Alfredo Kraus (1927-1999): “Kraus il magnifico”

Alfredo Kraus (Las Palmas, Gran Canaria, 24 novembre 1927 – Madrid, 10 settembre 1999)
Alfredo Kraus è fisicamente un tipo di uomo che fa pensare a Douglas Fairbanks Jr, l’attore cinematografico americano che negli anni ’30 e ?40 e entusiasmò le platee femminili. Alto, magro, i baffetti curatissimi, il gesto sobrio. Sposato, quattro figli (“più due nipoti”) precisa è nato in Spagna, a Las Palmas e, isole Canarie il 24 novembre 1927.
Gli apparirà banale, signor Kraus, questa domanda. Ci aiuti a capire il mistero della voce.
“Pensi per prima cosa ad una verità semplicissima: la voce non è uno strumento che si vede, che si tocca, non è un oggetto che si può prendere tra le mani. Poi pensi al fatto che noi cantanti abbiamo un handicap, quello di sentire la nostra voce diversa da quella che è, perché la sentiamo dentro di noi. Invece la voce ha un suono che è al di fuori di noi. Sicchè bisogna per prima cosa imparare a conoscere la propria voce. Questo è il vero mistero”.
E lei come ha risolto il mistero?
“Studiando. Io ho sempre creduto che l’obiettivo principale di un cantante lirico sia proprio il dominio della voce, per farne poi  ciò che si vuole. Tutt’altro che facile. È uno strumento, ripeto, che non si vede e non si tocca. Quindi bisogna lavorare moltissimo con la mente per impadronirsene. Ho studiato con i maestri giusti, che potevano aiutarmi a trovare sicurezza, che mi obbligavano a continue verifiche e che soprattutto mi hanno insegnato ad amministrare l’unico tesoro che possiedo. La mia ultima maestra di canto diceva sempre: “State attenti, perché è vero che il palcoscenico fa l’artista ma spesso può rovinare il cantante”. Nel senso che si è indotti a preoccuparsi soltanto di assumere in scena quella certa espressione, di forzare la voce, di spingere la nota per impressionare il pubblico, mentre spesso si perde di vista il controllo della voce. Acquisire una certa tecnica vuol dire anche servirsi della psicologia. Il problema, del resto, mi attraeva va fin dai primi anni della carriera. C’era qualcosa di poco
chiaro “.
Ossia?
“Nel momento in cui si riesce a conoscere la materia prima, cioè la propria voce, ci si chiede perché poi col passare degli anni invece di perfezionarsi, di maturare, la voce  comincia a guastarsi, a perdere di qualità, di altezza, di timbro. È successo a molti. Mi sembrava assurdo. Perciò dall’inizio ho cercato di approfondire tutti i segreti della tecnica vocale. Oggi che non ho più maestri perché purtroppo sono morti continuo a studiare con la stessa tenacia. È un fatto di sana amministrazione del patrimonio, cerco di non strafare. Attualmente 50 recita all’anno, per esempio, sempre che le condizioni di salute mi assistano, è ovvio. Una regola per me fondamentale è non cantare  mai a mente stanca e corpo stanco.”
Se dovesse citare un tenore del passato, chi prenderebbe a modello?
“È difficile. Ritengo che non si possa e non si deve imitare qualcuno. Ognuno di noi conosce le proprie qualità i propri limiti. Se mi chiede chi considero il più grande tenore di tutti i tempi, allora  le rispondo: Aureliano Pertile”.
Signor Kraus, quando intraprese la carriera artistica, credeva all’idea del possibile successo?
“Gli studenti di canto sono tutti i presuntuosi, chi esageratamente e chi no, chi dice: io diventerò un idolo; e chi sta zitto. Sono stato studente di canto anch’io, ma era un presuntuoso che stava zitto. Dal momento che sono arrivato in Italia, e non prima, ho avuto la certezza che sarei arrivato al successo. Ho sentito cantare tanta gente che forse… Insomma, ho detto: bene se cantano loro, allora posso cantare anch’io. Presunzione, certo. ma nel senso giusto, perché non si può affrontare una carriera come questa con il complesso di inferiorità”.
S
i considera  un mostro sacro del Lirica?
“L’artista è un essere diverso, per il tipo di lavoro che fa. Deve esercitarsi, deve creare, deve reggere costantemente un confronto col pubblico. È una persona particolare. Oggi, però, il cantante lirico sente più il bisogno di partecipare alla vita degli altri “.
Crede di  conoscersi bene? Come conosce la sua voce?
“Tutti crediamo di conoscerci bene, invece no. Siamo tutti egoisti, anche se tutti lo neghiamo. Del resto, a mio avviso, non è brutto essere egoisti, È nella nostra natura di uomini. Naturalmente parlo dell’egoismo positivo. Il mio carattere? Posso dire che ho un notevole autocontrollo. È
difficile che perda le staffe. Succede di rado. Il grande dominio di se stessi è forse una specie di disciplina indispensabile in questa attività.”
Quali sono i personaggi che sente più vicini all’uomo Alfredo Kraus?
“I romantici, non gli eroici. Il Werther, per esempio. Hanno che sono il Werther ideale. Ma vorrei ricordare I Puritani (negli ultimi 40 anni credo di essere il tenore che ha più interpretato quest’opera), I Pescatori di perle, Favorita. Il mio primo successo, credo sia un caso unico nella storia della lirica, lo devo ad Alfredo della Traviata, un ruolo che altri hanno sempre trattato male, considerandolo ingrato. Io lo assunsi con affetto.” (Estratto da “Afredo Kraus il magnifico”, Roma, 1980)