“Petite Messe Solennelle” pasquale all’Accademia di Santa Cecilia

Roma, Auditorium “Parco della Musica”, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, stagione 2013-2014 
Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore e pianoforte Antonio Pappano
Pianoforte Pamela Bullock
Maestro del coro e harmonium Ciro Visco
Soprano Angela Nisi
Contralto Adriana Di Paola
Tenore Anselmo Fabiani
Basso Andrea D’Amelio
Gioachino Rossini: “Petite Messe Solennelle” per soli, coro, due pianoforti e harmonium
Roma, 17 aprile 2014        
In onore delle festività pasquali, l’Accademia di Santa Cecilia propone un concerto straordinario: la versione originale dell’«enigmatica e avveniristica» Petite Messe Solennelle di Gioachino Rossini (come brillantemente definita dal presidente Bruno Cagli nel programma di sala). Al pianoforte principale, il direttore stabile Antonio Pappano. Stacanovista indefesso, fa una pausa dalla trionfale Les Troyens al Teatro alla Scala (un affresco di proporzioni mastodontiche, da lui diretto in maniera sublime – ho avuto la fortuna di essere in sala il 12 −, con cantanti di prim’ordine: ogni serata sono più di cinque ore!), facendo un salto alla sua ANSC a far gli auguri ai romani con una deliziosa performance della Petite, per poi ripartire nuovamente alla volta di Milano, dove dovrà dirigere le ultime tre recite. Un concerto raccolto, pensato per pochi, affezionati, all’interno della graziosa sala Petrassi, cui si addice particolarmente la scelta della versione originale della Petite, per un ridotto numero di coristi, quattro solisti, harmonium e due pianoforti. Lascito estremo, che ha del sacro e del faceto (Rossini non perse mai il gusto per la pointe ironica, persino in composizioni sacre, come recita una frase del sigillo che volle apporre alla fine della partitura: «Est-ce bien de la musique sacrée que je viens de faire, ou bien de la sacrée musique?»), ebbe la sua prima nella cappella privata del conte banchiere Pillet-Will alla presenza di eminenze del mondo parigino musicale, politico e economico. Pappano ne ha già diretto la seconda versione, orchestrata, in una fortunatissima edizione sempre all’Accademia (novembre del 2012: i fantastici solisti erano Marina Rebeka, Sara Mingardo, Francesco Meli e Alex Esposito), riversata poi in CD. Anzi, probabilmente la versione del 2012, per rigore esecutivo, attenzione filologica e spiegamento delle forze in campo, è tra le migliori esecuzioni della partitura.
Ma l’inglese non è certo da meno in questa versione autenticamente petite. Il coro esegue la parte magistralmente, mercé anche l’ormai lunga frequentazione del pezzo, il lavoro con Ciro Visco (che qui accompagna all’harmonium) e l’altissimo feeling con Pappano. Momenti indimenticabili sono l’attacco della fuga sulle parole «Christe eleison» nel Kyrie, il pomposo Gloria, come pure il canone nel Cum Sanctu Spiritu, o la mirabile armonia delle voci nel Credo: ma come non menzionare l’inizio, che sa di antico, del Sanctus, che poi si trasforma in un polittico vocale magnifico, o i pianissimi del coro nell’Et resurrexit? Le voci maschili sono due solisti del coro dell’Accademia: tutti e due hanno dato prova di essere assai validi. Anselmo Fabiani, dalla voce uniforme, penetrante, esegue un ottimo Domine Deus, con un autorevole acuto su «Unigenite» e degne mezze-voci. Andrea D’Amelio, avente del pari una voce potente, profonda e tornita, staglia un gradevole Quoniam: a parte qualche naïveté nel fraseggio, la performance è di qualità (la sua voce si fa meglio piacere nel registro medio e negli acuti). Buone anche le voci femminili: la ricchezza di armonici, la foggia chiara e potente di Angela Nisi; la pastosa, brunita voce di Adriana di Paola. Si fanno amare già dal Qui tollis, dove i loro timbri vanno placidamente a nozze – con quale pathos porgono i «miserere nobis» −, concluso dall’effetto stupendo del trillo doppiato. La Nisi gioca molto con i volumi nel Crucifixus, fraseggiando intensamente il passaggio sul testo «passus»; assai convincente anche in O salutaris hostia, dove mostra legati e acuti di prima qualità, aprendo il suono, anche se forse calca troppo sul volume. La Di Paola affronta disinvolta la parte (sfoggiando un look più punk-rock che classico!), cesellando degnamente l’insidiosa scrittura contrappuntistica dell’Agnus Dei.
Il tutto è accompagnato divinamente (è il caso di dire!) dall’espertissima direzione di Pappano, che suona magnificamente la prima parte di pianoforte: il Preludio religioso e l’Offertorio gli offrono buon agio di dimostrare il suo sofisticato pianismo, rendendo sacralmente il motus perpetuus che fa da intermezzo dal sapore bachiano. La moglie, Pamela Bullock, accompagna degnamente con il secondo pianoforte, di riempimento. Gli applausi giungono festosi e grati per l’eccezionale regalo.