Igor Stravinskij (1882 – 1971): “La sagra della primavera” (Le sacre du printemps), quadri della Russia pagana

Igor Stravinskij (Oranienbaum, Pietroburgo, 1882 – New York 1971)
La sagra della primavera (Le sacre du printemps), quadri della Russia pagana, in due parti

Prima parte, L’adorazione della terra: Introduzione; Gli auguri primaverili; Danze degli adolescenti;  Gioco del rapimento; Ronde primaverili; Giochi delle città rivali; Corteo del Saggio; Adorazione della terra (il Saggio); danza della terra
Seconda parte, Il sacrificio; Introduzione; Cerchi misteriosi degli adolescenti; Glorificazione dell’Eletta; Evocazione degli antenati; Azione rituale degli antenati; Danza sacrale (l’Eletta)
“Che la prima rappresentazione del Sacre du printemps sia stata accompagnata da uno scandalo è un fatto notorio. Comunque, per quanto possa sembrare strano, io stesso non mi aspettavo una simile esplosione. Le reazioni dei musicisti che venivano alle prove d’orchestra non la facevano certo presagire, e lo spettacolo scenico non appariva tale da dover far scoppiare una rivolta […]. Fin dall’inizio della rappresentazione si sentirono moderate proteste contro la musica. Poi, quando il sipario si aprì sul gruppo di Lolite con gambe ad X e lunghe trecce, che saltavano su e giù (Danse des adolescentes), la tempesta scoppiò. Dietro di me gridavano – Ta gueule –. Udii Florent Schmitt urlare: – Taisez-vous garces du seizième –; le «garces» del sedicesimo arrondissement erano, naturalmente, le signore più eleganti di Parigi. Comunque il tumulto continuava, e pochi minuti dopo lasciai furioso la sala; ero rimasto fino ad allora seduto nelle prime file a destra vicino all’orchestra, e ricordo di aver sbattuto violentemente la porta. Non sono mai più stato arrabbiato come allora. Quella musica mi era talmente familiare! Mi piaceva molto e non potevo capire perché gente che non l’aveva ancora sentita volesse protestare in anticipo. Arrivai con furia dietro il palcoscenico, dove vidi Djagilev che faceva manovrare le luci in sala nell’ultimo sforzo di far tornare la calma in teatro”.
Erano trascorsi quasi cinquant’anni dalla prima del Sacre du printemps avvenuta il 29 maggio 1913 al Théatre des Champ-Elysées nell’ambito della stagione organizzata dalla compagnia dei Balletti Russi fondata e diretta da Sergej Djagilev, ma erano ancora vive in questa intervista rilasciata da Stravinskij al direttore d’orchestra statunitense e suo allievo Robert Craft la memoria e la rabbia per la pessima accoglienza riservata dal pubblico parigino a questo suo lavoro. La prima esecuzione del Sacre du printemps, la cui traduzione corretta sarebbe Rito della primavera e non Sagra, titolo con cui è conosciuta in Italia, suscitò, infatti, uno scandalo incomprensibile, soprattutto se si considera che la Sagra, come ha notato il musicologo Roman Vlad, sarebbe diventata presto una delle opere più celebrate di tutta la moderna letteratura musicale. Il pubblico della prima esecuzione non comprese l’impostazione rivoluzionaria di un’opera che, con i suoi accordi sovrapposti di diverse tonalità e le sue sonorità violente, comunque non tali da offuscare i timbri dei singoli strumenti, esaltati, invece, nella loro individualità, tendeva alla creazione di una musica a tratti aspra, ma di vibrante  intensità. Un linguaggio originale è evidente anche nelle melodie di dimensioni ridotte ma ripetute in modo ossessivo e inserite in una struttura ritmica vitalistica e violenta. Il balletto segue un programma letterario la cui prima idea si materializzò nella mente di Stravinskij quasi in modo spontaneo, come egli stesso dichiarò nelle sue memorie autobiografiche, Chroniques de ma vie:
“Un giorno […] intravidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera. Fu il tema del Sacre du printemps”.
Su questo tema di carattere primitivo influenzato dal fauvismo, un movimento artistico che auspicava il recupero di tutto ciò che era ritenuto, appunto, primitivo, Stravinskij scrisse a quattro mani con il pittore Roerich il soggetto che si fonda su un rito pagano dell’antica Russia secondo il quale una giovane fanciulla, chiamata L’Eletta, danza fino alla morte di fronte ad un gruppo di saggi che la osservano e offre, così, in sacrificio la sua vita per propiziare il dio della primavera.


Da un punto di vista macroformale questo lavoro, diviso in due parti, delle quali la prima, L’adorazione della terra, comprende un’introduzione e sette movimenti, mentre la seconda, Il Sacrificio, un’introduzione e sei movimenti, si presenta come una monumentale suite. Il carattere percussivo e, al tempo stesso, vitalistico e violento di questo lavoro è esemplificato nell’incipit del secondo tempo della prima parte, Auguri primaverili. Danze di adolescenti, nel quale Stravinskij si avvalse di una scrittura politonale costituita dalla sovrapposizione di due accordi posti a distanza di semitono e ripetuti in modo ossessivo. La ripetizione di elementi tematici, l’uso percussivo di una compagine orchestrale dall’organico monumentale, la scrittura politonale, perfettamente attuati secondo le intenzioni del compositore, contribuiscono a suscitare nell’animo degli ascoltatori immagini di rara potenza emotiva e impulsi primordiali,  barbarici, connessi a riti antichi e ancestrali. Su questo tumulto di suoni e di emozioni si stagliano rari e delicati momenti lirici, di cui un esempio è la melodia, nell’Introduzione della prima parte, affidata al fagotto in un registro insolitamente acuto la cui struttura anametrica, con un ritmo in continua costruzione, esprime perfettamente una materia primordiale e informe che man mano si materializza. Di grande suggestione è l’ultimo tempo, la Danza sacrale dell’Eletta, dove tutta l’orchestra esplode con selvaggia potenza attraverso ritmi ossessivi e coinvolgenti.