Richard Strauss (1864 – 1949): “Die Liebe der Danae” (1944)

Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
Die Liebe der Danae (L’amore di Danae) op. 83, Heitere Mythologie (Mitologia “gioiosa” ) in tre atti su libretto di Joseph Gregor.
Penultima opera di Strauss, Die Liebe der Danae costituisce la realizzazione definitiva di un progetto iniziato da Hofmannsthal quando, nel 1920, aveva inviato al compositore un abbozzo di un libretto il cui argomento, come si evince da una lettera del 30 aprile di quell’anno:
“appartiene al mito della grecità arcaica, trattato in maniera impertinente, come una novella milesia, nel carattere di Luciano […]. Esige una musica leggera e spiritosa, come solo Lei può creare”.
Nel 1920 questo progetto rimase un semplice abbozzo e fu accantonato a favore di Elena Egizia prima e di Arabella poi, per essere ripreso sedici anni dopo su suggerimento di Willi Schuch, futuro biografo di Strauss; questi aveva avuto modo di leggere questi abbozzi sulla rivista «Corona», dove erano stati pubblicati, nel 1933, da Herbert Steiner curatore dell’edizione delle opere complete del drammaturgo tedesco. Ancora una volta ad essere incaricato della stesura del libretto fu Joseph Gregor che, in un anno, dal mese di luglio del 1936 allo stesso mese del 1937, dovette porre mano a quattro stesure diverse prima di soddisfare i desiderata di Strauss; questi, nel frattempo, con la solita delicatezza che contraddistinse i suoi rapporti con Gregor, aveva commentato la seconda stesura del libretto con un semplice quanto perentorio: Non corrisponde a ciò che mi aspetto. In realtà anche la quarta stesura del libretto fu parecchio tormentata a causa degli interventi e dei suggerimenti di Clemens Krauss che, insieme alle richieste di Strauss, finirono per modificare totalmente il progetto originario di Hofmannsthal. Alla fine il compositore si dichiarò contento del lavoro di Gregor affermando che il libretto era molto divertente e pieno di vero spirito greco e, appena finita la composizione di Dafne, si mise subito al lavoro per mettere in musica la nuova opera la cui partitura fu completata il 28 giugno 1940.
La prima rappresentazione subì dei ritardi soprattutto per la volontà di Strauss che, probabilmente deluso dagli allestimenti durante la guerra, intendeva differirne la première a due anni dopo l’armistizio. Come ricordato da lui stesso, Strauss decise di chiudere il manoscritto in un cassetto per dedicarsi alla composizione della sua ultima opera Capriccio che avrebbe visto le scene prima di Die Liebe der Danae il 28 ottobre 1942. Soltanto due anni dopo, dietro le insistenze di Krauss che voleva così celebrare l’ottantesimo compleanno del compositore (11 giugno 1944), si cominciò a parlare della rappresentazione la cui realizzazione fu impedita dal precipitare degli eventi bellici. Si era stabilito, infatti, di rappresentare l’opera a metà agosto al Festival di Salisburgo, ma il clima di tensione prodottosi in Germania in seguito alla scoperta, nel mese di luglio del 1944, del piano ordito per uccidere Hitler, Joseph Goebbels aveva proclamato la guerra totale con la conseguente chiusura di tutti i teatri all’interno dei confini del Reich. Nonostante ciò il governo nazista autorizzò una rappresentazione privata, quasi una prova generale in realtà, alla quale assistettero invitati, ufficiali e soldati feriti; il 16 agosto 1944 si tenne, quindi, questa rappresentazione sotto la direzione di Krauss, con la regia di Hartmann e con Hans Hotter (Jupiter) e Viorica Ursuleac (Danae). La prima rappresentazione pubblica ebbe luogo al Festival di Salisburgo il 14 agosto 1952, tre anni dopo la morte di Strauss, sempre sotto la direzione di Krauss, ma con Paul Schöffler e Annelies Kupper come interpreti.

L’opera
Atto primo
Re dell’isola di Eos, Polluce, una volta ricchissimo, è dipinto ironicamente all’inizio dell’opera come un nobile caduto in disgrazia e assalito dai creditori. L’unica ricchezza rimastagli è la figlia, Danae, che ha rifiutato molti pretendenti e che l’anziano padre vorrebbe dare in sposa a Mida, il re più ricco della terra che, secondo il mito, tramutava in oro tutto ciò che toccava. Tutto questo si apprende nella vivace, quasi operettistica scena iniziale, la cui scrittura da commedia musicale borghese appare evidente già nel tema iniziale affidato all’orchestra che accompagna dei cori, definiti dallo stesso Strauss di colore grigio brunastro, che dialogano con Polluce.
