RomaEuropa Festival 2012: Story /Time di Bill T. Jones

Roma, Teatro Eliseo, RomaEuropa Festival 2012
“STORY / TIME”
Bill T. Jones/Arnie Zane Dance Company
Ideazione e regia Bill T. Jones.
Coreografia di Bill T. Jones con Janet Wong e i membri della Compagnia: Antonio Brown, Talli Jackson, Shayla-Vie Jenkins, LaMichael Leonard jr, I-Ling Liu, Erick Montes, Jennifer Nugent, Joseph Poulson, Jenna Riegel.
Musica dal vivo Ted Coffey.
Testi Bill T. Jones
Scene Bjorn G.Amelan
Scenografo associato Salomon Weisbard
Costumi Liz Prince
Luci Robert Wierzel
Roma 14 Ottobre 2012
Il sipario è già aperto. La scena organizzata. Niente quinte ne fondale, muri neri un po’ incrostati, una scala a chiocciola sullo fondo arriva su in graticcia, al centro un tavolo bianco con una luce, un divano sulla sinistra e due grandi separé bianchi di un tessuto trasparente, una griglia bianca disegnata in terra prende tutto il palco. Questa è la scena in cui Bill T. Jones leggerà le sue storie, STORY/TIME appunto. Sono 140 ma non sono proprio storie, più che altro dei flash, scatti fotografici, brevi illustrazioni, immagini da una vita, ricordi, emozioni e tanti sogni. La sensazione è che ancora una volta l’artista americano arrivi per stupire, c’è attesa e le aspettative non verranno tradite. Per ogni spettacolo il sessantenne artista americano ne sceglie 70, le estrae a sorte, un minuto circa ognuna; saranno la colonna sonora della performance, un fiume di parole, tanto ritmo e a volte melodia. Jones legge spesso meccanicamente, a tratti guarda i suoi artisti, nelle pause o tra una storia e l’altra, ogni minuto la scena cambia, l’emozione diversa, si volta pagina. La tensione è alta, lo spettacolo difficile, la concentrazione al massimo. Chi conosce il teatro, da dietro, può immaginare cosa voglia dire portare in scena ogni sera uno spettacolo diverso, non c’è improvvisazione, 140 minuti montati nella testa ma eseguirne solo 70.
Lo stesso Jones racconterà nell’incontro col pubblico organizzato dopo lo spettacolo della tensione che i danzatori vivono prima di andare in scena, eppure questi magnifici animali da palcoscenico, così eterogenei, dalla marcata personalità, ognuno con un suo splendido movimento sono l’emanazione di quelle parole e del loro autore. Tutto funziona alla perfezione; incredibile materiale umano, come dei piccoli automi con anima muovono le parole e si fanno muovere. A volte raccontano minuziosamente, come nei fotoromanzi d’altri tempi, sketch non proprio allegri, velocissimi con movimenti che si susseguono a ritmo serrato su ogni parola, una traduzione in contemporanea; viaggiano la scena senza sforzo, con incastri di corpi che sembrano mossi elettronicamente e che si risolvono con tale fluidità, scatti di rabbia, segni di dolore, gestualità di incontri e scontri. Altre volte sono le emozioni, le immagini, le sensazioni, gli stati della vita, drammi, disperazione, gioco, amore, tenerezza, odio ad essere raccontati. C’è tutto un mondo, ma soprattutto una danza meravigliosa, energia incredibile, livelli interpretativi sublimi; danzatori che come folletti animano le emanazioni della mente e del cuore dell’artista e producono un movimento pregno di emozione, che viene da dentro, incastri perfetti, corpi lanciati nello spazio, recitazione allo stato puro.
La griglia disegnata sul palco come a schematizzare il processo creativo e dargli un input, ordinare la mente in confusione prima di ogni creazione, Jones stesso così la motiva, viene usata al millimetro; 12 scatole che riproducono lo stesso luogo qualunque sia il teatro e che aiutano e sostengono i danzatori in questa impresa quasi titanica. Il divano luogo di violenze, incontri, passioni e dolcezze, i separé che viaggiano sulla scena a creare delle quinte trasparenti, le luci che accolgono ogni storia diversamente e creano sapientemente atmosfere mai invadenti, i corpi dai quali esce fumo, i fari che viaggiano sulla scena accecando lo spettatore ma suggerendo situazioni oniriche. Una vera creazione, nulla di scontato, un piccolo capolavoro, sessant’anni di vita, trenta di compagnia, ancora a “costruire” emozioni. Non c’è male.