Gustav Mahler (1860 – 1911): “Blumine” e “Sinfonia n. 10 in fa diesis maggiore”

Gustav Mahler (Kalištĕ, Boemia, 1860 – Vienna, 1911)
“Blumine”
Andante Allegretto

Come si apprende dal manoscritto del 1893 relativo alla Sinfonia n. 1 in re maggiore, Blumine corrispondeva in origine al secondo movimento rispetto ai cinque complessivi di cui si componeva la sinfonia. In questa forma la sinfonia fu eseguita, per la prima volta, a Budapest il 20 novembre 1889 sotto la direzione di Mahler, che lasciò inalterata la partitura per la seconda esecuzione avvenuta ad Amburgo nel 1893. Tre anni dopo, preparando una nuova edizione per l’esecuzione della sinfonia a Berlino, Mahler operò la scelta, che ad alcuni musicologi e musicisti apparve sorprendente, di eliminare definitivamente il brano che, tuttavia, sarebbe stato reinserito da B. Britten durante l’esecuzione della sinfonia il 18 giugno 1967 al Festival di Aldeburgh nel Suffolk. La decisione di Mahler di eliminare Blumine ha destato una tale sorpresa da indurre molti musicisti a ritenere che il compositore l’abbia presa contro voglia o perché condizionato dal giudizio poco lusinghiero della critica o dietro il suggerimento dell’editore che nel 1899 pubblicò la sinfonia nella versione in quattro movimenti. È, tuttavia, poco plausibile la tesi secondo cui Mahler si sarebbe fatto condizionare dal giudizio della critica, sia perché egli ne ebbe sempre una scarsa considerazione, sia perché non reintegrò il brano nella struttura della sinfonia nemmeno quando diventò un direttore e un compositore di fama internazionale.
Per queste ragioni la decisione di molti direttori di integrare il brano all’interno della sinfonia risulta alquanto arbitraria, soprattutto in virtù del fatto che Blumine originariamente faceva parte delle musiche di scena scritte per Der Trompeter von Säkkingen di Joseph Viktor von Scheffel e che Mahler l’aveva introdotta nella sinfonia solo per preservarla da un eventuale oblio.  Il compositore, inoltre, decise di togliere dalla struttura della sinfonia il brano, al quale aveva dato pure un titolo, Una ghirlanda di fiori, che, in qualche modo, avrebbe potuto essere compatibile con il programma della sinfonia, in quanto lo ritenne avulso dal contesto anche per ragioni di carattere prevalentemente musicale. Se, infatti, la tonalità di do maggiore, completamente diversa da quella di re maggiore, tonalità d’impianto della sinfonia, può essere spiegata con un salto di tonalità tipico della produzione del compositore boemo, lo stesso non si può certo dire per la struttura melodica nella quale è totalmente assente l’intervallo di quarta giusta che caratterizza la Prima sinfonia.
Dal punto di vista formale Blumine presenta una struttura tripartita in cui il tema principale, gradevole e, al tempo stesso, semplice, che ritorna dopo un breve sviluppo, è affidato alla tromba. Pur essendo stata eliminata dalla sinfonia, Blumine fa sentire la sua dolce e delicata presenza in alcuni interessanti richiami negli altri movimenti e, in particolare, alla misura 18 dello Scherzo, dove appaiono le prime sei note del tema in una diversa veste ritmica. Mahler amò questa composizione tanto da definirla: “Una serenata al chiaro di luna suonata da una tromba oltre le rive del Reno”. Sono parole che evocano l’incanto del paesaggio rischiarato dalla luce lunare e le suggestioni  musicali di una tromba solitaria e lontana.
Sinfonia n. 10 in fa diesis maggiore
Andante, Adagio