Un netto cambio di atmosfera si produce nello splendido interludio orchestrale intitolato Der Goldregen (La magia dell’oro), caratterizzato da un tema leggerissimo introdotto dalla celesta e dal glockenspiel che rappresentano una pioggia d’oro. Pagina orchestrale estremamente raffinata dal punto di vista delle scelte timbriche, la Magia dell’oro rappresenta il sogno di Danae che è stata avvolta sensualmente durante il sonno da una pioggia d’oro, come si apprende da quanto la fanciulla narra subito dopo all’ancella Xante. Per rappresentare ciò Strauss fece ricorso a tutte le sue doti di compositore di musica a programma con eleganti florilegi dei legni e dell’arpa su un tappeto timbrico estremamente rarefatto e affidato agli archi, mentre Giove fa sentire la sua voce negli interventi degli ottoni. Nel lungo duetto, intessuto dei sogni virginali di Danae che si esprime spesso in eleganti movenze di carattere liederistico, si apprende anche che la fanciulla ha intenzione di sposare soltanto colui che sarà in grado di ridestare l’emozione provata durante il sogno.
Un’ironica marcia in 5/4, che accompagna il coro e quattro ninfe, Io, Alcmene, Europa e Leda, tutte vittime di un’avventura amorosa con Giove, introduce una scena di carattere processionale che annuncia l’arrivo di Mida. Questi, introdotto in modo principesco e sontuoso con l’accompagnamento di paggi ed eunuchi secondo l’uso lidio, si presenta sotto le mentite spoglie di Crisoforo, il portatore d’oro e suo sarto. Con Mida in incognito Danae si produce in un lungo duetto nel quale inizialmente resta meravigliata dal modo in cui l’uomo tratta le altre regine. Non meno sorprendenti sono le richieste dell’uomo che desidera vedere Danae in tutte le posizioni affinché possa ben lavorare per essa; il finto sarto, inoltre, parla del re informando la donna su ogni dettaglio della sua vita. Secondo il suo racconto Mida sarebbe stato un principe povero protagonista, pur nella miseria, di numerose avventure amorose, fino a quando avrebbe fatto la conoscenza di un vecchio dietro le cui spoglie si celava Giove che gli concesse una ricchezza enorme a condizione di restituirla nel momento in cui avrebbe suonato una certa melodia sul suo corno da caccia. Sempre secondo quanto raccontato dal falso Crisoforo, Giove si era interessato a lui perché sapeva trattare con dolcezza quelle donne alle quali egli si avvicinava in diverse sembianze. Questo racconto produce in Danae un’intensa emozione anche perché la fanciulla ricorda l’episodio della pioggia d’oro di cui è stata protagonista. Nel prosieguo del duetto, del quale Strauss non era molto soddisfatto dal punto di vista drammaturgico, ma che si segnala per squarci d’intenso lirismo, per una scrittura che richiama le caratteristiche di quella lidia e per gli interventi del coro, si apprende che il finto Crisosforo chiede la mano di Danae per il suo padrone lasciando perplessa e confusa la donna che si sente particolarmente attratta dal presunto sarto.
Un altro interludio marziale, costruito su uno dei temi fondamentali del duetto, sul cui incedere intervengono il coro e Polluce, introduce un altro personaggio; si tratta di Giove, travestito da Mida, che saluta Danae come sua sposa mentre l’atto si conclude in una scrittura limpida quasi mozartiana.
Atto secondo
 Un breve brano strumentale aperto da un leggero tema dei primi violini introduce la scena iniziale dell’atto secondo che si svolge in un grande salone da festa. Qui le quattro regine, Leda, Semele, Europa, Alcmena, un tempo amate da Giove che si è congiunto a loro assumendo le più svariate forme, a ritmo di valzer, preparano il talamo nuziale e nel frattempo rimproverano il dio perché ha ingannato Danae manifestandosi in forma di pioggia d’oro. In questa scena, la cui scrittura, musicalmente, appare limpida, quasi mozartiana, Giove afferma di essere questa volta veramente innamorato e appare geloso di Mida, nei confronti del quale la fanciulla si sente attratta. Questi, in un lungo colloquio con Giove, cerca di spiegare alla divinità che Danae all’attrazione dell’oro preferisce ascoltare la voce del suo cuore. Giove, geloso e indispettito per le spiegazioni di Mida, pronuncia nei suoi confronti una solenne condanna: tutto ciò che toccherà si trasformerà in oro. La prima vittima di questa condanna è proprio Danae che, ignara di ogni cosa, annunciata dall’orchestra con un fremito di danza, si trasforma in una statua d’oro avendo abbracciato Mida. La donna dà vita con Mida ad un duetto pieno di pathos, nel quale Strauss fa ricorso alla sua conoscenza dell’orchestra trattata con grande cura nella scelta dei timbri e a una scrittura contrappuntistica che esalta la voce del violino solista. Al termine del duetto Strauss costruisce un’altra incantata pagina sinfonica: si tratta dell’incantesimo con cui il giardino delle rose viene trasformato in oro. Dal punto di vista musicale il compositore dà vita ad una struttura poliritmica con il ¾, che caratterizza il tema principale e le parti di Mida e Danae, e il 6/8 che, invece, informa le parti di accompagnamento e di contrappunto. In particolare la struttura ritmica è costruita in modo tale che ad ogni battuta in ¾ ne corrispondano due in 6/8. Nella parte finale della scena il canto a due di Mida e Danae costituisce la testimonianza che i loro cuori ormai formano quasi una persona sola. Il pietrificante suono dei fiati riconduce la scena alla realtà che sarà presto svelata a Danae da Giove. Il dio rivela sia la sua vera identità che quella di Mida, un asinaio diventato re per sua grazia, affermando nel contempo di essere stato lui l’autore della pioggia d’oro. Danae, posta di fronte alla drammatica scelta fra Giove e Mida, decide, duettando con un violino solista, di seguire quest’ultimo preferendo il suo amore piuttosto che l’eterna divinità promessale dal primo. Giove è beffato e sfoga la sua ira nel concitato finale.
