Gioachino Rossini 150: “Demetrio e Polibio” (1812)

Opera i due atti su libretto di Vincenzina Viganò Mombelli. Sofia Mchedlishvili (Lisinga),Victoria Yarovaya (Siveno), César Arrieta (Demetrio), Luca Dell’Amico (Polibio). Camerata Bach Choir Poznań, Anja Michalak (Maestro del coro), Virtuosi Brunensis, Luciano Acocella (Direttore). Registrazione: XVIII Rossini in Wilbad Festival, Wildbad Köningliches Kurtheater, 17-22 giugno 2016. 2 CD Naxos 8.660405-06. 
Demetrio e Polibio” non è la rivelazione di un genio adolescente – nonostante la sua precocità, Rossini non è al riguardo Mozart – ma la prima testimonianza di un precoce mestiere già capace di organizzare in verdissima età (la tradizione data fra il 1806 e il 1808, quindi a partire dai quattordici anni del compositore anche se più realisticamente l’0pera va collocata a ridosso del 1810 quando il diciottenne Rossini comincia una stabile frequentazione con la famiglia Mombelli) materiali musicali complessi e, se manca ancora l’autentico colpo d’ala, già si intuiscono le potenzialità future.
Commissionata dal tenore Domenico Mombelli e dalla di lui sposa Vincenzina Viganò per il teatro domestico rappresenta fin dalla commissione un interessante esempio di quella vita teatrale privata che si andava diffondendo anche presso il mondo borghese – seppur di una borghesia di professionisti della musica – ad imitazione dei teatri privati delle grandi famiglie reali e aristocratiche del secolo precedente. Gran parte della musica è attribuibile a Rossini – il preludio e alcuni interventi minori sembrano invece di altra mano, forse dello stesso Mombelli – e già si riconoscono una notevole capacità di organizzare strutture complesse – si senta il quartetto “Donami ormai Siveno” – e alcune invenzioni melodiche già degne dei futuri capolavori come nell’aria di Siveno “Perdon ti chiedo, o padre” o nel duetto fra questi e Lisinga.
A lungo dimenticata, l’opera è tornata con una certa – seppure relativa frequenza – sui palcoscenici teatrali. Allestita al ROF del 2010 è stata successivamente ripresa al Festival di Wildbad nel 2016 occasione cui risale la presente registrazione Naxos con suono piacevole anche se a tratti un po’ inscatolato soprattutto per la resa orchestrale. Ed è un peccato perché la direzione di Luciano Acocella alla guida dei Virtuosi Brunensis rappresenta uno degli aspetti migliori della registrazione. Il direttore offre una lettura elegante e precisa, senza ricercare inutilmente una teatralità latitante fin dall’infelice libretto e puntando piuttosto a evidenziare il rigore neoclassico e il gusto melodico che intridono già questa sperimentale partitura. L’orchestra è ormai una certezza in questo repertorio di cui conosce tutte le pieghe stilistiche e che rende con grande professionalità.
Il cast è invece fin troppo eterogeneo. L’elemento di gran lunga migliore è Victoria Yarovaya. La cantante russa aveva già affrontato il ruolo di Siveno a Pesaro ma negli anni trascorsi è maturata sia sul piano vocale che su quello interpretativo. Mezzosoprano dalla voce morbida e luminosa e dall’emissione flautata, si muove con assoluta naturalezza nella classica eleganza della scrittura rossiniana accendendosi quando il canto fa proprie le ragioni del virtuosismo grazie ad un controllo inappuntabile del canto di coloratura anche nei suoi passaggi più impegnativi. La sua prestazione – molto curata anche sul piano del fraseggio e dell’accento – è la pietra di paragone per tutti gli altri interpreti.
Sofia Mchedlishvili è una Lisinga elegantissima e molto musicale, di bella linea e molto precisa nei passaggi di coloratura ma il volume è limitato; dalla registrazione si percepisce una voce piccola anche se piacevole e costretta inutilmente a forzare per rendere il tono eroico di molti recitativi della principessa mentre la grande aria, pur corretta, non riesce a esprimere pienamente le proprie potenzialità.
Ancor meno riuscite le prove della parte maschile del cast. César Arrieta ha vocalità decisamente troppo povera per Demetrio. La linea di canto è corretta e nei momenti più lirici si apprezza un canto elegante e preciso nonostante un timbro alquanto anonimo ma manca dell’imperioso squillo acuto e della forza d’accento che il re di Siria richiede come elementi caratterizzanti. Presenza vocale che avrebbe il Polibio di Luca Dell’Amico dotato di una vocalità naturalmente ampia e sonora purtroppo compromessa da un canto spesso rozzo e sgraziato e dall’emissione faticosa.