New York, Carnegie Hall:”Beatrice di Tenda”

New York, Carnegie Hall, Collegiate Chorale, 71st Concert Season
“BEATRICE DI TENDA”
Tragedia lirica in due atti, libretto di Felice Romani.
Musica di  Vincenzo Bellini
Filippo Maria Visconti NICHOLAS PALLESEN
Beatrice di Tenda ANGELA MEADE
Agnese del Maino JAMIE BARTON
Orombello MICHAEL SPYRES
Anichino NICHOLAS HOUHOULIS
Collegiate Chorale
American Symphony Orchestra
Direttore, James Bagwell
New York, 5 dicembre 2012

Bellini dà un ruolo drammatico particolarmente attivo al coro nella sua penultima opera, Beatrice di Tenda: questo fatto di per sé rende l’opera particolarmente adatta alla Collegiate Chorale, uno dei gruppi più grandi più altamente qualificati nel mondo della musicale corale  di New York City, che collabora con altri gruppi durante tutto l’anno, ma presenta anche i suoi propri programmi indipendenti. In genere ogni stagione la Corale esegue un’opera completa, numerosi lavori corali ed un’operetta. Questa stagione si è aperta con Beatrice di Tenda il 5 dicembre. Ma quest’opera, raramente ascoltata qui e mai in forma scenica a memoria d’uomo, tuttavia, è arrivata alla Carnegie Hall, o meglio è ritornata, dopo l’unica esecuzione nel 1961 e che vedeva due cantanti all’inizio della loroa folgorante carriera: Joan Sutherland e Marilyn Horne (La Sutherland è ancora oggi l’interprete di riferimento almeno nel campo della discografia dell’opera). Atto di coraggio da parte del  direttore musicale della Corale, James Bagwell, che quai ha anche diretto l’American Symphony Orchestra.
Mettiamo da parte la Sutherland, perchè non ha senso arrivare ora alla Carnagie Hall con le aspettative  che una cantante dei nostri giorni possa essere paragonata  o addirittura superare Joan Sutherland – ma è pure difficile sfuggire all’ombra di un sì illustre precedente.
Per cantare il ruolo di Beatrice – e per far dare una nuova chance alla beniama della Chorale e “star” in ascesa, è stata scritturata il soprano Angela Meade, uno dei vincitori delle Audizioni del Metropolitan nel 2007 (con “Casta diva” dalla Norma), che ha anche eseguito per la Chorale l’opera in cartellone la scorsa stagione, Moïse et Pharaon di Rossini. Già presentata come uno dei talenti più importanti della sua generazione, soprattutto nel bel canto e nel repertorio di primo 800′, nel quale le grandi voci scarseggiano, la Meade è richiesta al Metropolitan ed in altri importanti teatri in America e in Europa (secondo la sua biografia nel programma di sala, non ha ancora cantato in Italia). Allo stesso tempo, è diventata oggetto di acceso dibattito tra i melomani, rigurado la sua presenza scenica, le su doti di interprete e anche la sua tecnica vocale.
In questa esecuzione ha mostrato ampiamente sia i suoi punti di forza che le sue debolezze. Il suono è ampio e bellissimo, fresco e pastoso, fluidamente emesso in tutta la gamma, e il suo controllo nelle dinamico è spesso emozionante. A ciò si contrappongono un’imperfetta padronanza del ritmo che sostiene le colorature e le lunghe linee vocali di Bellini. Il suo italiano è chiaro e ben articolato, eppure sembra dare poco senso alle frasi e si è si mostrata drammaticamente poco immedesimata nel ruolo estremamente virtuoso, ma anche quasi opaco di Beatrice. (Certo, ribadiamo, è un personaggio tutt’altro che  facile).
Il pubblico si è diviso tra chi  vede la Meade come una cantante degna di interesse, dotata di un talento innato ed in possesso di tutti gli strumenti per diventare un’esecutrie brillante, se riesce a trovare il modo giusto per usare questi mezzi considerevoli. Ci si chiede se non la si stia spingendo troppo in fretta in ruoli troppo impegnativi. L’altra parte del pubblico ha trovato in questa performance  motivi più che sufficienti per tributare alla Meade applausi prolungati ed una “standing ovation”. In conclusione, il dibattito su Angela Meade è più che mai aperto.