Atto terzo
Un breve preludio, aperto da un lirico tema perorato dall’orchestra e soprattutto dagli archi e costituito dalle principali melodie sin qui ascoltate dell’opera, apre l’ultimo atto, la cui scena iniziale si svolge nella capanna dove vivono Mida e Danae. Appena sveglio, l’uomo contempla Danae ancora addormentata; subito dopo, in una scrittura estremamente dolce e rarefatta e, al tempo stesso, languida e sensuale, racconta alla donna amata come Giove lo abbia prima sottratto alla sua condizione di asinaio promettendogli e donandogli grandi ricchezze e, poi, come sia stato rovinato sempre dalla vendicativa divinità a causa del suo amore per Danae. Di raffinata fattura, il duetto, nel quale ritornano alcuni dei temi già ascoltati in precedenza, si segnala per un acceso lirismo che esalta il contenuto del colloquio tra i due personaggi i quali si soffermano sulla forza dell’amore che simbolicamente vince su quella dell’oro e della ricchezza. In questo duetto sembra racchiuso, inoltre, il messaggio dell’opera che intende esaltare la forza dell’amore capace di dare quella felicità che l’oro non può regalare. Un breve interludio orchestrale, nel quale ritornano alcuni temi che hanno caratterizzato Giove nell’atto secondo, introduce il padre degli dei qui sbeffeggiato da Mercurio per l’ennesima avventura galante andata male. In questo passo, che Strauss apprezzava tanto, ma che in realtà non sembra sostenuto da una straordinaria ispirazione, la scrittura orchestrale si fa leggera quasi da commedia musicale. Anche le quattro regine, in seguito, si uniscono a Mercurio nel canzonare Giove in una scena che non trova, per la verità, nuovi spunti melodici, ma che si segnala, comunque, per un’ottima fattura contrappuntistica.
Questo tono da commedia borghese prosegue nella scena successiva, quando, durante un banchetto che Giunone sta organizzando per riconquistare lo sposo infedele, giunge Polluce, inseguito dai suoi creditori che per poco non aggrediscono Giove, scambiandolo, sempre secondo uno schema da commedia degli equivoci, per Mida. Il deus ex machina di questa piccola bega è Mercurio che, prima, rabbonisce i creditori risarcendoli con una cascata di monete d’oro e, poi, consola Giove affermando che l’amore di Danae per Mida non resisterà alla prova della miseria a cui la donna è costretta.
Un breve interludio orchestrale, costruito con i temi dell’ultima parte del duetto tra Giove e Mercurio, introduce la scena successiva in cui Danae si produce in un assolo di morbido lirismo (Wie ungibst du mich mit Frieden) nel quale la fanciulla esprime la sua condizione di sposa felice; al termine dell’assolo Giove si presenta sotto le mentite vesti di un viandante tentando un ultimo approccio, ma, colpito dalla forza del sentimento d’amore che Danae difende in modo appassionato, diventa un padre amorevole. Nello splendido finale si può celebrare dunque la forza dell’amore coniugale nel Majaerzählung, dove la donna è circondata dalla bellezza dei fiori di Maja, qui esaltata da una scrittura orchestrale intrisa di dolce e tenero lirismo, mentre a un Giove, un dongiovanni ormai vecchio e stanco, sconfitto e beffato in questa sua ultima avventura amorosa, non resta che accettare un fermaglio d’oro, simbolo di unione. L’opera, che, come affermato dallo stesso Strauss in una lettera indirizzata a Gregor, rappresenta il crepuscolo degli dei Greci e il commiato della sensualità ellenica, si conclude su un sereno e rassicurante accordo di si bemolle maggiore che mette la parola fine alle varie peripezie.