione come musicista, per passare alla danza solo successivamente, nella Batsheva Dance Company. Nel 1974 è invitato a New York da Martha Graham, per completare la propria formazione artistica presso la sua Compagnia, grazie a una borsa di studio dell’America-Israel Cultural Foundation. Nel 1980 crea a New York la Ohad Naharin Dance Company  e dal 1990 è Direttore artistico della Batsheva Dance Company (nata nel 1964 per iniziativa della baronessa Batsheva de Rothschild, oggi tra le più importanti compagnie al mondo, con sede a Tel Aviv), per la quale ha creato più di trenta lavori.
Il suo linguaggio nasce dal più nobile degli intenti, la ricerca di aiuto per il gemello autistico, per il quale crea il cosiddetto “Metodo GAGA”  – così chiamato perché evoca i primi suoni emessi dai neonati: un linguaggio corporeo non solo per danzatori, ma che costituisce il training quotidiano della Compagnia, attraverso il quale superare il muro del silenzio. Un silenzio involontario ma ugualmente imposto, perché obbligato dalla natura.
Ed è proprio il “muro” il tema-simbolo di questa edizione del Ravello Festival, alla seconda direzione artistica di Laura Valente per la sezione Danza/Tendenze e Nuovi linguaggi/Progetti speciali e Mostre/Formazione. Non a caso la serata inaugurate ha presentato The Wall, coreografia commissionata appositamente a Karole Armitage con Francesco Clemente.
Ma torniamo al muro, più volte abbattuto nella vita e nell’arte, di Ohad Naharin. Come da aspettative, emerge tutto il talento e la bravura nell’entrare in sintonia con il pubblico attraverso una costruzione coreografica sapientemente curata, che scivola sulla musica grazie al valore intrinseco di un vocabolario tecnico e gestuale perfettamente accomodato sugli stili musicali più diversi. Com’è noto, il coreografo israeliano tanto atteso a Ravello fa parte di quella cerchia ristrettissima di artisti accolti da un consenso unanime di critica e platee: il «New York Times» lo ha annoverato tra i più grandi coreografi del mondo; Mikhail Barishnikov ne ha sintetizzato lo stile nel trinomio “bellezza, energia, abilità”. Nulla di più adatto a descrivere quanto il pubblico ha potuto applaudire a Ravello, diventando talvolta esso stesso protagonista della creazione coreografica, grazie al coinvolgimento diretto con i danzatori nel momento di un esilarante cha cha cha. Chi era abituato ad applaudire è stato questa volta applaudito.
La forza dei lavori di Naharin risiede nella capacità di rendere dinamicamente efficaci le disposizioni statiche per eccellenza: corpi seduti o semplici file si animano di una pulsazione che nasce dal movimento di cisascun danzatore e si fonde col ritmo musicale. I movimenti si legano naturalmente gli uni agli altri in una successione efficace, ricercata ma allo stesso tempo dall’aspetto spontaneo. E il talento si riconosce in questo. Non si evincono forzature, ma i corpi ben istruiti dei danzatori si prestano a far proprio un  linguaggio tanto complesso e difficile per chi danza, quanto di immediata ricettività per chi guarda.
Attenzione sempre vigile da parte di una platea dotta (ed edotta), che ha apprezzato ogni sfumatura.  La sfaccettata gamma dei sentimenti umani è tutta dipinta da diciotto corpi in movimento che, in poco più di un’ora, portano in scena gli stati d’animo dell’umanità, fino al Welcome finale, in cui la disponibilità del singolo a dichiarare la propria accoglienza verso l’altro si trasforma in un’accoglienza universale, perché tutti, se vogliono,  possono garantirla.
I lunghi applausi, che hanno richiamato più volte i giovani artisti sulla scena, hanno confermato il successo atteso, ma ancor più hanno siglato la gratitudine per aver assistito a un pezzo di storia portato sulla scena. (foto Pino Izzo)
Prossimi appuntamenti  con la danza a Villa Rufolo il 22 e 29 luglio (www.ravellofestival.com).