Pesaro, 39° Rossini Opera Festival: “Ricciardo e Zoraide”

Adriatic Arena – Pesaro – 39° Rossini Opera Festival
“RICCIARDO E ZORAIDE”
Dramma serio per musica in due atti di Francesco Berio di Salsa
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi,
a cura di Federico Agostinelli e Gabriele Gravagna
Agorante SERGEY ROMANOVSKI
Zoraide PRETTY YENDE
Ricciardo JUAN DIEGO FLOREZ
Ircano NICOLA ULIVIERI
Zomira VICTORIA YAROVAYA
Ernesto XABIER ANDUAGA
Fatima SOFIA MCHEDLISHVILI
Elmira MARTINIANA ANTONIE
Zamorre RUZIL GATIN
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Coro del Teatro Ventidio Basso
Direttore Giacomo Sagripanti
Maestro del coro Giovanni Farina
Regia Marshall Pynkoski
Scene Gerard Gauci
costumi Michael Giannfrancesco
Luci Michelle Ramsay
Coreografie Jeannette Lajeunesse Zingg
Pesaro, 17 agosto 2018

Torna quest’anno al Rossini Opera Festival Ricciardo e Zoraide, dopo esservi stata rappresentata due volte, in tempi non recentissimi, nel 1990 e nel 1996, sempre nella produzione firmata dall’illustre accoppiata Ronconi-Aulenti.
Ricciardo e Zoraide appartiene al periodo napoletano, andò in scena nel 1818, e come la maggior parte delle opere napoletane fu scritta modellando le vocalità dei personaggi principali secondo le caratteristiche e i desideri di un quartetto di fuoriclasse: Giovanni David e Andrea Nozzari tenori antagonisti, l’uno chiaro e acuto in veste di amoroso gentile, l’altro baritenore in veste di innamorato dispotico e violento, Isabella Colbran soprano, futura signora Rossini e Rosmunda Pisaroni, dall’infelice aspetto, ma contralto rossiniano tra i più importanti della sua epoca.
La trama alquanto ingarbugliata, tra travestimenti e false identità, mette in scena, al posto dell’usuale triangolo, un quadrilatero formato da Ricciardo amante e amato, Zoraide fanciulla contesa, Agorante innamorato rapitore e Zomira, moglie di quest’ultimo, ma ancora per poco, giacché il marito ha deciso di ripudiarla per non avere ostacoli alle nuove nozze.
A questi personaggi principali se ne aggiunge un altro, Ircano, padre di Zoraide e re sconfitto da Agorante, più diversi comprimari, tra amici e confidenti dei protagonisti.
La tensione si scioglierà in un lieto fine in extremis, in cui la sconfitta militare di Agorante permetterà anche la felicità coniugale dei personaggi eponimi.
Il dramma serio viene messo in scena da Marshall Pynkoski presumibilmente con le migliori intenzioni, ovvero cercare di conferire chiarezza al groviglio di fatti, illustrando anche gli ‘affetti’ e le personalità contrapposte, ma all’atto pratico si limita a suggerire una recitazione parecchio convenzionale, intervallata da molti interventi di danzatori, senz’altro pregevoli nell’esecuzione e coloratissimi nei costumi, ma che risultano niente più che decorativi.
La stessa sensazione di buona volontà rivelano anche le scene, ora dipinte ora tridimensionali, di Gerard Gauci, che sono ricche di particolari, curate, piene di colori, ma mancano di un’idea, di una scelta formale che colpisca e rimanga nella memoria, si limitano a suggerire un’ambientazione in maniera plausibile, ma generica. Non so se sia cosa voluta l’effetto cartoon, dato dalla scarsa profondità dei piani e da una certa gentilezza rassicurante di forme e tinte.
Anche i costumi di Michael Gianfrancesco, che quasi esauriscono la gamma dei colori in tutte le possibili nuances, sicuramente riempiono l’occhio, ma sembrano piovuti sulla scena un po’ per caso, o recuperati nel magazzino di un teatro, frugando tra i bauli di vecchi allestimenti: da La Gioconda maglie a righe bianche e rosse e fusciacca in vita per i marinai, con compreso costume da Enzo Grimaldo per Ricciardo, da Il Trovatore abito da dama di epoca imprecisata per Zoraide e Zomira, costume da guerriero esotico per Agorante, proveniente da L’Italiana in Algeri o dai Pescatori di perle e così via.
Così tutta la parte visiva, illuminata dalle luci funzionali di Michelle Ramsay si lascia guardare e scorre aggraziata, ma non lascia il segno.
Altre soddisfazioni provengono dalla parte musicale.
