“Ne congiunga il nume in Ciel”. La Lucia di Lammermoor di Donizetti tra Walter Scott e romanticismo cattolico (Parte Terza)

La scena della pazzia Lucia e la morte di Edgardo
A differenza del romanzo di Scott, tuttavia, il duo Cammarano-Donizetti costruì una scena nella quale viene ritratta la follia di una Lucia, la cui mente è occupata oltre che da terribili fantasmi anche da rievocazioni dei momenti belli passati insieme con il suo Edgardo. In questa scena della follia, giudicata dalla critica musicale, insieme a quella della follia di Elvira dei Puritani di Bellini, come una delle più grandi scritte nel nostro teatro d’opera ottocentesco, presenta un interessante carattere evocativo accentuato dalla scelta di Donizetti di riprendere alcuni temi caratteristici dell’amore di Lucia per Edgardo
; ecco, infatti, nella parte iniziale, declamato dal primo flauto, il tema di Regnava nel silenzio (Es. 1) seguito da Verrano a te sull’aure, intonato dal flauto e dal clarinetto all’ottava (Es. 2).
Es. 1 e 2


Da parte sua Edgardo, dopo esser stato sfidato da Enrico a duello, è deciso a farsi uccidere dal suo avversario, in quanto, per il nostro protagonista, la vita / è orrendo peso!… L’universo intero /  è un deserto […] senza Lucia. Proprio in quel momento si sente dal Castello di Lammermoor un canto funesto degli abitanti del paese scozzese, che fa presagire l’imminente morte della donna. Edgardo, allora, messo al corrente della morte dell’amata Lucia da Raimondo, si uccide trafiggendosi con un pugnale nella speranza che Dio possa riunirlo alla donna amata in un imene celestiale. Su questo punto il libretto di Cammarano presenta un netto allontanamento dal suo modello inglese, in quanto nel romanzo Edgardo scompare misteriosamente correndo sul suo cavallo, mentre sta per recarsi al duello con Douglas Asthon, come si può notare da quanto scrisse Scott:
Il colonnello Ashton, ansioso di vendetta, stava già sul campo e lo percorreva a lunghi passi, guardando con impazienza verso la torre, per scorgere l’arrivo del suo antagonista. Il sole si era ormai levato e il suo ampio disco appariva a levante sul mare; cosicché egli poté facilmente distinguere un uomo a cavallo che galoppava verso di lui ad una velocità che denotava un’impazienza pari alla sua. Improvvisamente la figura scomparve, come se fosse svanita nell’aria. Si stropicciò gli occhi come chi fosse stato testimone di una apparizione, poi si affrettò verso quel luogo dove incontrò Balderstone che veniva dalla direzione opposta. Non fu possibile scorgere traccia alcuna né del cavallo né del cavaliere[1].
Nel romanzo di Scott Edgardo scompare, quindi, senza lasciare alcuna traccia in una folle e veloce corsa sul suo cavallo; al contrario la morte descritta da Cammarano, nella sua Lucia, presenta un carattere più realistico accentuato anche dalla musica che non solo sottolinea la situazione, ma interviene con il primo violoncello integrando la melodia di un Edgardo, che non riesce a completare il suo ultimo disperato canto d’amore, nel quale, rivolgendosi all’amata Lucia, si augura:
Se divisi fummo in terra
ne congiunga il Nume in ciel.

Cammarano, sostituendo alla disperata e misteriosa morte di Edgardo, descritta nel romanzo inglese, un’altra più romantica in cui l’amore supera la morte, assolutizzò e spritualizzò il sentimento amoroso tanto da superare i limiti imposti dalle categorie spazio-temporali.
( Fine della terza e ultima parte )


[1] Ivi, p. 366.
Il testo è tratto da Riccardo Viagrande, Musica e poesia arti sorelle, Casa Musicale Eco, Monza, 2005, pp. 21-28.
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