Per chi scrive, la vera star della serata, tra i cinque solisti, è stata  il mezzosoprano Jamie Barton, vincitrice anche lei delle audizioni del Metropolitan Opera nel 2007, che ha cantato il ruolo di Agnese. Si è rivelata un’artista attenta alle sfumature del testo e precisa nel superare le  insidie della musica. Certo aiuta il fatto che, dei quattro principali di questo dramma di intrighi di palazzo e processi, Agnese è senza dubbio la più convincente: Filippo ama Agnese, Agnese ama Orombello, Orombello ama Beatrice, e Beatrice ama?… beh, non è del tutto chiaro, nonostante lei sia certamente attenta alla sua reputazione di donna “virtuosa”. Da un punto di vista drammaturgico, la Barton ha interpretato una Agnese in bilico tra una Adalgisa e una Eboli, un’approccio teatrale che si può definire ottimale.
Il giovane mezzosoprano americano, che ha fatto una buona impressione al recente Gala della Fondazione Richard Tucker, ha esaltato la platea con uno strumento potente, con un registro grave che a volte ricorda quella di Marilyn Horne, e una tessitura acuta scintillante molto vicina a quella di Angela Meade. Neanche a farlo apposta, la Barton ha illustrato perfettamente ciò che mancava alla prestazione della Meade in termini di sensibilità ritmica, coloratura ben calibrata e brillantemente eseguita, e fervore drammatico. Tutte queste qualità erano presenti già a partire dalla sua prima apparizione vocale, ascoltata da fuori scena: una volta fatto il suo ingresso, è rimasta completamente nel carattere. Se le si può rimproverare qualcosa, è di aver forse cantato  con troppa veemenza e potenza e nei concertati ha un po’ penalizzato i colleghi. Lo stesso discorso potrebbe anche valere per la Chorale (considerato il loro numero, risultano molto potenti anche nei pianissimo).
Nel ruolo di Orombello, il tenore americano Michael Spyres ha offerto un canto vibrante ed immedesimazione emotiva, soprattutto nel secondo atto, quando il personaggio ritratta la sua confessione per difendere Beatrice, e nel trio finale dell’opera con Beatrice ed Agnese. La sua voce emana un malinconicità che si adatta perfettamente allo sfortunato giovane. Il fraseggio elegante e la presenza infuocata del baritono Nicola Pallesen rendevano il ruolo del tormentato villain Filippo meno antipatico del solito, anche se qualche in punto in più di peso vocale non gli sarebbe nuociuto. (anche Pallesen è  uscito dalle audizioni nazionali del Metropolitan nel 2007, è un “Faith Geier Young Artist” della Chorale.) Nei suoi brevi interventi nel ruolo del confidente di Orombello, Anichino, il tenore Nicholas Houhoulis ha offerto un sostegno vigoroso senza però risolvere il perché Bellini e il suo librettista, Felice Romani, hanno ritenuto di aver bisogno di questo personaggio….
Alla testa di un Coro circa sei volte più grande di quello che Bellini aveva previsto e di un’orchestra che quasi sicuramente non aveva mai eseguito questa partitura davanti ad un pubblico, e cinque solisti posizionati alle sue spalle, James Bagwell ha mostrato di sapere gestire tutto in modo appropriato, anche se va detto che in altre occasioni, con partiture ben più complesse,  ha concertato in modo sfumato e  preciso. Per Bagwell, direttore di coro, la dizione chiara, linee pulite, e controllo dinamico sono della massima importanza, ma anche quando canta piano, la Chorale, come già abbiamo detto,  ha talvolta soverchiato i cantanti e la semplice linea melodica belliniana. Nel complesso, il suo è stato un risultato degno di nota, e mentre i puristi (e i fans della registrazione con la Sutherland) hanno notato alcuni tagli nella partitura, per il resto del pubblico, questi non hanno condizionato l’impatto drammatico (per quello che è stato) e il godere delle belle melodie di  Beatrice di Tenda.