Charles Gounod (1813-1883): “La colombe”

Opéra-comique in due atti su libretto di Jules Barbier e Michel Carré da “Le Faucon” di La Fontaine. Erin  Morley (Sylvie), Javier Camarena (Horace), Michèle Losier (Mazet), Laurent Naouri (Maître Jean). Orchestra Hallé, Sir Mark Elder (Direttore). Registrazione: Hallé St Peter’s, Ancoats, Manchester, Giugno 2015. 2 CD Opera Rara ORC53

In quel 1866 quando il palcoscenico dell’Opéra Comique metteva in scena la nuova opera di Charles Gounod il clima di Parigi non era forse così favorevole alla brillantezza del titolo. Il Secondo Impero declinava rapidamente e il paese vedeva un diffondersi d’incertezza e tensione che le disastrose operazioni coloniali in Occidente come in Oriente non facevano che rinfocolare. Le ombre che quattro anni dopo avrebbero travolto a Sedan la Francia e i suoi sogni imperiali cominciavano ad addensarsi sempre più fosche. E forse proprio il contesto storico spiega la fredda accoglienza con cui i parigini salutarono la leggera e spumeggiante “La colombe” destinata rapidamente a sparire dai palcoscenici fino all’estemporanea ripresa del 1924 a Monte Carlo firmata da Djagilev su iniziativa di Štravinškij con i recitativi musicati per l’occasione da Poulenc.
Eppure questa fragile commedia tratta da La Fontaine rimontante a suo volta all’illustre archetipo del Boccaccio è lavoro minore ma non spregevole, forse non retto da alta ispirazione ma dominato da un mestiere esemplare e da una capacità di sedurre il pubblico non ininfluente.  Si accoglie quindi con piacere questo nuovo prodotto Opera Rara che fornisce dell’opera un’edizione perfettamente compiuta da ogni punto di vista oltre che perfetta nella qualità tecnica dell’incisione. La fragile vicenda del Cavaliere Horace che vive in povertà con l’unica ricchezza di una colomba portentosa e della sdegnosa Sylvie che vorrebbe l’uccello e si reca a chiederlo all’uomo che l’ha sempre amata e che non avendo altra ricchezza che quella la sacrifica per amore della donna che solo a quel punto riconosce la nobiltà d’animo dell’uomo e decide di aprirgli il suo cuore non solo è arricchita dai librettisti dei nuovi personaggi di Mastro Jean cameriere di Sylvie e di Mezet figlia di Horace e di un lieto fine per tutti, colomba compresa salvata dalla ragazza e sostituita come portata principale dal pappagallo dell’odiata Aminte ma soprattutto riveste le vicende di un tessuto orchestrale d’impalpabile raffinatezza – si ascolti l’eleganza quasi cameristica del preludio – e di ritmi ora languiti ora effervescenti, magari non originalissimi in se ma realizzati con una sicurezza ammirevole anche quando assistiamo all’inserimento nel nuovo tessuto di reminiscenze di opere precedenti (Il madrigale di Roméo per la cavatina di Horace, uno dei temi del balletto del “Faust” per “Dieu de bonté”, ricordi se non ripresa diretta di “Ô jour de deuil” per “Ô pauvreté funeste”).
Mark Elder con l’orchestra Hallé con cui regolarmente collabora sono semplicemente perfetti in una lettura pulitissima, nitida, brillante, ritmicamente travolgente ma anche languida e malinconica quando richiesto, con un senso dello stile e un gusto così autenticamente francese che lascia quasi sorpresi ascoltarlo da un direttore britannico.
La compagnia di canto è poi ottima in tutti i suoi elementi. Javier Camarena è un Horace dalla bellissima voce e dagli acuti pieni e squillanti, domina con sicurezza una tessitura spesso decisamente impervia – ad esempio nel finale primo – e sfoggia un esemplare controllo del fiato e se l’interprete e a tratti più schietto e passionale, più latino che francese nulla cambia alla bontà complessiva della prova specie per un pubblico non madrelingua. Come Sylvie Erin Morley sfoggia una bella voce da soprano coloratura leggera e brillante, capace di superare con assoluta naturalezza i fuochi d’artificio virtuosistici di “Je veux interroger ce jeune homme” ma anche dotata di un buon corpo solido e robusto e di una propensione al canto spianato che emerge negli abbondoni lirici che nella parte si alternano ai momenti più brillanti.
Laurent Naouri è una dei migliori baritoni francesi del momento e non solo centra il personaggio di Mastro Jean alla perfezione ma nella grande aria della cucina “Le grand art de cuisine” è di irresistibile simpatia. La canadese Michèle Losier ha il giusto timbro di mezzosoprano chiaro richiesto da Mazet – la cui vocalità ricorda per molti aspetti quella del Siebel del “Faust” – e notevole personalità interpretativa e solo si può riscontrare un certo vibrato in alcuni passaggi troppo accentuato.