“In quegli anni la produzione di Mahler era stata prodigiosa: la Quinta, la Sesta, la Settima, l’Ottava, tre Kindertotenlieder, tutte le liriche e gli schizzi che dovevano diventare il Lied von der Erde e che non voleva intitolare la Nona sinfonia. Aveva il terrore del concetto Nona sinfonia, perché né Beethoven, né Bruckner avevano raggiunto la Decima. Scrisse Das Lied von der Erde in un primo tempo come Nona sinfonia, poi cancellò il numero e quando scrisse poi la Nona sinfonia mi disse: «Veramente è la Decima, perché Das Lied von der Erde è la mia Nona». Quando poi si mise a scrivere la Decima pensava: «Ora il pericolo è passato per me!» Eppure non ha mai sentito un’esecuzione della Nona e Bruckner non aveva fatto in tempo a finire la sua, si era formata una specie di superstizione che nessun grande compositore di sinfonie potesse arrivare oltre la Nona” (G. Mahler, Ricordi e lettere, a cura di Luigi Rognoni, trad. di Laura Dallapiccola, Il Saggiatore, Milano 1976, p. 114).
Il pericolo per Mahler non era passato e, come notato dalla moglie Alma in questo ricordo, il compositore non riuscì né a sentire la prima esecuzione della sua Nona sinfonia né a completare la Decima. Lo scaramantico scambio di titoli tra la Nona sinfonia e il Das Lied von der Erde non era bastato al compositore per allontanare da sé gli spettri di quella forma di superstizione (così la chiamava la moglie), in base alla quale nessun grande compositore di sinfonie avrebbe potuto superare il limite invalicabile di nove posto da Beethoven che, per la sopravvenuta morte, non era riuscito a portare a compimento il progetto di scrivere una Decima sinfonia. Questa forma di maledizione, della quale la moglie esagera la portata raffigurando il marito impegnato in un lotta contro il destino e contro il tempo, colpì, infatti, anche Mahler che, come il suo illustre predecessore, non riuscì a completare la sua Decima sinfonia, in quanto la morte lo colse alle 11 di sera del 18 maggio 1911 mentre si trovava ricoverato nella clinica Löw di Vienna. Mahler aveva iniziato la composizione della Decima sinfonia a Toblach nell’estate del 1910, come ricordato sempre dalla moglie Alma che non nasconde alcuni aspetti di quella crisi matrimoniale che tormentò l’ultimo periodo di vita del compositore:
 “Accompagnai Mahler a Toblach e mi dovetti recare poi a Tobelbad per ordine medico a curare i miei nervi malati. Mahler, affidato a vecchi domestici di fiducia, rimase a Toblach dove incominciò gli schizzi della Decima. Io mi sentivo molto male e non reggevo più – completamente spossata dall’attività senza requie e senza sosta esplicata da quel motore titanico che era lo spirito di Mahler” (Ivi, p. 168)
Di questa profonda crisi matrimoniale c’è una traccia nell’abbozzo della partitura della Decima sinfonia, dove, secondo la testimonianza della donna, si possono leggere invocazioni e frasi a lei rivolte. Della Decima sinfonia Mahler riuscì a completare solo un movimento dei cinque previsti, anche perché si sottopose, negli Stati Uniti, ad un’estenuante tournée il cui programma prevedeva la direzione di ben sessantacinque concerti, dei quali riuscì a dirigere soltanto quarantotto. Il giorno prima di quest’ultimo concerto, il 20 febbraio, fu assalito da una forte febbre che, però, non gli impedì di onorare l’impegno e di salire sul podio per dirigere la Berceuse élégiaque di Ferruccio Busoni con Toscanini presente in sala. Mahler, la cui salute era irrimediabilmente minata, fu trasportato l’8 aprile su una nave che lo riportò in Europa e sulla quale si imbarcò anche l’amico Busoni, testimone di questo suo ultimo viaggio. Ormai vicino alla morte, Mahler non compose più preferendo la lettura di testi di filosofia e, in particolar modo, della Critica della ragione pratica di Kant nella quale cercò le risposte alle proprie domande esistenziali. L’unico movimento della Decima sinfonia completato da Mahler fu eseguito postumo solamente il 14 ottobre 1924 insieme ad un altro ricostruito per l’occasione da Ernst Křenek e intitolato Purgatorio che, nel progetto originario, doveva essere collocato al terzo posto. In seguito furono fatti numerosi tentativi di ricostruire la sinfonia nella sua interezza; uno di questi fu promosso dalla stessa Alma Mahler che, trasferitasi in America allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, aveva chiesto di completare la sinfonia ad Arnold Schönberg il quale, ormai troppo anziano, declinò l’invito. Della sinfonia si contano sei diverse ricostruzioni, tra cui la più famosa è quella del musicologo Deryck Cooke che ne fece ben quattro versioni, delle quali l’ultima, per uno strano gioco del destino, fu pubblicata nel 1989 dopo la morte dello stesso Cooke. Inizialmente contraria a questa ricostruzione, Alma Mahler manifestò il suo apprezzamento per la seconda delle quattro versioni, che, eseguita per la prima volta nel 1964 sotto la direzione di Berthold Goldschmidt, fu conosciuta dalla donna tramite una registrazione. Nonostante ciò alla ricostruzione di Cooke, bocciata da Ugo Duse che la ritenne un lavoro per quattro quinti opera di un musicologo, è preferita, per maggior rispetto della volontà del compositore, l’esecuzione dell’unico movimento completato da Mahler.
Nell’Adagio, Andante, l’unico movimento portato a termine e  interamente costruito su un canto in forma di recitativo affidato alle viole, le cui cellule tematiche vengono sottoposte a variazione, Mahler esprime nella forma di un intenso lirismo il suo congedo dalla vita e rende efficacemente l’approssimarsi della morte facendo tacere i contrasti dinamici. La variazione, che costituisce il principio fondamentale sul quale si basa l’intera poetica di Mahler, è qui sublimata in una scrittura nella quale ogni strumento viene considerato un solista, dal quale il compositore sembra volersi congedare individualmente.