Roma, Teatro dell’Opera:”Nabucco”

Roma, Teatro dell’Opera, stagione estiva 2013
“NABUCCO”
Dramma lirico in quattro parti su libretto di Temistocle Solera.
Musica di Giuseppe Verdi
Nabucco  LUCA SALSI
Ismaele  FRANCESCO MELI
Zaccaria RICCARDO ZANELLATO
Abigaille  TATIANA SERJAN
Fenena  ANNA MALAVASI
il Gran Sacerdote di Belo  LUCA DALL’AMICO
Abdallo SAVERIO FIORE
Anna SIMGE BUYUKEDES
Orhestra e Coro del Teatro dell’Opera
Direttore Riccardo Muti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia e scene Jean-Paul Scarpitta
Costumi Maurizio Millenotti
Luci Anne-Clair Simar
allestimento del Teatro dell’Opera del 2011
Roma, 20 luglio 2013

Ripresa estiva dello spettacolo andato in scena nel 2011 sempre al teatro dell’Opera di Roma per il 150° anniversario dell’unità di Italia ma con un cast di cantanti diverso almeno per quanto riguarda le parti principali. Riccardo Muti ha ancora una volta saputo stregare il pubblico con una esecuzione entusiastica e travolgente della partitura, ponendo in evidente primo piano le percussioni ed i fiati dell’orchestra e trovando la cifra espressiva della serata soprattutto nei contrasti delle dinamiche tra il “fortissimo” e il “piano” e in un ritmo di narrazione sempre serrato ed incalzante ma comunque attento alla cantabilità.  L’orchestra, in evidente posizione  di protagonista, ha ben assecondato le intenzioni espressive del direttore e così pure il coro diretto da Roberto Gabbiani, a dispetto forse di un piccolo ed evidentemente occasionale incidente di intonazione, ha saputo trovare delle belle sonorità ed ha offerto nel complesso una esecuzione molto intensa e partecipe.
Nel ruolo del titolo era il baritono Luca Salsi, il quale ha dato una interpretazione del proprio personaggio convincente ed in sintonia con le intenzioni del direttore, cantando con voce ampia e proporzionata ai volumi dell’orchestra, varietà di colori e dizione chiara. Il suo Nabucco si esprime più per virtù di sintesi che non per capacità di scavo emotivo originale o senso della parola scenica ma è risultato profondamente funzionale all’impostazione generale della serata ed in assoluto comunque ha costituito una esecuzione di buon livello. Il tenore Francesco Meli ha cantato la parte di Ismaele con la consueta splendida voce e grande musicalità, sebbene in qualche momento è apparso un po’ prossimo al limite rispetto alle sonorità prodotte dell’orchestra. Ottimo lo Zaccaria del basso Riccardo Zanellato per autorevolezza scenica, musicalità e bellezza della voce, mantenuta sempre morbida e sorvegliata in tutta l’ampia estensione anche quando il volume dell’orchestra avrebbe potuto indurre a forzare. In particolare molto belle e ben eseguite sono apparse le variazioni nella ripresa della cabaletta del primo atto ed ispirata e originale la seconda aria.
Su un piano nettamente inferiore si colloca l’Abigaille di Tatiana Serjan. Nonostante una voce non comune per timbro e volume ed alcuni attacchi in pianissimo di bell’effetto musicale, l’intonazione è apparsa di difficile definizione in diversi passaggi ed anche alcuni acuti sono sembrati un po’ forzati. Ma a parte questi aspetti, quello che è sembrato poco convincente è stata l’interpretazione del personaggio in sostanza monocorde e risaputa, volta solo ad evidenziarne il lato rabbioso e violento con scatti, grandi falcate, mani continuamente protese ad artiglio, pochissima originalità musicale e  con il risultato globale di una esecuzione molto esteriore ed alla fine un po’ noiosa, priva della statura drammatica che si addice ad una eroina di un soggetto biblico.
Buona nel complesso l’esecuzione della Fenena di Anna Malavasi per appropriatezza stilistica, musicalità ed espressività e molto bravo anche Luca Dall’Amico sia scenicamente che vocalmente nella parte del Gran Sacerdote di Belo. Presenti anche nella precedente edizione erano rispettivamente Simge Buyukedes nella parte di Anna cantata con correttezza e Saverio Fiore come Abdallo, il quale ha saputo illuminare il suo breve e nobile ruolo in modo insolitamente originale con accenti appropriati, intensi e partecipi. La regia e le scene di Jean-Paul Scarpitta erano apparse poco convincenti già nella precedente serie di recite e questa seconda visione non ha sostanzialmente modificato l’impressione ricevuta a suo tempo. A parte il giudizio estetico che però  va detto per correttezza rientra in un discorso di gusto personale,  l’idea della ricerca del minimalismo per esaltare quella che si ritiene essere una vera drammaturgia è sicuramente interessante ma incitare ad un saccheggio che non avviene o agitare un brando che non c’è, alla fine rievoca simpaticamente il classico stereotipo dell’opera, sbeffeggiato dal senso comune, nel quale si sente cantare “partiam partiamo” per 10 minuti senza che si muova nessuno.Belli i costumi di Maurizio Millenotti. Alla fine applausi travolgenti per tutti e soprattutto per Riccardo Muti. Foto Silvia Lelli © Opera di Roma