Giacomo Sagripanti fa un ottimo lavoro alla testa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai; già dalla Sinfonia si manifesta coesione sonora coniugata alla trasparenza e alla leggibilità, il fraseggio accorato, il senso del tragico che si affaccia, la sorpresa e la tridimensionalità data dal dialogare della buca con l’orchestra interna (banda sul palco). Meritano un deciso plauso il corno, il clarinetto e il flauto, impegnati in interventi solistici eseguiti con pulizia ed espressione, nonché notevole virtuosismo.
Tutto procede ottimamente nell’accompagnamento al canto, nella resa delle tinte e delle situazioni drammatiche, con l’apporto notevole del Coro del Teatro Ventidio Basso diretto da Giovanni Farina, che, fatto salvo un inizio non brillantissimo, rivela grande compattezza, precisione e bellezza sonora, anche nei momenti più intimi e raccolti.
Pretty Yende, applaudita protagonista del Ciro in Babilonia di due anni fa, conferma le sue doti; ha uno strumento che corre per la sala, con centri naturalmente ombreggiati e grande sicurezza in zona acuta, è precisa nelle colorature, è interprete interessante specie mei momenti di ripiegamento lirico, che esegue con femminilità e dolcezza. Conclude la recita con un’articolata aria con cabaletta, eseguita ancora con freschezza di mezzi e acuti facili e cristallini, dimostrando la saldezza dei suoi mezzi e la bontà dell’emissione.
La parte di Ricciardo acquisisce pieno risalto nell’esecuzione di Juan Diego Florez, che trova terreno congeniale ai suoi mezzi nel ruolo. La sua voce, limpida e sonora, è dispiegata con generosità e slancio, la tessitura è affrontata con sicurezza quasi spavalda. Nella sua aria di sortita esibisce un canto legato di grande eleganza, la seguente cabaletta, acuta e virtuosistica, è affrontata con stupefacente facilità. La chiarezza della dizione, la precisione musicale, la nettezza dei passaggi di agilità completano il quadro e confermano Florez come il tenore rossiniano di classe superiore che conosciamo.
Sergey Romanovski, come Agorante, si trova alle prese con uno dei ruoli baritenorili pensati per la voce di Andrea Nozzari; si tratta di una scrittura estremamente ardua nel condurre la voce su e giù per il pentagramma, in particolare con discese nella zona grave che devono essere virili e incisive, alternate a frasi decisamente acute. Romanovski ha un’ottima saldatura dei registri, il settore medio-grave è sufficientemente robusto, quello acuto, per forza di cose più esile, non è esente da occasionali forzature, in cui il suono appare come costretto e si sporca leggermente. Sono inconvenienti quasi fisiologici, considerate le richieste abnormi della parte, che tra l’altro è gravosa anche quantitativamente. Per il resto ha l’accento perentorio che il personaggio richiede, unito alla nobiltà regale e si disimpegna bene nei passi di agilità.
La sposa ripudiata Zomira è interpretata da Victoria Yarovaya. Si tratta di una cantante interessante, dotata di uno strumento vellutato e sonoro, dal timbro notevolmente bello. Notevole è anche la personalità, che si estrinseca in un fraseggio sempre persuasivo, specie nel canto legato. Gli unici suoni che lasciano perplessi sono i gravi estremi, che suonano artefatti, a volte cavernosi, il registro medio-acuto è invece morbido e la salita è facile. Probabilmente il baricentro della sua voce è un po’ più alto rispetto alle richieste del ruolo, ma il rilievo conferito al personaggio non ne risente più di tanto.
Nella breve, ma incisiva, parte di Ircano Nicola Ulivieri è opportunamente autorevole.
Altra bella sorpresa, o forse rivelazione è il giovanissimo tenore basco Xabier Anduaga, che mette in mostra uno strumento un poco acerbo tecnicamente, ma di timbro luminoso, perfettamente proiettato, di grande sonorità e smalto cristallino. La sua voce, vicino a quelle dei ben più celebri colleghi, svetta senza sforzo; se le premesse saranno rispettate, sentiremo parlare di lui, forse anche in altro repertorio.
Sofia Mchedlishvili, Martiniana Antonie e Ruzil Gatin, sono sicuri scenicamente e vocalmente adeguati nei loro piccoli ruoli.
Lo spettacolo nel complesso è stato ben accolto dal pubblico, che a fine recita ha tributato lunghi e convinti applausi a tutti. Juan Diego Florez ha, come di consueto, scatenato un entusiasmo frenetico, ma anche Pretty Yende, Sergey Romanovski, Victoria Yarovaya e il direttore Giacomo Sagripanti sono stati festeggiati a lungo. Il pubblico non ha mancato di rilevare le vistose doti del giovane Anduaga, che ha preso una dose di applausi non molto diversa dai colleghi di lungo corso.